Come sta cambiando il mondo del lavoro: e quali sono le conseguenze per l’uomo…

L’impressione è che oggi le domande siano diventate globali… globalizzate… globalizzanti, in altre parole non c’è più alcun interrogativo che riguardi l’esistenza umana e i suoi aspetti, che non abbia la dimensione della globalizzazione… Pensate che stia dicendo un’ovvietà? Una banalità? Ne siete veramente convinti? A me non pare che dire che nel Mondo stia accadendo qualcosa comunque definibile come “straordinario” sia una una banale ovvietà? E proprio perché molte persone non se ne sono ancora accorte! Già, moltissimi di noi, non si rendono ancora conto che sono già avvenuti e sono in atto cambiamenti  straordinari e epocali. … Prendiamo, il mondo del lavoro, a livello mondiale, sta vivendo un momento di grande cambiamento a causa di tecnologie sempre più avanzate e sofisticate. Da una parte, questo comporta enormi vantaggi sotto l’aspetto della produttività, dall’altra rappresenta una vera e propria “minaccia” per milioni di lavoratori. Algoritmi, robot, automazione e intelligenza artificiale, infatti, si apprestano a sostituire gli esseri umani in moltissimi settori, dando l’inizio a quella che gli esperti chiamano “la quarta rivoluzione industriale”. Come per le precedenti tre, anche questa rivoluzione vede l’uomo da una parte e le macchine dall’altra, ma con implicazioni che prima non si erano mai viste. Certo si parla molto e sempre di più di questi argomenti, ma lo si fa ancora in modo alquanto scoordinato e “frastagliato” legandolo a questo o quel fatto particolare che interessa questa o quella singola situazione… Per l’appunto non lo si fa in modo globale… Invece, la Quarta Rivoluzione industriale è già cominciata o per meglio dire il processo è già in corso da qualche tempo ed esistono nel Mondo casi ormai emblematici a riguardo… Ad esempio quello di Foxconn, azienda cinese che produce componenti elettroniche per le principali aziende del settore (Apple, Samsung, Amazon, Nintendo, Sony, Microsoft). Dei suoi numerosi stabilimenti sparsi in Cina, 3 di questi sono già totalmente automatizzati. Ci lavorano solo poche decine di esseri umani, il cui compito è controllare che le macchine e i robot facciano bene il loro lavoro. L’Italia, è già il secondo mercato europeo per quanto riguarda la robotica, già oggi ci sono ben 155 robot industriali ogni 10.000 lavoratori. Numero che sale a 900 nel settore automobilistico, uno dei più colpiti dalle conseguenze della quarta rivoluzione industriale. La domanda che emerge sempre più impellentemente  riguarda l’uomo e il suo lavoro in futuro e cosa si può fare perché a non soccombere in questa situazione sia l’occupazione umana che è sempre più in crisi? In realtà, la situazione può essere anche letta in maniera meno catastrofica di come sembra… Infatti, si prevede che in prospettiva solamente nel 12% dei casi, le imprese licenzieranno effettivamente il personale sostituendolo con macchine e robot. Nel restante 88% dei casi, invece si investirà sulla formazione delle risorse umane e sulla loro riqualificazione (non a caso, anche Bill Gates ha recentemente proposto di tassare i robot industriali per disincentivare i licenziamenti). Comunque a prescindere dalle migliori  intenzioni dei datori di lavoro, sono i lavoratori stessi che dovranno trovare la possibilità di proteggersi per non soccombere. Ciò sarà possibile solo se sapranno cambiare profondamente la concezione stessa di lavoro passando da quella attuale prettamente fisica a una concezione più incentrata sulla creatività e l’inventiva. Questa rivoluzione di competenze comporterà anche l’aumento dello “human cloud”, ovvero di una forza lavoro composta da risorse ‘indipendenti’, on-demand e altamente specializzate, richieste per consulenze o prestazioni di breve periodo, che sopperiscano alle mancanze di robot e macchine… E’ proprio così! Algoritmi, robotica, automazione e Intelligenza Artificiale (IA) stanno prendendo piede e si apprestano a rivoluzionare radicalmente il mondo del lavoro a livello globale… Le macchine intelligenti saranno in grado di svolgere la maggior parte dei lavori che oggi svolgono gli esseri umani, con il rischio di generare una ‘crisi globale’ senza precedenti. E’ già così! Viviamo già in un’epoca in cui robot e computer non solo riescono a compiere una serie di lavori meglio e più economicamente