Al voto al voto… ma, all’Italia e agli italiani chi ci pensa?

Si è aperta in questi giorni una discussione importante dopo il voto referendario che rischia di essere segnata da strumentalismi, posizionamenti e polemiche, invece che, come servirebbe, da una riflessione ampia e profonda, su ciò che sta ulteriormente mutando nel contesto politico internazionale e dei riflessi che ciò comporta rispetto alle varie situazioni politiche e necessita economico sociali che si confrontano in Europa e alle situazioni che riguardano direttamente il nostro Paese. Si discute se andare o meno subito a votare, ovvero entro l’Estate? Mi chiedo …assieme a molti altri se questo ennesimo ricorso al voto sia la vera priorità degli italiani? Rispetto al contesto politico, economico e sociale che vive il nostro Paese all’interno della UE, ma anche più in generale all’interno di questa nuova fase della globalizzazione…
Dal voto referendario e da quello delle precedenti scorse elezioni amministrative emergono due nodi politici fondamentali che i partiti e/o movimenti pseudo tali, non possono continuare ad ignorare senza discutere e approfondire… se vogliono con l’ennesimo voto chiesto agli italiani ottenerne un significativo e reale consenso… da parte degli elettori stessi.  Il primo tema …riguarda proprio i mutamenti politici indotti dalla globalizzazione… figli delle grandi trasformazioni prodotte dalla crisi finanziaria ed economica, dai fenomeni migratori determinati dalla implosione di tanti Stati medio orientali ed africani e quindi dalle varie e troppe guerre già in corso, e dal generale aumento delle diseguaglianze anche qui in Europa. È evidente che il confronto ideologico e politico tra destra e sinistra, nonostante restino le differenze e ricette contrapposte, non spiega i mutamenti o per meglio dire gli “sconvolgimenti politici” di questi ultimi anni… ma non è nemmeno vero che, come da più di qualche lustro si dice, che la fine delle ideologie… avrebbe “sanificato” il mondo e offerto grandi opportunità di sviluppo e crescita economica e sociale a livello globale, allargando così gli spazi dei diritti umani assieme a quelli democratici di milioni di individui che ancora non ne beneficiano. Anzi assistiamo  al diffondersi  proprio del contrario di tutto ciò. E ora, sembra anche che non sia più sufficiente… neppure  la definizione di “populismo”, per spiegare il successo di Trump o la forza conquistata dalla Le Pen e da Grillo o la stessa Brexit. In realtà siamo di fronte a movimenti che seppur non hanno tutti una stessa matrice di destra ne hanno lo stesso carattere: partono dalla critica all’establishment per poi mettere radicalmente in discussione le stesse istituzioni a tutti i livelli. Fondano il proprio messaggio sulla paura e sull’incertezza del futuro. E alla fine il loro messaggio risulta di conservazione e resistenza all’innovazione e all’espansione dei diritti sociali e civili che accompagna il diffondersi del benessere economico a livello mondiale… Hanno sempre più ragione coloro che dicono che il vero scontro oggi, di fronte alle tante diseguaglianze e alle inquietudini dei popoli del globo, è quello tra chi le cavalca e le alimenta e chi invece, cerca una strada per dare risposte concrete e positive alle persone. Il secondo tema riguarda proprio le condizioni sociali: le diseguaglianze in Italia sono aumentate e c’è un pezzo di questo Paese che già stava e continua a star male, nonostante una lentissima ripresa, sicuramente insufficiente e  le iniziative messe in campo dal Governo Renzi su occupazione e redistribuzione.

