Alla ricorrente domanda: ”Come si esce da questa crisi economica?” C’è chi risponde: “Semplice: con una guerra”

Girando in rete… si trovano praticamente le risposte ad ogni quesito…

Molti Blogger usano più la fantasia che non le proprie personali conoscenze… che spesso nulla hanno a che fare con consolidate e reali ‘competenze’. Ma, alcuni sorprendono, per la ricchezza delle loro analisi e la dovizia dei dati sui quali reggono le loro tesi, nell’offrire le risposte alle variegate domande degli eterogenei “navigatori” dell’immenso oceano Internet.

Ho trovato un lavoro a firma “ABATE FARIA” (chiaro pseudonimo) su di un Blog “Il Contagio” (dal conflitto generazionale e di altri futuri possibili). Blog diventato per qualche tempo inattivo e poi  sembra aver chiuso nel marzo dello scorso anno data dell’ultimo post (?!)  “Abbate Faria” partendo da una analisi sulla correlazione guerra-terrorismo-crisi economica e supportandola con una gran quantità di grafici e diagrammi di dati economici e spese militari, alla domanda: “come si esce da una crisi economica?” risponde per l’appunto “Semplicemente con una guerra”.  Una tesi che per la verità non mi ha sorpreso e nemmeno sconvolto… in quanto ormai da qualche tempo è la medesima risposta che mi viene in mente quando sento porre l’ormai annoso quesito. Senza alcun diagramma ne serie statistiche, anche io già prima d’oggi, ho provato a esternare questa tesi, basandomi semplicemente sull’osservazione empirica di ciò che accade qui da noi e in giro per il mondo. L’ho fatto (solo verbalmente) e con poche persone. Praticamente gli amici più stretti con cui ho condiviso negli anni: belle emozioni, grandi speranze per il futuro nostro e dell’umanità, il lavoro e/o i fatti di vita più significativi nostri e delle reciproche famiglie. L’ho fatto quindi sotovoce temendo un loro giudizio negativo… a questa ipotesi e un contraddittorio verbale basato sul senso comune: “sei un pessimista …vedi tutto nero …ma cosa dici mai …sei anche tu (io) un “Gufo!”  La tesi più che sorpresi… li ha soprattutto “spaventati”… ed è stata alla fine confutata  …solo in nome della ‘speranza’ di un possibile “…miglioramento dei tempi e del destino e di una sempre possibile ripresa economica e dello sviluppo, ecc. ecc.. Ma, soprattutto della ‘speranza’ nel genere umano e nel suo ‘buon senso/senno’ fidando nell’atavico istinto di umana autoconservazione… e nel suo mai venir meno”. Sarà che ‘senno’ e ‘buon senso’ umano, per quel che riguarda economia e politica ma altro ancora… sembrano ormai scarseggiare e direi irrimediabilmente già da almeno un paio di decenni se non di più. Quindi da un paio d’anni all’occasione, io sottolineo personalmente che: senza una vera ripresa economica, prima o poi verrà utilizzata l’ultima carta rimasta: non le svalutazioni competitive… non il QE e… non i tassi a zero di Draghi… ma la GUERRA.  D’altronde per dirla sempre con “l’Abbate Faria” …tutte le politiche messe in atto in questi anni post-crisi non hanno portato a grandi risultati: L’Europa è in crisi sempre più profonda di idee comuni e solidarietà tra gli stati che la compongono. Lo era già anche prima della Brexit… ormai conclamata. La situazione dell’Italia di Matteo Renzi (oggi di Gentiloni, si spera fino alla fine legislatura) con il crescere dello scontro con Grillo e il M5S è cosa nota a molti di noi. La Francia di Hollande, che va tra pochi giorni al voto e  teme grandemente il successo della Le Pen. Le elezioni d’autunno in Germania con il confronto tra Frau Merkel e Herr Schulz non creano più di tanto tensioni che da sempre i tedeschi ai rischi di ingovernabilità rispondono con la „Große Koalition“. Comunque tutte queste prove elettorali sono caratterizzate dall’essere: “contro il diffondersi esponenziale di un populismo ribelle” …spesso solo fine a se stesso. Insomma, per tornare al tema centrale, molto modestamente a me sembra che non ci sia stata alcuna vera ripresa dello sviluppo economico. L’Europa comunque arranca faticosamente attorno a un PIL medio di pochi e insufficienti punti percentuali (1,5-2,00%) mentre la così detta “ripresa italiana” è soggetta ad altalenanti “decimali di punto” del nostro PIL e ad un costante incremento di un debito pubblico che sembra ormai inarrestabile. La Cina ha smesso di veder correre il suo PIL a due cifre da qualche tempo. E i così detti Paesi “emergenti” stanno di nuovo “sommergendosi.” Il Giappone è continuamente in crisi profonda, nonostante la stampante sia sempre in funzione. E gli Usa hanno questo nuovo Presidente Donald Trump che dopo aver sbaragliato Hillary Clinton e archiviato Barack Obama, in questi primi mesi del suo mandato giorno per giorno a suon di decreti sta cercando di attuare il suo programma elettorale per una  nuova “America first”.  Nel far ciò ha alzato i toni della propaganda ma ha avuto assai …scarsi risultati sulle questioni interne come lo smantellamento  della riforma  della sanità voluta da Obama, nonché sulle questioni dell’immigrazione da e per i Paesi islamici e del muro con il Mexico. E ora, a poco più di una settantina di giorni dal suo insediamento alla Presidenza Usa – con una grande e palese contraddizione – rispetto al profilo che si era dato durante la campagna elettorale:   “… sarò il Presidente degli Stati uniti d’America e non del Mondo”. Sollecita ulteriori nuovi e difficili interrogativi su dove porterà l’America e su quali saranno gli esiti delle sue scelte politiche sulla stabilizzazione economico sociale dell’America. Ma più che mai, da qualche giorno il quesito vale complessivamente per l’intero Globo. Visto che nell’ultima settimana con i bombardamento di 59 missili Tomahaxk sulla Siria del criminale Assad comunque protetto dalla Russia, è stato capace di riaprire un duro confronto/scontro con Putin (che aveva, durante la sua campagna elettorale, in qualche modo più volte lodato) tornando ad un clima alquanto caldo, di rinnovata “guerra fredda”. Ma, come se ciò non bastasse, ha inviato una flottiglia di navi americane con in testa una Portaerei, nelle acque dello stretto di Corea nel Mar del Giappone per intimare a Kim Jong-un, di smetterla con gli esperimenti atomici. Questo Kim è sicuramente un personaggio ancora più misterioso e imprevedibile del siriano Assad. Forse anche clinicamente folle, a giudicare da molti suoi comportamenti. Mentre l’umore di Trump sembra sempre più “altalenante” e “imprevedibile”. Al sottoscritto tutto ciò  dice che è giusto preoccuparsi… anche se la Cina con il suo Presidente Xi Jinping, ha sottolineato che: “la Cina è a favore di una soluzione al problema dei rapporti tra Nord Corea e resto del mondo… solo in modo pacifico”. Tuttavia …il rischio di un conflitto si fa sempre più possibile. E all’ultima ora, ieri pomeriggio, Trump ha ordinato il lancio della bomba più potente, seppur non atomica, oggi esistente su di una rete di gallerie sotterrane dell’Isis in ‘Afghanistan. Da una settimana l’America di Trump (contradicendosi) è tornata più che mai al ruolo di “Sentinella del Mondo”.

