Coronavirus: Governo e Regioni oggi riaprono tutto, ma non si sa su quali dati abbiano basato questa decisione…

Il governo ha varato il decreto che di fatto supera il lockdown per l’emergenza Covid. Cessato sembrerebbe definitivamente il lungo conflitto istituzionale che ha caratterizzato questi mesi dl confronto-scontro tra Stato e Regioni su Covid-19.  Firmato ieri dal Premier  Conte il decreto necessario accompagnato da una dichiarazione che parla di “rischio calcolato”. E quindi da oggi lunedì 18 maggio, in quasi tutte le regioni riapriranno negozi, bar e ristoranti ma anche i tanto agognati parrucchieri e ci si potrà spostare senza limitazioni all’interno della singola Regione… sapendo già che dal 3 giugno sarà possibile la mobilità totale tra regione e regione e probabilmente anche da e per l’estero comunitario, nonché forse per qualche tratta internazionale. Questa scelta di riaprire doveva essere fatta sulla base del nuovo sistema di controllo dell’epidemia inaugurato con l’inizio della fase 2 nelle scorse due settimane. Ma l’Istituto Superiore di Sanità  ha annullato la conferenza stampa per presentare i risultati del sistema di monitoraggio in questione. E ad oggi nella realtà non sappiamo cosa dicono davvero i dati epidemiologici dell’Italia… La conferenza stampa in programma per venerdì scorso era forse la più attesa, tra quelle organizzate periodicamente dall’Iss dall’inizio dell’emergenza Covid. L’Istituto doveva, infatti, presentare i risultati del monitoraggio sull’andamento dell’epidemia dei primi giorni della fase due. “La settimana prossima avremo i dati per capire quale è stato l’impatto delle riaperture fatte con cautela nei primi 10-12 giorni”, aveva detto il presidente dell’Istituto Brusaferro l’otto maggio scorso. Invece come già detto la conferenza stampa è saltata e la presentazione degli esiti dello studio è slittata a mercoledì prossimo (20 maggio). Un rinvio non di poco conto perché nel frattempo, in questo ultimo weekend, il governo ha varato il decreto che allenta ulteriormente il lockdown e da oggi lunedì 18 maggio, la grande parte delle regioni si prepara ad alleggerire ulteriormente le regole sugli spostamenti e gli incontri, riaprire negozi e parrucchieri, permettere la frequentazione di bar e ristoranti. In teoria dovrebbero essere proprio i risultati del monitoraggio sulla fase due da parte della cabina di regia composta da Iss, ministero della Salute e regioni a guidare le scelte su cosa, quando e quanto riaprire nei diversi territori. Sempre sulla base di quei dati, si dovrebbe decidere se, al contrario, in specifiche aree è necessario un nuovo inasprimento delle misure. Ma poiché i numeri non sono stati per ora resi pubblici, non possiamo sapere quale situazione descrivono e se le scelte dei decisori pubblici saranno davvero fondate sui parametri che loro stessi avevano fissato. Come funziona il monitoraggio della fase due? “Noi vogliamo tenere la situazione sotto controllo, quindi abbiamo predisposto un meccanismo molto elaborato in cui le regioni dovranno costantemente informarci sulla curva epidemiologica dei loro territori e anche sull’adeguatezza del sistema sanitario regionale”. Così il premier Conte spiegava, il 26 aprile scorso, come il governo intendeva tenere sotto osservazione il procedere dell’epidemia nella nuova fase che si apprestava ad aprire. Era, infatti, quello il giorno del varo del Dpcm che dal successivo 4 maggio avrebbe per la prima volta allentato le regole anti-contagio. “Sulla base di questi parametri – spiegava Conte in conferenza stampa – interverremo quando vedremo delle situazioni critiche circoscritte territorialmente per chiudere il rubinetto. Non ci possiamo permettere un andamento che vada fuori controllo”. Il 30 aprile, un decreto del ministero della Salute ha tradotto in pratica il meccanismo descritto dal premier. Nel testo sono fissati ventuno indicatori utili a misurare la diffusione del virus e i suoi effetti. I criteri vanno dal numero dei casi sintomatici a quello dei ricoveri, dalla percentuale di tamponi positivi alla segnalazione