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PD: Minniti, ultimatum a Renzi, o fai sul serio o non mi candido più

Incredibile, siamo giunti alla minaccia dell’ex Ministro degl’ interni, di tirarsi fuori dalle primarie… Diciamoci la verità la cosa è sempre meno seria! Ma come: Renzi spinge la  candidatura di Minniti col suo “partito dei sindaci”, Ricci in testa. E poi? Eppure lo sapeva bene che le origini di Minniti sono le stesse di Zingaretti, vengono dal PCI diventato Quercia poi PDS e poi ancora DS e poi finito con il fondersi con La Margherita nel Partito Democratico.  Già questa passata provenienza, a una buona parte dei renziani (provenienti dalla Margherita) faceva storcere il naso sul fatto che Minniti potesse essere il nuovo Segretario del PD rappresentando anche loro… tant’è che si parlava di un tiket con la senatrice Teresa Bellanova dal puro pitigree renziano. Opzione nemmeno voluta discutere – “non è all’ordine del giorno” – da Minniti. Con l’esigenza d’essere un candidato gradito a Renzi e ai suoi, ma di mostrare una certa autonomia di pensiero e non essere controllato stretto dall’area che lo candidava. Troppo penalizzante rispetto alla competizione nelle primarie con un dibattito ancora caratterizzato più che dalle cose nuove da fare, ancora sulla leadership. Renzi si o no. E ora che succede? «Basta, se è così non mi candido più»: poche parole ma esaustive che Marco Minniti manda come un messaggio non proprio d’amore a Matteo Renzi. L’ex ministro dell’Interno è veramente arrabbiato. Non ne può più delle giravolte renziane: «O sei con me o sei contro di me». Tradotto: o fai il tuo nuovo partito e allora io cedo il passo, o vai avanti con me… «Marco è proprio incavolato», ammettono quelli del giro stretto renziano. E poi si interrogano: «E adesso, che facciamo?». Poi si rispondono da soli in questa giornata convulsa: «Faremo di tutto per arrivare all’obiettivo della candidatura di Minniti». La risposta dei Dem che stanno lavorando per l’ex ministro dell’Interno non è confortante: «Non è che possiamo continuare con una parte di renziani che si impegnano sulla candidatura di Marco, o almeno dicono di impegnarsi, e lui, Renzi, che ci dice “buon lavoro” e poi si impegna a creare comitati civici e fa girare, non smentita, la voce che sta facendo un nuovo partito. E insomma, così un congresso non lo si vince di certo». Si dice che c’è anche stato un colloquio telefonico tra Renzi e Minniti: il secondo ha chiamato il primo per tentare di chiarire la questione. Alla fine di quella chiacchierata a Minniti è rimasto l’amaro in bocca: «Matteo non prende impegni, continua con questa storia dei comitati», ha sbuffato allargando le braccia e alzando le spalle. Sale così la tensione tra i due. E Renzi non si risparmia nemmeno un: “Minniti irritato? Non mi occupo di congresso”. Sorpreso persino Zingaretti che commenta è un “Gioco macabro”. Sta il fatto che In vista della scadenza del 12 dicembre, termine per la presentazione delle candidature alle primarie, crescono i dubbi dell’ex Ministro dell’Interno sulla sua corsa. L’ex leader si smarca per l’ennesima volta. Il governatore del Lazio preoccupato, attacca a testa bassa: “Spero che qualcuno non abbia deciso di distruggere il PD, giocando a un gioco macabro”.  I dubbi espressi in queste ore da Marco Minniti, infastidito per lo scarso sostegno dei renziani e per le voci che danno l’ex segretario sul punto di formare un movimento tutto suo, rischiano di cambiare i connotati di una sfida finora apertissima. L’ex ministro dell’Interno è infatti sempre più tentato di dire addio alle primarie. Visto i non chiarimenti  di Renzi sul progetto dei comitati civici che sono stati inaugurati all’ultima Leopolda, dicendo solo qualche parola vaga rispetto a una sua possibile scissione. A questo punto la possibilità di un reale disimpegno di Minniti, dapprima nei termini «ci starebbe pensando», dopo sembrerebbe sempre più concreta, alle porte, ad horas. Non solo. Minniti ha disdetto tutti gli appuntamenti