Governo: dall’anno bellissimo di Conte al mitra di Salvini… che già sente che sta finendo la sua era…

Le promesse dove sono finite? Ora il governo gialloverde passa alle minacce. La promessa di inizio governo era un boom economico e l’abolizione della povertà, adesso sono il tentativo di dare ordini a militari e prefetti pur di garantirsi l’impunità. I programmi tanto urlati si sono rivelati tutto fumo e niente arrosto. Il risultato finale? Lo Stato è alla bancarotta e il Paese è in recessione… I due Vicepremier, litigano su tutto e il ministro dell’Interno e la stampa che lo appoggia sono già passati al vittimismo, anche di fronte ai distinguo e alle critiche dell’alleato di governo M5S, pensiamoci  …di solito questo è l’ultimo stadio del potere. Al loro gridare per sollevare paure comincia ad intravvedersi un’Italia che si oppone e che vive le guasconate di Salvini e Di Maio col giusto disprezzo. Francamente non so che cosa altro dobbiamo e possiamo aspettarci dalla Lega e dai giornali che la supportano. Ormai hanno tirato fuori tutti i luoghi comuni di tutte le destre possibili, facendoli passare per pensieri politicamente scorretti, non gli resta altro che l’invito alla violenza fisica. Cosa fatta con l’immagine di Salvini con il mitra. Infatti, ormai, non c’è istituzione, non c’è personalità, non c’è area culturale, non c’è diversità di genere che non sia stata svillaneggiata e additata come responsabile delle sventure del Paese dal nostro ministro tutto “pizza, birra e nutella”. Se mettiamo in fila quelli che andrebbero odiati, i cui elenchi sono puntigliosamente scritti dal Giornale, da Libero e da La Verità, verrebbe fuori una pulizia etnica come poche. Eppure malgrado queste vagonate di odio, accade ancora che quando le piazze si trovano a celebrare qualcosa di bello e di giusto, le persone accorrano e fra queste tanti ragazzi e ragazze. Fateci caso, sta crescendo una gioventù di sentimenti democratici che non ha studiato in alcuna scuola politica, che non è stata comunista, socialista, democristiana, o altro ancora. Semplicemente non accetta questo clima di violenza, non le va giù («che no») questa persecuzione dei più deboli e diseredati, e vive le guasconate del ministro ingordo col giusto disprezzo. Se ne è accorta la stessa stampa di destra di cui parlavo prima, se è vero che negli ultimi giorni è passata dal descr<ivere Matteo Salvini come l’uomo che può tutto, al Salvini vittima del complotto di nemici che aumentano giorno per giorno. Da Salvini eroe che scaccia i “negri” al Salvini che deve combattere sempre più fortemente contro i nemici all’interno della stessa compagine governativa. E come si sa, il vittimismo  di solito è l’ultimo stadio del potere. Quando si imbocca questa strada si è praticamente alla frutta. Il caso di Salvini verrà studiato, dopo quello di Matteo Renzi, nelle scuole di politologia. In queste settimane il leader più voltagabbana dell’Occidente sembra conservare e accrescere i voti nei sondaggi. Eppure tutto il suo mondo sente che questo successo ha basi fragilissime perché si regge sul continuo stato di tensione della pubblica opinione. Basterebbe un “vaffanculo” detto bene a tutto questo linguaggio reazionario, basterebbe fare “bau-bau” a queste minacce di violenza e a Salvini andrebbe la pizza di traverso. Prendere l’esempio da quel che sta succedendo dopo le prime intemerate di Luigi Di Maio. Il capo politico (sti “azz!”) dei grillini che ha provato ad alzare la testa avendo capito che se non si butta un po’ a sinistra perde tutto il bottino elettorale guadagnato da quella parte il 4.3.2018. Di Maio non è un genio né un lottatore, è un ragazzo disperato che difende il suo posto di lavoro e per questo tira calci a chi gli vuole sottrarre il giocattolo. Salvini che fa? Balbetta, si infuria, finge di non vedere, rassicura che non sta succedendo niente. Temo che stia consumando scatole di Imodium. Con Conte che porta avanti l’assedio di Di Maio su Siri per pressare per l’appunto Salvini.  