di nuovi focolai d’infezione e così via. Alle regioni è affidato il compito di raccogliere le informazioni giornalmente a livello locale e tradurle in un report settimanale. Il Ministero della Salute, l’Iss, il Comitato Tecnico-Scientifico e le istituzioni regionali devono poi intrecciare i dati tra loro in un complesso algoritmo per stabilire il livello di trasmissione del contagio (l’ormai noto Rt) e quello di rischio nelle diverse aree del territorio nazionale. Tramite questo processo si dovrebbe poter stabilire dove la situazione è sotto controllo e quindi si può procedere con il programma di ripresa delle attività e dove invece bisogna fermarsi o tornare indietro, anche istituendo micro zone rosse a livello comunale o di luoghi specifici. La necessità di questa analisi è ribadita anche nelle bozze del nuovo decreto che regolerà le riaperture da oggi in poi. Anzi, nel testo si legge che la comunicazioni delle informazioni dai territori al livello centrale non dovrà più essere con cadenza settimanale, ma giornaliera. Come detto, la prima valutazione doveva essere fatta questa settimana. Cosa è accaduto? Dal governo assicurano che tutte le regioni hanno inviato i dati, anche se in ritardo, tanto che nelle scorse giornate i ministri Boccia e Speranza avrebbero inviato una lettera di sollecito al presidente della Conferenza delle Regioni Bonaccini. I numeri da alcune zone sono arrivati solo nella serata di giovedì 14 maggio. Ricordiamo che secondo le disposizioni del ministero della Salute, gli enti regionali che non trasmettono le informazioni nei tempi previsti sono automaticamente considerati a rischio elevato perché la loro situazione non è valutabile. Va notato, però, che la ripartenza della maggior parte delle attività da questo lunedì era ormai data per scontata praticamente ovunque da giorni… ben prima dunque che affluissero i dati sul monitoraggio. In certi casi, anzi, le riaperture erano di fatto già partite, vedi il Veneto di Luca Zaia. Senza le comunicazioni da parte dell’Iss, e senza sapere cosa dicono le statistiche e se sono state incrociate tra loro, come previsto dal decreto, e quali sono i livelli di rischio che risultano nei vari territori… Fonti di governo sostengono di non conoscere i motivi per cui la conferenza stampa dell’Iss è stata rinviata, ma assicurano che tutti i numeri saranno pubblicati nella giornata di oggi. Nel frattempo il prof. Galli primario del Sacco a riguardo dice: «In una situazione tecnicamente ideale, prima dell’apertura ci sarebbero dovute essere altre cose. Ma nella situazione reale, dobbiamo fare il tentativo di adeguarci a una convivenza con la malattia. Sarebbe stato estremamente più opportuno individuare prima e meglio i positivi, non in senso poliziesco o inquisitorio, ma per dar loro supporto sanitario, soprattutto a chi è chiuso in casa con l’infezione». Rimane comunque una domanda: qualora l’esito del monitoraggio indicasse in alcune zone del Paese la necessità di rimandare o bloccare la ripartenza, governo e regioni avranno la forza di fermare quello che sembra un treno ormai in corsa? Parlando del programma per l’allentamento del lockdown anticipato dal governo, il 30 aprile scorso il presidente dell’Iss Brusaferro aveva detto: “le misure raccomandate da uno scenario di modello si possono adottare se c’è un sistema di monitoraggio, se no sarebbe come viaggiare senza sapere se c’è benzina se le ruote sono gonfie”. Forse sarebbe corretto che anche i cittadini conoscano quali sono le condizioni dell’automobile su cui stanno viaggiando… ma allora perché non si è fatto come previsto cosa è successo? Semplicemente la salute pubblica è stata di nuovo messa in secondo piano dalle lancette dell’orologio dell’economia…  ma che succederà se riparte il contagio? Probabilmente nulla. Il lavoro o meglio le vite dei lavoratori e dei cittadini valgono meno delle ragioni del profitto delle imprese industriali e commerciali… vedremo vivendo… ma forse per qualche altro migliaio di individui è meglio dire… morendo.

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