della giornata (era atteso a Bergamo e a Brescia)… ma non nasconde affatto la sua forte irritazione. Cresce il panico tra i renziani che hanno deciso di appoggiare la sua candidatura come segno di continuità del «riformismo renziano dentro il Pd», come ripete spesso Lorenzo Guerini. Mente tanti altri renziani, invece, hanno maturato l’idea che questo PD sia ormai un guscio vuoto, più un qualcosa da archiviare che far rinascere. Sta il fatto che la candidatura Minniti non è mai decollata e sembrerebbe che non abbia nessuna probabilità di decollare… Qualche giorno settimana fa il sondaggio Izi, pubblicato il 26 novembre, vedeva il governatore del Lazio in testa con il 38 per cento, Minniti distaccato di quattordici punti (24 per cento) e Martina fermo sotto il 18. Insomma, Zingaretti con il  passare delle settimane ha visto scendere di qualche punto il suo consenso nella base Pd, ma resta in prima posizione in tutti i sondaggi. Mentre negli ultimi giorni – stando almeno all’Istituto Noto – Martina (messo a segno il tiket con Richetti) ha visto decollare le sue quotazioni. Ci sono però diverse incognite che pesano sulla battaglia congressuale. Non solo l’ipotesi di una scissione da parte di Matteo Renzi, ma anche il fatto che tutti i candidati restano ben lontani dalla soglia del 50 più uno per cento dei voti. In base allo statuto PD, solo chi ottiene quella percentuale ai gazebo può essere direttamente incoronato segretario. Se nessuno arriva al 50 + 1, si va in assemblea e in quella sede si potrebbe sovvertire il risultato delle primarie con giochi di alleanze tra le correnti. Per il PD sarebbe una enorme e definitiva lacerazione. Infine, sullo sfondo c’è sempre la questione europea, nel senso delle elezioni. Renzi non ha alcuna intenzione di andare rimanere nelle file di un Pse dato ormai in caduta libera: in settimana sarà a Bruxelles con Sandro Gozi, il teorico dell’andare oltre il Pd per vedere di stringere alleanze con le forze di stampo macroniano. Nella sua e-news, Renzi fa due passaggi significativi. Primo: in Andalusia la sinistra è andata malissimo, «sarà mica colpa anche lì del mio carattere?». Secondo: «Quelli che ce l’hanno con Macron sostengono i gilet gialli, io sto invece con Macron e la legalità». E in chiusura, Renzi affida il suo pensiero a una decina di righe per smentire (nonostante l’incontro con Paolo Romani) di voler fare un partito con Berlusconi o con alcuni dei suoi: «Il Cavaliere non mi ha mai votato la fiducia, cosa che ha fatto con Monti e persino una volta con Gentiloni». Smentisce così di fare il partito con Berlusconi… ma non che ne voglia fare uno comunque, distinto e magari ben oltre e distante dal PD. La decisione, Renzi la nega  ma sempre più sono coloro che lo vedono in uscita dal PD, che non controlla più. Nonostante che ancora cerca di tenere il dibattito congressuale inchiodato all’interrogativo: Renzi si o Renzi no.  Minniti la decisione se ritirarsi non l’ha ancora presa  e  spera che forse la sola minaccia di desistere potrebbe servire a dare una scossa ai renziani «fermi sulle gambe». Ennesima illusione. Francamente pensavo, come molti altri, che Minniti fosse un politico scaltro e abile, ma pensando bene a questa sua vicenda, sembrerebbe invece, mantenere una dose d’ingenuità…  ho forse l’ambizione per diventare Segretario… l’ha reso tale e politicamente anche debole… Ma come si può dare ancora un minimo di credibilità a Matteo Renzi. Quanto ancora ci vuole perché tutti capiscano l’innaffidabilità assoluta dell’uomo… che è anche un bugiardo patentato e che legge la politica a suo uso e consumo…  Renzi è il solo candidato che Renzi possa avere per ogni incarico e luogo. E’ un figlio di papà capriccioso… dalla ambizione incontenibile e dal narcisismo malato. ecc. ecc. Come ha fatto Minniti a fidarsi? E ora ammesso e non concesso Renzi gli prometta sostegno e gli prometta di rimanere nel PD, la candidatura Minniti sembrerebbe comunque “compromessa…“

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