Il Jobs act non cammina!

Occupazione in crescita? Si, ma come dimostrano le tabelle Istat riguarda ancora una volta gli over 50 ed è un effetto della legge Fornero sull’età pensionabile. Mentre i giovani continuano a essere disoccupati… Parto dalla provocazione fatta da Dario Di Vico sul Corriere della Sera: “E se alla fine il Jobs act si stesse rivelando troppo «di sinistra»?” Infatti, i dati Istat sull’occupazione ogni volta che escono, ci fanno tornare alimentandolo, al dibattito del passato su presente e futuro dell’occupazione nel nostro Paese. Spesso queste discussioni servono solo perché questo è l’obiettivo che hanno, ovvero, quello di fare i titoli del telegiornali. E’ del tutto inutile, oramai è noto proprio a tutti che: “la classe operaia non va in paradiso…” Sarebbe meglio per tutti, lasciar perdere le finte preoccupazioni che alimentano solo titoli e finte polemiche, per ragionare con maggior equilibrio e cercare di capire la relazione che si è andata stabilendo tra nuove norme e le tendenze del mercato del lavoro. Il Jobs act aveva l’esplicito obiettivo di stabilizzare l’occupazione precaria grazie a generosi incentivi che dovevano spingere le aziende a superare dubbi e incertezze ed ad ampliare la pianta organica. Si sperava poi che fatto il primo passo il mercato allungasse l’onda anche senza bisogno di finanziamenti pubblici ad hoc. Così non è stato, nemmeno nelle proporzioni minime sperate. Il grosso dell’occupazione in crescita — come dimostrano le tabelle Istat — riguarda gli over 50 ed è un effetto della legge Fornero sull’età pensionabile.  

Con questo non si intende disprezzare i risultati (ma, ce ne sono?!) raggiunti nelle fasce più giovani, la domanda intende chiedere se la manovra del governo è riuscita a convincere stabilmente il mercato? E la risposta (purtroppo) è no! Un’analisi, al netto dei pregiudizi politici, porta a dire che gli incrementi di occupazione maggiori riguardano in prevalenza contratti a termine, il part time e la cosiddetta somministrazione operata dalle agenzie private del lavoro. Complice di ciò evidentemente non è solo lo stop agli incentivi ma anche la ripresa lentissima della nostra economia, finora le imprese che hanno avuto bisogno di allargare gli organici alla fine si sono servite di svariati strumenti di flessibilità. E non del Jobs act, almeno come scelta prevalente. Nessuno chiede …la fine del mondo, però è opportuno prenderne atto serenamente e come risposta privilegiare le politiche attive del lavoro. Il Jobs act,  purtroppo non cammina… e non ha nemmeno la gamba sinistra.

E’ sempre tempo di Coaching!”

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