Lega: quello che Claudio Borghi non ci dice… (e forse non sa)

Ma Claudio Borghi, come si dice a Roma, ci è o ci fa? Se ci è, e crede dunque a quello che dice, nella fattispecie rispetto ai vantaggi per l’Italia a tornare a una moneta nazionale, bisogna dedurne subito che non conosce la storia monetaria dell’ultimo secolo e di sempre. Eppure ha un curriculum di tutto rispetto, ha lavorato sin da ragazzo nel campo dei mercati finanziari, iniziando la sua carriera a 19 anni presso uno studio di agenti di cambio di Milano per poi passare in Deutsche Bank, poi a Merrill Lynch e tornando quindi in Deutsche Bank dove raggiunge il massimo grado di dirigenza venendo nominato Managing Director nel 2006. Come studente lavoratore si è laureato a trent’anni in Scienze Economiche e Bancarie con 110 e lode, frequentando di sera l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e vincendo il Premio Agostino Gemelli come migliore laureato del suo corso di laurea. Nel 2009 si ritira dal lavoro nei mercati finanziari dedicandosi all’insegnamento, come docente a contratto di Economia degli intermediari finanziari, Economia delle aziende di credito ed Economia dell’Arte presso l’Università Cattolica. Ha insegnato in corsi master presso la LUISS di Roma e lo IED di Venezia. Ma allora ci fa? Probabilmente si! Se ci fa, e racconta queste bugie per portare avanti la causa del neonazionalismo italiano giallo-verde, allora è un’altra storia, e Claudio Borghi Aquilini (è conosciuto anche così) rientra nella categoria degli “inqualificabili”. Uno può anche pensare che la fine dell’Unione monetaria e della Unione  europea con il ritorno all’Europa delle tante monete e delle piccole patrie e delle mani libere ai rispettivi Clan di governo rappresentino la via migliore per il futuro. Ma non può fare del “terrorismo” e dire che l’euro è spazzatura e poi aggiungere subito, dopo, che però «la cosa non è nel contratto di governo» e quindi non se ne parla e si tratterebbe quindi a questo punto solo di un’opinione personale. Borghi non è un cittadino qualsiasi. È deputato di prima nomina,  nonché presidente della Commissione Bilancio della Camera, cioè uno dei maggiori responsabili della politica economica italiana, e non può sparare fesserie a getto continuo solo perché servono a tenere desto lo spirito combattivo delle truppe in quella che ormai è, lo ha detto Paolo Savona, «una guerra» fra l’Italia e «la vecchia Europa». Negli ultimi 45 anni, documentavano Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff nel loro libro  “This Time Is Different – Eight Centuries of Financial Folly” (2009), sono già una quarantina i Paesi, tutti rigorosamente muniti di una loro sovranità monetaria,che hanno fatto default. La storia dell’Italia non sarebbe diversa, salvo gettare sul debito il peso del risparmio nazionale, cioè confiscarne un’ampia quota. Il punto che Borghi si ostina a non vedere, e con lui tutti i suoi compagni più fidati di cordata, è che non è la moneta nazionale a garantire un Paese, nella fattispecie a risolvere il problema dell’enorme debito, ma la credibilità di questa moneta e delle politiche di bilancio che ci stanno dietro. Ora, la stessa Svizzera, che ha storicamente il più impeccabile dei curriculum monetari, se dovesse per cause oggi impensabili monetizzare il suo debito, cioè affidarne la copertura alla politica monetaria, avrebbe un margine di tempo limitato, forse meno di un anno, prima di subire pesanti contraccolpi. Per l’Italia tutto sarebbe molto più rapido. Soprattutto se poi dovessimo e-mettere con l’ultima , “invenzione” di Borghi qualche milione di minibot… facendo ancora più debito o addirittura mettendo in circolo una illegale moneta? I contraccolpi sarebbero crollo sui cambi, inflazione, scarsità di liquidità bancaria, limiti stretti ai trasferimenti all’estero, limiti ancora più stretti al ritiro giornaliero dai bancomat e agli sportelli. L’Italia è una grande economia industriale, ma ha anche debolezze finanziarie evidenti. Salvo un grande risparmio privato. Su questo risparmio dovesse vincere la banda degli sciamannati e purtroppo sembra proprio che stia vincendo, metteranno le mani. E poi, banca centrale autonoma da chi? Da Francoforte, ma non dall’Esecutivo, non dal Tesoro italiano ai cui ordini va subito messa. Borghi lo ha spiegato varie volte. Occorre infatti essere sicuri che la nuova Bankitalia acquisti sempre e senza fiatare tutto il debito pubblico necessario. Questa ricetta ha un nome chiarissimo, con tutto il rispetto per gli amici di quell’emisfero: si chiama volere anche qui da noi una economia Sudamericana… poveri noi!

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