Lega: “Spallata emiliana?” Niente affatto! Il sovranismo si può battere, ma occorre un riformismo forte…

Che si era detto? Salvini è arrivato al capolinea… La Lega perde nettamente contro il Pd di Bonaccini. Il leader del Carroccio ha vinto praticamente solo nei sondaggi e nelle tivù. Oscurando del tutto la sua candidata Bergonzoni. E oggi che se ne dica è finito in un vicolo cieco. Se si estremizza ancor di più, deve uscire dall’ambiguità e indossare senza se e senza ma …stivali e orbace… ma a quel punto prenderebbe botte da tutte le parti. Se farà invece, un’altro tentativo di svolta moderata non troverà nessuno che gli crederà. L’analisi del voto alla fine risulta facilissima. “La ricreazione è finita”. I cinque stelle spariscono quasi dappertutto tornando a essere piccola cosa dopo aver sfiorato grandi numeri nel recente passato. Il grande sogno di Matteo Salvini di abbattere l’Emilia-Romagna rossa e di prendere così il controllo del Paese e del centro-destra si è infranto contro il riformismo emiliano romagnolo… e il buon governo della giunta Regionale condotta da Bonaccini, e quindi oggi è stato costretto a un atroce risveglio.  Salvini perde nettamente quasi 8 punti percentuali. Non c’è dubbio è stato bravo Stefano Bonaccini, molto bravo! Salvini aveva promesso la vittoria ai suoi o almeno, un testa a testa con il Pd. Mentre il Pd è tornato ad essere il primo partito. Nella coalizione di centro-destra si squaglia Forza Italia e fa pochi passi Giorgia Meloni. In Calabria, invece, vince alla grande Forza Italia che, con la propria lista e con le altre due liste collegate, arriva a sfiorare il 25%. Salvini perde il primato come partito, anche qui nel confronto con un Pd che paga comunque il prezzo delle sue divisioni. E’ probabile che i prossimi voti regionali daranno ulteriori dispiaceri a Salvini perché in Puglia, ad esempio, ci sono buone possibilità che rivinca Michele Emiliano e in ogni caso la lista che sarà premiata nel centro-destra sarà quella della Meloni che esprime il candidato governatore, il democristianissimo Raffele Fitto. Insomma questo voto dice due cose semplici e ne aggiunge un’altra. La prima è che i pentastellati si sono spenti. Forse in un voto politico potranno recuperare alcuni elettori, ma ormai sono una forza non decisiva della politica, probabilmente destinata a estinguersi scissione dopo scissione. Si dice che Salvini con la sua strategia estremistica ha fatto il pieno con il suo partito ma non ha attirato voto moderato che in Emilia-Romagna è andato al governatore uscente e in Calabria alla deputata di Forza Italia. La ruspa si è quindi dovuta fermare. Nicola Zingaretti, che ha recentemente promesso lo scioglimento del partito…  deve sicuramente almeno provare a riformarlo e rifondare così un ampio centrosinistra. Certo è che il Pd, dato per morente, è invece vivo e che la società italiana esprime nuovi anticorpi di fronte alla sfida guerresca di Salvini e della destra, i ragazzi e le ragazze delle sardine sono un fenomeno ulteriormente riproducibile. Orbene che effetti avrà questo voto? Il governo resta in piedi, il voto anticipato si allontana, nel M5s continuerà la resa dei conti. Renzi cercherà di far vedere che ancora esiste,  ma anche lui ha il buio davanti a sé. Le sardine forse diventeranno un movimento politico stabile di sinistra. E Salvini? Salvini si avvia, come si è detto più volte e anche scritto, verso la parte finale della sua stagione politica. Non comanda da solo nella sua coalizione, ovvero non è più il capo indiscusso. Nel Sud resiste Silvio Berlusconi, avanza Giorgia Meloni. Il governo che aveva promesso di abbattere vivrà una vita travagliata ma vivrà una vita ancora lunga. Il voto delle politiche sarà, più o meno, alla scadenza naturale e in questo parlamento non ci sono i numeri per eleggere un presidente della repubblica salviniano. La scia di insuccessi di Salvini è analoga a quella di Luigi Di Maio. È facile prevedere che nel suo partito qualcuno comincerà a chiedere conto del perché nell’arco di sei mesi Salvini sia riuscito a distruggere tutto ciò che aveva accumulato. Il re è nudo, che in questo caso vuol dire che Salvini non è un leader. Mentre Di Maio può dire di aver ballato una notte sola, questo privilegio a Salvini non è mai capitato. Ha vinto solo nei sondaggi e nelle tivù Rai e berlusconiane. Per consolarsi si faccia una birra e …saluti rimettendo la palla al centro campo. E ormai un’altra partita quella che si giocherà nei prossimi mesi. In questo contesto il Pd è come rinato. Chi ha ascoltato i commenti in televisione durante lo spoglio ha sentito come questo partito sia stato oggetto di critiche e di lazzi da parte di tanti che sognavano oggi di dichiarare sconfitto il modello emiliano. Si devono rassegnare. Dove c’è un popolo vero e un sistema di governo efficiente, non passa la linea “sfascista”. La leadership zingarettiana alla fine ha dato serenità al partito. Le scissioni di Renzi e Carlo Calenda sono state praticamente irrilevanti (a proposito: un bel ciaone a tuti e due). Tuttavia al Pd serve cominciare a volare alto. Nei programmi concreti, come nel rendere stabile e più vigoroso il taglio dell’Irpef. Nelle battaglie ideali perché il voto ci dice che la destra è forte ma non conquista tutto il popolo, anzi c’è una gran parte del popolo che di fronte alla sua avanzata trova la fantasia di organizzarsi e di scendere in campo, come è accaduto con le sardine. Torna a essere vero che una sinistra riformista con un forte