degli umani, ma sono in grado anche di portare a termine attività che richiedono competenze cognitive, come ad esempio guidare. Si sente parlare sempre più spesso di automobili che si guidano da sole e sembra che il loro arrivo sul mercato non sia poi così lontano… Sono così molti gli studi e le ricerche che dipingono una prospettiva del lavoro disastrosa: con milioni di posti di lavoro persi e la sostanziale incapacità dell’uomo di reagire alla rivoluzione digitale. La sensazione, insomma, è quella che l’umanità stia facendo il passo più lungo della gamba. In uno scenario così, una possibilità di riscatto per non farsi surclassare dalle macchine esiste esiste veramente? Bisogna pensare al lavoro proprio con un altro punto di vista. È quella che gli esperti chiamano “The Skill Revolution”: le competenze del lavoratore del futuro dovranno essere: il pensiero critico, il problem solving, la capacità di adattarsi a diverse situazioni. Si proprio quello delle capacità cognitive individuali, del pensiero critico e dell’apprendimento dinamico, per fornire un valore aggiunto in un mondo dominato da macchine intelligenti e robot. Conseguentemente molti gli interrogativi che sollecitano risposte. Quali sono i lavori più a rischio? Quali saranno i lavori del futuro automatizzato che ci aspetta? Quali le skill necessarie per non soccombere? Insomma: che mondo del lavoro ci aspetterà fra qualche anno? Qual è per l’appunto la situazione attuale in una prospettiva mondiale e italiana? Come detto, allo stato attuale, l’automazione è già in corso. Non ancora nelle forme e nei numeri previsti per i prossimi anni, ma in alcuni settori le macchine hanno già iniziato a sostituire gli esseri umani. Negli Stati Uniti, ad esempio, ci sono già 260.000 robot al lavoro nelle fabbriche, principalmente quelle del settore automobilistico ed elettronico. Pensare quindi  che servano ulteriori nuove tecnologie all’avanguardia prima che il processo di automazione del lavoro prenda piede su larga scala è un errore, perché già oggi sarebbe possibile e già globalmente. Le previsioni per i prossimi 5-10 anni sono queste: 7 milioni i posti di lavoro a rischio a causa dell’automazione e dell’IA;  solo 2 milioni  i posti di lavoro che invece si creeranno grazie al progresso tecnologico, alla robotica e alle nanotecnologie. La situazione europea è analoga ed esponenziale: i posti di lavoro associati ad attività potenzialmente automatizzabili nella UE sono complessivamente 54 milioni, per un totale di 1,7 trilioni di dollari in salari. Nello specifico, l’Italia è il secondo mercato in Europa e il terzo al mondo per la robotica: solo nel nostro Bel Paese, i lavori che prevedono attività automatizzabili sono ben il 54% di quelli esistenti. In questo senso, è stato previsto un aumento di investimenti industriali tra il 2017 e il 2020 pari a 10 miliardi di euro. Il numero di robot presenti per 10.000 abitanti è già uno dei più elevati in Europa e nel settore automobilistico, come già prima accennato. La crescita annuale prevista della robotica da qui al 2020 è dell’8% annuo. Come si stanno comportando oggi i datori di lavoro in relazione alla IA?  E quali intenzioni hanno per il futuro? Se fino ad ora si è parlato solo del punto di vista dei lavoratori e dei posti di lavoro che si potrebbero andare a perdere… E’ interessante, forse anche di più, sapere che cosa ne pensano i datori di lavoro delle potenzialità dell’Intelligenza Artificiale (IA) applicata al nostro mercato del lavoro. Dopotutto, sono proprio gli imprenditori, che dovranno decidere quali investimenti fare, quali ruoli eventualmente sostituire e come sopperire al licenziamento di personale… Più della metà degli imprenditori interpellati pensa che la crescita della propria azienda sia strettamente legata all’Intelligenza Artificiale e di conseguenza è molto probabile che ci saranno ulteriori importanti investimenti in questo senso. Il dato è avvalorato anche dal fatto che, a prescindere dalla crescita futura dell’azienda, sono ben il 76% coloro che in Italia già ritengono che l’IA sia una risorsa fondamentale per una rinnovata strategia organizzativa aziendale di successo. Allo stesso tempo, però, nessuno è pronto a compiere licenziamenti di massa a cuor leggero, primo perché in molti casi le risorse umane continueranno a fare la differenza, secondo perché, con l’avvento delle macchine, saranno