Forse messa così, si capisce meglio perché già da qualche tempo mi pare che la “ripresa” dell’economia italiana vantata da Renzi (e oggi, meno da Gentiloni) è qualcosa che sta solo nella loro testa e di quella di una quota di italioti sempre più in calo; oltre che naturalmente in quella dei vari “commis” e “leccaculo” nostrani di “partigiani interessati” comunque ai risultati dei vari “sgoverni” che si sono susseguiti in questi anni. E forse è capibile anche,  perché penso che se ci sarà una ulteriore accentuazione dei fattori di crisi che rimetta in discussione la geopolitica mondiale attraverso un (pur parziale) conflitto armato …dell’Italia o dell’Europa per meglio dire, non resterà culturalmente e politicamente …più nulla.
Dunque il Mondo non se la passa bene, anzi… le misure di politica economica-monetaria non hanno dato in questo ultimo decennio i risultati attesi, anzi… Si ipotizzano altre misure al limite della umana ragionevolezza… in poche e più chiare parole i vari “Establishment” …non sanno più che fare. Sembrerebbe che non sia rimasta altra carta che stampare e stampare moneta… Ma per quanto può ancora andare avanti? E poi alla fine funzionerà? Io, per quel che può valere… da tempo ne dubito fortemente. E dunque? Cosa rimarrebbe come estrema possibilità per invertire un trend che alla fine appare negativo? A me è venuta e viene in mente drammaticamente solo una cosa: La guerra. Dite che sono un “folle pessimista?!” date un’occhiata o ai dati riassunti qui accanto – mi pare che la preoccupazione riguardi un’opinione alquanto diffusa, proprio legata soprattutto all’imprevedibilità delle scelte di Trump.  Inoltre,  mi  sembra che la correlazione guerra-crisi economica è un fatto ormai storicamente assodato…  Prendiamo gli Usa, principale forza economica e militare da un secolo ormai: nella loro storia vi è una precisa correlazione tra interventi militari e ripresa dell’economia….
Un esempio? La Seconda Guerra Mondiale – Fu soltanto grazie all’ingresso nella Seconda Guerra Mondiale e alla messa in opera della macchina bellica relativa, e non grazie agli investimenti di Roosevelt in opere pubbliche, che gli USA riuscirono a risollevarsi dalla Grande Crisi degli anni Trenta. Non lo dico io, ma per esempio il premio Nobel per l’economia Peter North… ma non solo lui. Solo dal 1939 in poi vi è una ripresa economica negli Usa: il pil cresce e la disoccupazione diminuisce.