respiro ideale può contrastare e battere la destra. Sarebbe un peccato se le sardine rinunciassero a svolgere un proprio ruolo nazionale nel campo del centro-sinistra con le proposte e i valori che tanto entusiasmo hanno suscitato. La loro presenza dimostra che le tante analisi di questi anni si sono rivelate fasulle: non era vero che non esistono destra e sinistra, non è vero che il popolo è di destra, non è vero che sovranismo e populismo sono le ideologie egemoni. Torna a essere vero che una sinistra riformista con un forte respiro ideale può contrastare e battere la destra. Questa destra poco per volta capirà di essere forte ma di aver bisogno di avere uno/una leader seria e non un facinoroso. Salvini ne combatterà ancora tante battaglie,, ma in sei mesi ha rivelato di essere un pessimo capitano. Prima o poi i leghisti gli citofoneranno. I risultati confermano non solo la nullificazione dei Cinque Stelle, ma soprattutto che l’elettorato moderato (a cui potremmo ascrivere anche le sardine) ha un peso determinante. E un riformismo forte e identificabile nelle condizioni di vita della gente (buona amministrazione e servizi di qualità) è l’unica arma efficace contro i populismi… Centocinquantamila e più voti di differenza. Stefano Bonaccini si tiene l’Emilia Romagna non per un soffio, come era stato pronosticato, ma con un vantaggio piuttosto consistente, (quasi l’8%) come confermano i risultati. Ad aiutarlo è il crollo del Movimento Cinque Stelle, che nasconde probabilmente una scelta di desistenza e un forte voto disgiunto e dall’altra parte le percentuali da estinzione di Forza Italia, l’anello fragile della coalizione di Centrodestra col suo 2,6 per cento, poco più di 50mila voti. Visto l’esito delle urne, sembra quasi incredibile che per mesi la politica italiana si sia arrovellata intorno alla possibile “spallata emiliana“, dandola quasi per certa e paralizzando ogni attività nell’attesa di quel responso. Eppure è successo, a dimostrazione della fragilità politica e psicologica dell’area progressista che da molto tempo si sente rassegnata al declino e alla sconfitta, convinta com’è che il sovranismo di Matteo Salvini sia imbattibile nel Paese e possa essere contrastato solo con azioni di palazzo. L’Emilia dimostra che il salvinismo non è invincibile e offre due riflessioni al campo della sinistra. La prima riguarda il governo ordinato delle cose, specialità del modello che ruota intorno a Bologna: è una base di consenso solida, difficile da disgregare anche per un avversario travolgente come il Capitano. La seconda è forse più importante e riguarda l’esperienza delle Sardine, che hanno offerto agli elettori motivi “ideali” – la parola è antica ma non ce n’è una migliore – per uscire di casa e andare ai seggi, nel nome di una radicale opposizione alla narrazione sovranista, ai suoi eccessi, alle sue urla e sgangheratezze. C’è un monito molto specifico anche per il Centrodestra. L’estremismo paga bene ma risveglia anche anticorpi molto forti. Nessuno di noi può dirlo con certezza, ma forse una campagna senza citofonate e meno smargiassate (parliamo di Bibbiano) avrebbe lasciato in sonno una parte consistente degli elettori progressisti. Senza quegli esibizionismi cattivisti, le Sardine non sarebbero esistite, la partecipazione si sarebbe fermata assai più in basso e chissà come sarebbe finita? L’elettorato che consideriamo moderato è stato il vero protagonista, anche se poco visibile, di questo risultato. In Emilia ha scelto Bonaccini e le liste collegate, spaventato dagli eccessi del fronte opposto e dalla prospettiva di un cambiamento troppo radicale e simile a un salto nel buio. In Calabria ha preferito il Centrodestra, e infatti al Sud è Forza Italia il secondo partito col 12,6 per cento (il Pd ha preso il 15,8) e le tre liste dichiaratamente centriste collegate a Jole Santelli si annettono il 22 per cento di voti circa. Il voto dell’area “di mezzo” tra i due poli è quello che decide il risultato, al Nord come al Sud, ed è lì che probabilmente si giocherà la partita politica nazionale, soprattutto adesso che il Movimento Cinque Stelle pare destinato a una rapida estinzione e il suo terzaforzismo svapora in percentuali evanescenti. Il raddoppio della partecipazione offre un ultimo elemento di riflessione. Per molto tempo i partiti tradizionali, e specialmente il fronte progressista, hanno segretamente considerato l’astensionismo un loro alleato, che consentiva di restringere la platea elettorale a filiere ben conosciute senza le incognite di un voto di opinione incontrollabile e volatile. Gran parte della disturbante avanzata del vecchio grillismo, quello dei tempi d’oro, fu attribuito proprio all’aumento della partecipazione nonché all’irruzione sulla scena di un voto giovanile di solito disinteressato alla politica. L’Emilia Romagna dimostra che quel paradigma era sbagliato, e comunque è superato. La sola possibilità competitiva del fronte anti-sovranista è tornare a coinvolgere nel dibattito sulla Polis chi se ne è stufato, o non ci è mai entrato, o ha deciso che è inutile spendersi “tanto non cambia niente”. In questa tornata elettorale il ruolo di “acchiappa delusi” e “acchiappa ignavi” lo hanno svolto le Sardine ed è stato cruciale. I partiti dovrebbero cominciare a studiare come esercitarlo in proprio, senza affidarlo alla casualità degli eventi o al colpo di fortuna di quattro amici che organizzano una provocazione di successo…

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