Crisi: avanza l’incubo governicchio, così Pd e Cinque Stelle regalano l’Italia a Salvini…

È bastato un weekend per concretizzare il rischio che tutti volevano evitare, quello di vestire il nascente governo col mantello del “governicchio”, dell’accordo tra perdenti, dell’intesa conservativa tra burocrazie politiche. Il litigio sulla quintessenza politica di Giuseppe Conte – è un Cinque Stelle, come dice il Pd? È una figura terza, come dice il M5S dopo averne imposto il nome come precondizione al dialogo? – risulta l’ennesimo dibattito sul sesso degli angeli cui ci costringe la politica italiana. In questo momento se ne poteva fare a meno. La promessa di un governo “dove sarà difficile distinguere una misura o un obiettivo che sta a cuore a l’una o all’altra forza politica”, pronunciata ieri da Conte alla festa del Fatto Quotidiano, sembra rivestire di parole morbide l’idea di un esecutivo del Tiremm’ Innanz, convalidata dal fatto che dopo molti giorni di tavoli e vertici non una sola parola è stata spesa sui contenuti e sul programma. Il video messaggio di Beppe Grillo non è quindi solo una stoccata a Di Maio, ma è l’avvertimento ai due alleati del Conte Bis: se non si fa un governo ambizioso e radicale, solo per tirare a campare, finirà malissimo. E le premesse purtroppo non sono incoraggianti. Quattordici mesi fa erano molto chiare le proposte al centro del patto che si stava stipulando e anche i loro destinatari: svolta securitaria e meno tasse (per il ceto medio, target Lega) e reddito di cittadinanza (per l’area della povertà e il Sud, target M5S). Adesso, mistero. Però sappiamo tutto sulle ambizioni di Luigi Di Maio, sulla crisi in corso tra un Beppe Grillo diventato governista e un Davide Casaleggio che teme di perdere il controllo sul partito, sulla resurrezione di Matteo Renzi e sulle difficoltà interne di Nicola Zingaretti. Anche il sentiment della Rete, che per giorni era sembrato piuttosto favorevole al nuovo governo, si sta modificando e lo slogan della prima ora – “Tutto meglio di Salvini” – si stempera in diffuse perplessità… Dopo molti giorni di tavoli e vertici non una sola vera parola è stata spesa sui contenuti e sul programma. E Grillo, che non è uno scemo, ha capito il rischio dell’effetto-governicchio. Il videoappello rivolto ai “giovani del Pd” per chiedere più euforia rivoluzionaria non è solo un altolà alle astuzie di Di Maio ma soprattutto il maldestro tentativo di rendere sexy un’operazione che sta scivolando nel tatticismo più indigeribile. Ovviamente dall’altra parte hanno recepito solo il primo capitolo, quello che stroncava l’operato del povero Luigi: di qui le repliche in politichese puro di Dario Franceschini (“Rinunciamo ai vicepremier”) e di un tal Giovanni Crisanti, uno dei Millennials di Renzi, anni 18, individuato come il più piccolo tra i membri dell’assemblea Pd e dunque incaricato di rispondere con un “Va bene ma basta sgambetti”. Amen. Ci sono solo poche ore per cambiare segno a quella che finora è apparsa come una trattativa tra burocrazie. Poi sarà fatta. E a riceverne il peggior danno sarà sicuramente il Pd, che non è un instant-party come il Movimento Cinque Stelle, entrato in questa partita per disperazione, ma si è messo in gioco addirittura con l’idea di costruire l’alternativa al sovranismo, ribaltare gli equilibri, dimostrare che c’è un altro modo di governare le emergenze del Paese. Per di più, mentre i grillini possono infischiarsene dei prossimi cimenti nelle Regioni (non ne hanno mai governata una), per i democratici si avvicinano le possibili forche caudine dell’Umbria e dell’Emilia Romagna, dove Matteo Salvini si giocherà senza dubbio la prima tappa della sua rivincita. Nei sondaggi, al momento, il Pd ha ricavato dall’effetto Conte bis una modesta crescita dello 0,7 per cento (contro i 7 punti guadagnati dai grillini): anche i numeri invitano a un salto di qualità prima che sia davvero troppo tardi… Ma insediare un governicchio per la sinistra italiana sarebbe disastroso soprattutto perché confermerebbe l’idea, già molto diffusa, che il suo mondo sia geneticamente incapace di costruire un’alternativa ai populismi, sia quando si muove all’opposizione sia quando approda a Palazzo. In Gran Bretagna stiamo vedendo in queste ore colossali mobilitazioni popolari contro Boris Johnson e la sua idea di Brexit senza accordo. In Germania la Cdu è riuscita a mantenere la maggioranza in Sassonia malgrado l’exploit dell’ultradestra Afd, che tutti davano come possibile primo partito. Da noi questo tipo di energie mancano, non si vedono, se si vedono risultano sbiadite in favore delle più modeste strategie del male minore: il momento di sfatare questa sensazione è adesso, o mai più…

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