Un altro esempio? La guerra in Corea… Nel 1949 gli USA sono in recessione. E…guarda caso…scoppia la guerra di Corea. Il risultato? Una forte spinta al riarmo dei Paesi della NATO con le spese militari Usa nel 1952-1953 che arrivano a circa il 15% del PIL…. E all’enorme incremento delle spese per gli armamenti corrisponde una nuova fase di espansione economica: definita, per l’appunto, il “boom coreano”.

Anche la guerra del Vietnam, e le relative spese militari (oltre il 10% del PIL), ridanno slancio all’economia americana. La quale, infatti, a partire dal 1964, conoscerà una delle più lunghe fasi espansive della sua storia (sfuggendo alle recessioni che in quegli anni attanagliano l’Europa).

Allo stesso modo si potrebbe parlare della spesa bellica per fronteggiare l’invasione sovietica dell’Afghanistan (1979) o per il lancio dello “scudo stellare” di Regan (le spese per la difesa aumentano dal 1981 al 1985 del 7% all’anno, mentre la quota delle spese militari all’interno del bilancio federale cresce dal 23% al 27%).

Ebbene, Trump ha promesso subito dopo il suo insediamento alla White Hause un “aumento storico” di ben: 54 miliardi di dollari per le spese militari. Sia chiaro: che la spese militari e la guerra facciano bene all’economia è cosa che non riguarda soltanto gli Stati Uniti. La Russia con L’Afghanistan, come già accennato, ne è un esempio; ma anche le altre aree geopolitiche pensano che le spese per gli armamenti possano essere giocate per combattere la crisi economica. Basta uno sguardo alla seguente cartina dei conflitti militari nel mondo – dal 2011 si sono aggiunti 18 ulteriori conflitti militari, e il 2011 con ben 338 conflitti, è stato l’anno più guerreggiato come  mai prima.

Le spese militari, dunque, possono essere una forma di spesa pubblica per il rilancio dell’economia, una delle forme attraverso cui lo Stato finanzia l’economia (se è il caso anche indebitandosi). E su questo pare che neppure i liberisti abbiano qualcosa da dire.

Leggete qui: «Che cosa può ridurre drasticamente il deficit delle partite correnti americane, e per questa via eliminare i rischi più significativi per l’economia degli Stati Uniti e per il dollaro? La risposta è: un atto di guerra». Questo è il testo di un report di Morgan Stanley, caricato sul sito dell’azienda alle 7.30 di martedì 11 settembre 2001: un’ora dopo, i dipendenti della banca d’affari conobbero quell’atto direttamente nei loro uffici situati nelle Twin Towers… Insomma, al di là di ogni pur tragica previsione, la guerra – o meglio, la paradossale necessità di una guerra – come dinamo economica resta un’opzione sempre possibile. Sono almeno settant’anni che la storia si ripete ciclicamente! “Si vis pacem (economica), para bellum”. La guerra spesso diventa una necessità economica. E in questi anni molti “guru” hanno lanciato allarmi in questa direzione… Non ci resta che la ‘speranza’ (l’ultima a morire) che questi nuovi “venti di guerra” servano da deterrente alla stessa… e l’annuncio del rischio che ciò possa realmente accadere, basti a far sì che i riassetti geopolitici in corso avvengano, alla fine, trattandone ‘diplomaticamente’ le ragioni e le condizioni…

E’ sempre tempo di Coaching!”

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