richieste anche nuove competenze, e spesso è più conveniente investire sulla formazione del personale interno piuttosto che acquisire nuove risorse. Ecco perché la maggior parte delle aziende anziché licenziare il personale punterà a una riqualificazione dello stesso, mentre sono una netta minoranza quelle che procederanno effettivamente con i licenziamenti. La soluzione per rimanere competitivi è quindi dentro di noi. Nulla è perduto, quindi! Effettivamente, la possibilità di non soccombere esiste e risponde a una regola molto semplice: rimettersi in discussione. Gli esperti la chiamano “The Skill Revolution”, la rivoluzione delle skill, ovvero la capacità da parte dei lavoratori di rendersi indispensabili in un mondo del lavoro dominato dalle macchine. In poche parole, trovare un modo per aggiungere valore aggiunto all’azienda anziché venire rimpiazzati. Dovremo iniziare a ‘scardinarci’ concettualmente  dalla concezione fisica del lavoro (come è stato fino ad oggi), per concentrarci su una concezione basata sull’ intelligenza emotiva, sul pensiero critico e l’apprendimento dinamico, tutte caratteristiche indispensabili per il lavoro e il lavoratore del futuro. Se da una parte, quindi, vedremo aumentare la richiesta di competenze più tecniche e specifiche, molte delle quali legate alla programmazione, alla robotica e all’ingegneria, dall’altra sarà necessario uno sforzo per abbandonare la manualità in favore della creatività e dell’estro. Cambieranno, quindi, anche le abilità e le competenze richieste per essere competitivi sul mercato.  Ecco quindi nella  prospettiva pratica dei fatti,  quali saranno i mestieri che spariranno e quali invece rimarranno?   Ma soprattutto quali saranno  i lavori del futuro. E alla fine quali saranno le conseguenze dell’impatto della automazione e della Intelligenza Artificiale  nel mercato del lavoro? Certo le conseguenze dipenderanno soprattutto dal modo in cui noi tutti saremo in grado di affrontare queste nuove sfide, sia come lavoratori che come datori di lavoro. Sicuramente però i cambiamenti a cui andremo incontro saranno radicali e avranno portata epocale. Se ci domandiamo poi quali saranno i lavori della generazione “Z”?

Dobbiamo sapere che, molti dei lavori che svolgerà la generazione “Z” (i nati nell’ultimo decennio)  ancora non esistono! Comunque è già certo che per adattarsi al cambiamento, il lavoro dovrà riorganizzarsi e rimettersi in totale discussione. Per tutti questi motivi vanno già creandosi nel mercato del lavoro due principali fenomeni.   Una Forza del lavoro più ‘liquida’. I lavoratori dovranno essere in grado di adattarsi all’ambiente e al contesto che cambieranno sempre più velocemente, puntando sulla creatività, sulle competenze specifiche e, in generale, cercando di rendersi indispensabili. E un più diffuso “Human Cloud”. Quale evoluzione degli attuali lavoratori free lance e a Partita Iva, ovvero risorse indipendenti, on-demand e altamente specializzate, che saranno sempre più richieste per prestazioni mirate e di breve periodo, ma assolutamente necessarie. Quale futuro ci aspetta, quindi? Un mondo oscuro dominato dalle macchine come in Matrix oppure una pacifica convivenza con miglioramento della qualità della vita proprio grazie ai robot? C’è chi sostiene che il traguardo dell’umanità sarà quello di arrivare addirittura a non lavorare più, o a lavorare solo una o due ore al giorno, per poi potersi dedicare ad attività ricreative. Ma sarebbero in grado Stati e governi di ripensare a una società in questi termini? Oppure la conseguenza non sarà altro che un ulteriore allargamento della forbice sociale, con i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri? Fino a dove ci spingeremo con la robotica e la tecnologia? Nelle città del futuro, connesse e automatizzate, riusciremo a garantire comunque la privacy ai cittadini o ci stiamo già dirigendo verso un mondo senza riservatezza? Non possediamo ancora tutte le risposte a queste domande, ma dobbiamo continuare ad aver fiducia nell’uomo ovvero in noi stessi e nella nostra capacità di trovare sempre una possibile soluzione, anche nelle situazioni più difficili. Per il futuro, però occorre prendere coscienza dei cambiamenti avvenuti e che ancora verranno e tenersi pronti… Voi, vi state preparando?!

“E’ sempre tempo di Coaching!”

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