Tutto questo per dire che la politica è forza. È forza dal lato delle idee. Se perfino Di Maio ha capito che la politica ha bisogno di valori non contrattabili, la sinistra deve capire sempre più che il revisionismo renziano e la replica calendiana sono una merce ormai consumata. La politica è forza perché deve mostrare i muscoli. Chi aggredisce deve sapere, e deve saper vedere e saper far vedere, che si può far male. Come diceva quello? «Qui non stiamo a pettinare le bambole». Ciascuno deve fare la sua parte. La propria parte la sta facendo l’apparato militare con i suoi dignitosi NO. Non si vede la stessa schiena dritta nei responsabili degli apparati di forza che si sono fatti svillaneggiare con le felpe, con la convivenza fra il ministro e aree estremiste di destra, con la contiguità con personaggi discutibili. La schiena dritta è il lascito più forte della Resistenza. Poi fu di tutti i colori, ma il 25 aprile fu la festa di chi non gliela voleva dare più per vinta. Oggi è ancora così… di bufale e fake news distribuite ad arte, come nella Francia pre rivoluzionaria, per illudere il popolo, cementare il consenso e galleggiare, fino a quando è possibile, cioè fino a quando i regimi crollano, le rivoluzioni scoppiano e la ghigliottina funziona a pieno ritmo. La storia non si ripete, ma i ricorsi storici non sono bufale, così come non lo sono le disinvolte astuzie dei governanti con l’acqua alla gola. Che cosa fa un governo quando le casse sono vuote, la crescita sta a zero, il debito pubblico si gonfia e le riforme vengono rinviate per paura?” Non c’è dubbio il governo gialloverde ormai ha come prima mossa quella del guadagnare tempo, drogando il popolo di promesse e illusioni, sostenute da un’opinione pubblica compiacente e dal disgusto nei confronti dei governi precedenti… Si azzerano propositi di risanamento e si stabiliscono per decreto abolizione della povertà, punizione delle élite, confisca dei privilegi, oboli per tutti. Gli istituti di credito tremano, gli organismi di controllo internazionali tolgono fiducia, qualche ministro si ribella, ma è impotente e considerato disfattista. La seconda mossa consiste nella ricerca di capri espiatori interni e avversari esterni, additati al popolo per arginare segnali di disillusione, quando le classi sociali meno sprovvedute sospettano che l’oro non esista e l’opinione pubblica comincia l’opera di smascheramento. In questa fase entrano in gioco i fantasmi. Si parla di manovre occulte di presunti poteri forti, di sporchi interessi di potenze straniere, di complotti orditi da circoli economici, intellettuali, finanziari, talvolta ebraici e massonici. Il lessico dei governanti alza il tiro, la cifra permanente è “NOI” e “ALTRI”, dove NOI sta per la patria minacciata da traditori, disfattisti, critici prevenuti, sobillati da stranieri. Si insultano giornalisti scomodi, si mettono le mani su organi d’informazione, si esaltano complici e voltagabbana, si sdoganano atteggiamenti xenofobi che andrebbero invece puniti. Ma alla fine i conti non tornano lo stesso. Tasse e balzelli non si possono aumentare, pena ulteriore perdita di consenso. Resta la terza mossa, la più spregiudicata e pericolosa. Quella di cambiare le regole, si tenta di delegittimare istituzioni e organi di controllo, si contrastano leggi esistenti, si offende la Costituzione, si pretende di stravolgere equilibri di potere all’interno dello Stato, si stracciano patti e accordi internazionali. Certo che la storia non si ripete. Sì, sono lontani anche i fantasmi della Marcia su Roma. Ma certe mosse dei governanti in difficoltà sembrano ripetersi. Non perché sia uguale il contesto storico, ma perché sono simili i riflessi che le provocano. Per fortuna la landa desolata in cui rischia di finire il Paese è – almeno fino ad oggi – la metafora di un pessimo melodramma politico. Queste, non sono fantasie. Le vicende dell’ultimo anno italiano e le mosse dei due dioscuri dell’alleanza giallo verde, stanno  cercando di accreditare un’immagine di forza, con la sciabola o con il mitra poco importa, che altro non è che fumo attorno a un arrosto (ovvero risultati) che non c’è. In mezzo ci stanno gli attacchi all’Europa, le offese al presidente della Repubblica, la balzana idea di utilizzare l’oro della Banca d’Italia, la conquista della Rai, il quotidiano atteggiamento di insofferenza verso la critica e l’ignoranza delle regole. Per fortuna, la democrazia non è (forse ancora) in pericolo.  Ma occorre ormai avere la massima attenzione per la sua qualità e la sorte della nostra democrazia…

E’ sempre tempo di Coacing! 

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