Troppe persone non si sono sentite incluse nella rappresentazione molto soggettiva e alquanto irreale  che veniva data del Paese da parte del Premier, che grazie alle riforme fatte (80 euro e job act) e a quelle che erano contenute nella riforma costituzionale (con la fine del bicameralismo perfetto con la riforma del Senato, l’abolizione delle Province e del CNEL) sottoposta a Referendum, dava troppa enfasi ad alcuni leggeri segnali di essere ripartito e che con la riforma delle istituzioni avrebbe ulteriormente permesso di raggiungere positivi risultati in termini di occupazione e di benessere economico e civile  … In realtà, in questi anni di Governo Renzi, seppur volessimo condividere il rivendicato giudizio positivo di aver ottenuto risultati importanti e prodotto comunque delle positività per il Paese, come ha per l’appunto fatto Renzi non rinunciando a raccontare anzi …rivendicando  con forza le cose fatte…  Non possiamo, tuttavia tacere che …non erano quelle …le riforme che potevano produrre un impatto positivo immediato e significativo nella vita quotidiana di tante persone e in particolare di quelle che già soffrivano maggiori difficoltà. Così la narrazione in positivo (…troppo in positivo) messa in atto dal Governo ha finito per produrre un corto circuito con il vissuto di chi (oggi, la maggioranza delle persone) non vedeva migliorate le proprie condizioni di vita nonostante le riforme… anzi la sordità dimostrata nell’ascolto delle ragioni di questa moltitudine eterogenea di connazionali, arrogantemente e genericamente indicata come resistente ad ogni cambiamento (un popolo di …Gufi e pessimisti), alla fine, ha generato un forte sentimento di “rabbia” verso Renzi e il suo Governo, che si è poi sicuramente scaricato nelle urne al referendum costituzionale. E’ su ciò che la politica nostrana (tutta quanta) deve riflettere, per poter accelerare una volta avuto un ampio consenso elettorale (chiunque fosse il partito o le coalizioni di partiti ad aver vinto) su tutti gli interventi possibili e necessari per intervenire su povertà e diseguaglianze e fare di questi la priorità di governo con delle politiche attive, e naturalmente soprattutto in campagna elettorale fare percepire che tale è l’obiettivo che si vuole raggiungere… anziché accelerare solo in direzione di un nuovo voto alzando i toni di una propaganda che continua il conflitto tra una parte del Paese e l’altra, prescindendo da qualsiasi reale programma e dai modi della sua realizzazione, nonché dalla ripartizione di responsabilità e degli stessi costi della crisi tra le varie componenti sociali del Paese.

Infatti dare al risultato del referendum costituzionale (ai 19milioni di italiani che hanno votato No) la responsabilità di fatto, di aver voluto chiudere così questa legislatura… in quanto gli eletti in Parlamento hanno votato per sei volte la riforma costituzionale (tre volte alla Camera dei Deputati e tre al Senato) che poi è stata bocciata, per far prendere così atto… che questo Parlamento non è più rappresentativo e quindi non si possa fare altro che votare al più presto, mi pare di per sé una lettura semplificativa e riduttiva nonché sicuramente …’risentita’ del significato più complessivo espresso dagli elettori col voto stesso. Ancora una volta la nostra classe politica dimostra di essere interessata solo ed esclusivamente al tentativo di coagulare chiamando all’ennesimo voto anticipato una …maggioranza “relativa” qualsiasi, che gli permetta di continuare ad essere una classe politica autoreferenziale… sorda e …indifferente alle necessità e ai bisogni di chi dovrebbe rappresentare. Continuando un modi vivendi, che fa prevalere i calcoli di bottega, con la speranza di poter stare e /o ‘rientrare’ in campo a qualsiasi costo e qualsiasi siano stati i risultati prodotti. Così facendo si rischia di ulteriormente rafforzare solo il distacco dei cittadini dalla politica. Penso (come sostengono alcuni autorevoli personaggi della vita politica del Paese) sia invece necessario votare a scadenza naturale (2018) tenendo conto che occorre nel frattempo mettere mano alle leggi elettorali prodotte dalle sentenze della Corte Costituzionale per armonizzarle tra Camera e Senato per garantire che il voto dia una reale maggioranza nei due rami del parlamento permettendo una maggiore governabilità e che questo dipenda dalla volontà politica dei partiti e non tanto dalla lunghezza dei tempi della legislatura. Se c’è volontà politica, in Parlamento si può fare una nuova legge in poco tempo ma per farla bene non è questione di ore o di pochi giorni, ma forse di qualche mese… Ma soprattutto occorre utilizzare questo anno residuo della legislatura per mettere in sicurezza il Paese, la ripresa dell’economia appare ancora debolissima, le emergenze dovute alle varie calamità naturali continuano a lasciare aperti problemi materiali di vita quotidiana a decine di migliaia di connazionali nelle Regioni colpite dai terremoti e dal clima… viste le difficoltà a rendere disponibili le necessarie risorse, anche in relazione al confronto su la loro quantità nell’ambito dei vincoli di bilancio con una Europa altrettanto in crisi economicamente e istituzionalmente nonchè sotto attacco da parte degli USA e dall’Inghilterrra… Altri mesi di campagna elettorale a seguito della avvenuta interminabile campagna referendaria, possono solo far marcire i nostri problemi e danneggiare ulteriormente i “poveri cristi” a reddito fisso o quelli senza reddito, ma anche i professionisti e gli imprenditori… non soffriranno certo gli speculatori finanziari che sull’incertezza hanno sempre guadagnato e continueranno a guadagnare… E’ veramente sconfortante guardare alla nostro “parterre” politico e doversi fare sempre la stessa domanda: all’Italia e agli italiani chi ci pensa?!

“E’ sempre tempo di Coaching!”

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