Bauman: “le emozioni passano e i sentimenti vanno coltivati”

Scrivere d’emozioni … non si può farlo solo scientificamente come nel post di ieri (…le emozioni si dividono in primarie e secondarie). Ne meno che meno in modo banale. Per scriverne in modo adeguato. Bisogna cercare anche di sentirle in se e coglierle negl’altri… si, insomma, occorre anche cercare in se e negl’altri il senso delle emozioni che si vivono. Sentire o meglio avere un sentimento…   un “sentimento delle emozioni” …si perché le emozioni ci aiutano a crescere personalmente e nella vita e nelle relazioni umane e quindi vanno colte e interiorizzate per costruirci sopra la nostra esistenza e i nostri principali legami di vita… per dirla con Bauman: “le emozioni passano e i sentimenti vanno coltivati.”

“Non conosciamo più la gioia delle cose durevoli, frutto di lavoro.” Così, un grande sociologo ci spiega parlando della principale emozione umana …l’emozione delle …emozioni, sì, quella dell’amore, di come i legami al giorno d’oggi, siano stati sostituiti dalle “connessioni”. E aggiunge: “Ogni relazione rimane unica: non si può imparare a voler bene”. Oggi, Connettersi e disconnettersi è solo un gioco. Mentre Amarsi e rimanere insieme tutta la vita è da sempre un gran impegno e un gran lavoro. Un tempo, qualche generazione fa, non solo era possibile, ma era la norma. Oggi, invece, è diventato una rarità, una scelta invidiabile o folle, a seconda dei punti di vista. Zygmunt Bauman sull’argomento è tornato più volte (lo fa anche nel suo ultimo libro “Cose che abbiamo in comune”, pubblicato da Laterza).

I suoi lavori sono sempre ricchi di considerazioni sul modo di vivere le relazioni: oggi siamo esposti a mille tentazioni e rimanere fedeli certo non è più scontato, ma diventa una maniera per sottrarre almeno i sentimenti al dissipamento rapido del consumo.  Un altro suo libro “Amore liquido”, uscito nel 2003, partiva proprio da qui, dalla nostra lacerazione tra la voglia di provare nuove emozioni e il bisogno di un amore autentico. Cos’è che ci spinge a cercare sempre nuove storie?  “Il bisogno di amare ed essere amati”, in una continua ricerca di appagamento, senza essere mai sicuri di essere stati soddisfatti abbastanza. L’amore liquido è proprio questo: un amore diviso tra il “desiderio di emozioni e la paura del legame”. Dunque siamo condannati a vivere relazioni brevi o all’infedeltà?! “Nessuno è “condannato”. Di fronte a diverse possibilità sta a noi scegliere cosa fare. Alcune scelte sono più facili e altre più rischiose. Quelle apparentemente meno impegnative sono più semplici rispetto a quelle che richiedono sforzo e sacrificio.

Eppure lui Zygmunt Bauman, ha vissuto un amore duraturo, quello con sua moglie Janina, scomparsa qualche anno fa.  “L’amore non è un oggetto preconfezionato e pronto per l’uso. È affidato alle nostre cure, ha bisogno di un impegno costante, di essere ri-generato, ri-creato e resuscitato ogni giorno. E poi aggiunge “l’amore ripaga quest’attenzione meravigliosamente. Per quanto mi riguarda e spero sia stato così anche per Janina… posso dire: come il vino, il sapore del nostro amore è migliorato negli anni”. Oggi viviamo più relazioni nell’arco di una vita. Siamo più liberi o solo più impauriti? Libertà e sicurezza sono valori entrambi necessari, ma sono in conflitto tra loro. Il prezzo da pagare per una maggiore sicurezza è una minore libertà e il prezzo di una maggiore libertà è una minore sicurezza. La maggior parte delle persone cerca di trovare un equilibrio, quasi sempre invano.

In una intervista (RAFFAELLA DE SANTIS*gli ha chiesto: “Lei però è invecchiato insieme a sua moglie: come avete affrontato la noia della quotidianità? Infatti, invecchiare insieme è diventato ormai fuori moda!”  La sua risposta, come sempre molto articolata:  “È la prospettiva dell’invecchiare ad essere ormai fuori moda, perché viene identificata con una diminuzione delle possibilità di scelta e con l’assenza di novità. Quella “novità” che in una società di consumatori è stata elevata al più alto grado della gerarchia dei valori e considerata la chiave della felicità. Tendiamo a non tollerare la routine, perché fin dall’infanzia siamo stati abituati a rincorrere oggetti “usa e getta”, da rimpiazzare velocemente. Non conosciamo più la gioia delle cose durevoli, frutto dello sforzo di un lavoro scrupoloso. Abbiamo finito per trasformare anche i sentimenti in merci da consumare. La domanda quindi diventa …come possiamo ridare alla relazione con l’altro la sua unicità? Il mercato ha fiutato nel nostro bisogno disperato di amore l’opportunità di enormi profitti. E ci alletta con la promessa di poter avere tutto senza fatica: soddisfazione senza lavoro, guadagno senza sacrificio, risultati senza sforzo, conoscenza senza un processo di apprendimento. L’amore, invece, richiede tempo ed energia. Ma oggi ascoltare chi amiamo, dedicare il nostro tempo ad aiutare l’altro nei momenti difficili, andare incontro ai suoi bisogni e desideri più che ai nostri, è diventato superfluo. E più semplice comprare regali in un negozio ed è sufficiente a ricompensare la nostra mancanza di compassione di amicizia e attenzione. Ma, ci scordiamo che possiamo comprare tutto, non l’amore. Non troveremo mai l’amore in un negozio. L’amore è una sorta di fabbrica che lavora senza sosta, ventiquattro ore al giorno e sette giorni alla settimana.” (… … …) “Forse accumuliamo relazioni per evitare i rischi dell’amore, come se la “quantità” ci rendesse immuni dalla esclusività dolorosa insita nei rapporti umani. È così! Quando ciò che ci circonda diventa incerto, l’illusione di avere tante “seconde scelte”, che ci ricompensino dalla sofferenza e della precarietà, è invitante. Muoversi da un luogo all’altro (più promettente perché non ancora sperimentato) sembra più facile e allettante che impegnarsi in un lungo sforzo di riparazione delle imperfezioni della dimora attuale, per trasformarla in una vera e propria casa e non solo in un posto in cui vivere. L’amore esclusivo non è mai esente da dolori e problemi – ma la gioia va cercata nello sforzo comune per superarli”. C’è chi di questi tempi si domanda perché in un mondo pieno di tentazioni, dobbiamo resistere? Infatti: “È richiesta una volontà molto forte per resistere.” Così  Emmanuel Lévinas ci parla della “tentazione della tentazione”. “È lo stato dell’ “essere tentati” ciò che in realtà desideriamo, non l’oggetto che la tentazione promette di consegnarci. Desideriamo quello stato, perché è un’apertura nella routine. Nel momento in cui siamo tentati ci sembra di essere liberi: stiamo già guardando oltre la routine, ma non abbiamo ancora ceduto alla tentazione, non abbiamo ancora raggiunto il punto di non ritorno. Un attimo più tardi, se cediamo, la libertà svanisce e viene sostituita da una nuova routine. La tentazione è un’imboscata nella quale tendiamo a cadere gioiosamente e volontariamente”.  Bauman però scrive: “Nessuno può sperimentare due volte lo stesso amore e la stessa morte “.

Quindi ci si innamora una sola volta nella vita?  (… … …) “Non esiste una regola. Il punto è che ogni singolo amore, come ogni morte, è unico. Per questa ragione, nessuno può “imparare ad amare”, come nessuno può “imparare a morire”. Benché molti di noi sognino di farlo e non manca chi provi a insegnarlo a pagamento. Nel ’68 si diceva: “Vogliamo tutto e subito”. Il nostro desiderio di appagamento immediato è anche figlio di quella stagione?  “…Il 1968 potrebbe essere stato un punto d’inizio, ma la nostra dedizione alla gratificazione istantanea e senza legami è il prodotto del mercato, che ha saputo capitalizzare la nostra attitudine a vivere il presente. I “legami umani” in un mondo che consuma tutto sono un intralcio? E oggi, i legami umani spesso …sono stati sostituiti dalle “connessioni”. Mentre i legami richiedono impegno, “connettere” e  “disconnettere” è invece un gioco da bambini. Su Facebook si possono avere centinaia di amici muovendo un dito. Farsi degli amici offline è più complicato. Ciò che si guadagna in quantità si perde in qualità. Ciò che si guadagna in facilità (scambiata per libertà) si perde in sicurezza”. L’intervistatrice gli chiede ancora: Lei e Janina avete mai attraversato una crisi?  “Come potrebbe essere diversamente? Ma fin dall’inizio abbiamo deciso che lo stare insieme, anche se difficile, è incomparabilmente meglio della sua alternativa. Una volta presa questa decisione, si guarda anche alla più terribile crisi coniugale come a una sfida da affrontare. L’esatto contrario della dichiarazione meno rischiosa: “Viviamo insieme e vediamo come va…”. In questo caso, anche un’incomprensione prende la dimensione di una catastrofe seguita dalla tentazione di porre termine alla storia, abbandonare l’oggetto difettoso, cercare soddisfazione da un’altra parte”.  Chiede ancora: Il vostro è stato un amore a prima vista?  “Sì, le feci una proposta di matrimonio e, nove giorni dopo il nostro primo incontro, lei accettò. Ma c’è voluto molto di più per far durare il nostro amore, e farlo crescere, per 62 anni”.

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*(giornalista-scrittrice)
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