PD: non tutti sono d’accordo con un’alleanza strategica con i grillini… ma è ormai certo che il Pd non ha il coraggio di votare No al referendum sulla riduzione dei parlamentari…

Non è solo il ministro della Difesa a derubricare l’intesa con i Cinquestelle a semplice mossa tattica per tenere in piedi il governo. E quindi che dopo il voto 5 Stelle sulla piattaforma Rousseau, non sia giunto affatto il tempo di salire all’altare per celebrare le nozze con Vito Crimi & C.. Che Lorenzo Guerini, da solo, abbia la forza di correggere la linea dell’Alleanza strategica tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle, voluta da Dario Franceschini e Goffredo Bettini è tutto da vedere. Però il fatto nuovo c’è, perché si tratta non solo di un importante Ministro ma soprattutto del leader di quella corrente di maggioranza del pancione zingarettiano che si chiama “Base riformista” di cui fanno parte i renziani che non hanno seguito Renzi nella sua scissione. In un lungo articolo per il Foglio, Guerini ha derubricato l’Alleanza Strategica come un fatto meramente tattico, utile a tenere in piedi il governo, ma ben lontano dall’ipotesi di una crescente convergenza al limite della saldatura come ipotizzato da Franceschini. Va detto con chiarezza che prosegue nel PD un dibattito congressuale che ha portato sì, al nuovo Segretario Zingaretti in sostituzione di Renzi, ma che nel merito della definizione di una precisa linea politica (e organizzativa – con al centro il ritorno tra la gente sui territori, riaprendosi alla società civile e ampliando il dibattito politico tra la base del partito) nella realtà non è si è mai concluso. Molto di ciò è stato scritto e detto, ma molto poco è stato definito e attuato… d’altronde in un Partito fiaccato da ben 3 scissioni… la prima a sinistra le altre due al centro, che hanno reso la sua identità e azione politica alquanto irriconoscibili nonché precarie. In questo quadro, il ministro della Difesa ha rilanciato il protagonismo del Pd (in verità una pagina tutta da scrivere e finora in contrasto con i numeri dei sondaggi) rispolverando quella “vocazione maggioritaria” che era rimasta seppellita dalle peripezie del partito, una vocazione che per Guerini può esprimersi anche con una legge proporzionale: «La Democrazia cristiana – ripete spesso – esprimeva eccome una vocazione maggioritaria seppure nel proporzionale, e oggi anche la Cdu tedesca…». La differenza con la logica del Lego che va per la maggiore al Nazareno per la quale a mattoncino si aggiunge mattoncino, è evidente e così la conseguenza: l’alleanza con i grillini non deve più essere l’ossessione del Pd ma al massimo un’intesa elettorale, un fatto tattico. Rompe il silenzio anche il sindaco di Firenze Dario Nardella: «Annunciare patti politici alla vigilia di qualche elezione, come fatto in Umbria, è parlando di ciò come una tattica alquanto ‘miope’ che non il frutto di un serio progetto politico». Invocando dopo le prossime elezioni regionali un nuovo congresso del Pd. Lo aveva già fatto  Giorgio Gori. Conseguentemente il referendum sul taglio dei parlamentari non è più l’altare su cui celebrare le nozze con il partito di Vito Crimi ma al più un bar all’angolo per prendere un caffè insieme. Non sfugge che in un articolo così lungo Guerini non abbia proprio menzionato l’appuntamento del 20 settembre, come a segnalare una evidente distanza dalla passione con cui alcuni esponenti della sua corrente si stiano sbracciando per il Sì. E non è da escludere che il ministro della Difesa opti per una posizione diversa, come d’altra parte faranno esponenti prestigiosi di quel mondo cattolico-democratico da cui egli stesso proviene. La cosa interessante adesso sarà vedere se queste posizioni avranno un qualche impatto (da registrare la posizione del milanese Alessandro Alfieri, uno dei due portavoce di Base Riformista che ha detto con chiarezza di no a un’alleanza strategica con il M5stelle) su altre componenti, a partire da quella di Franceschini. Il quale, da tempo silenzioso, potrebbe fare quello che fa da una vita, e cioè mediare fra le varie posizioni sul referendum – ieri è arrivata la dichiarazione per il No di Gianni Cuperlo – assestando il Nazareno su una posizione soft: votiamo Sì (lasciando liberi però, chi pensa, che il taglio nei numeri dei Parlamentari sia in questa situazione, di mancanza di un accordo per una nuova legge elettorale, di votare No) ma senza farci sopra una guerra all’interno del Partito. Una linea soft, cioè… ancora una volta alquanto debole. Ma se non si vuole proprio spostarsi sul No, come ha esplicitamente chiesto l’ex Presidente del Pd Matteo Orfini, bisognerà in qualche modo prendere atto che questa riforma giorno dopo giorno sta suscitando sempre maggiori inquietudini nei gruppi dirigenti e fra i parlamentari. Tanti non lo dicono ma questa storia del Sì a una riforma improvvisata non piace per nulla. Nella riunione della direzione che dovrà formalmente esprimersi (finora il Sì non è stato deciso in nessuna sede) certamente Zingaretti smorzerà gli entusiasmi, costretto a dare dignità e agibilità politica a quelli del No tentando di evitare un muro contro muro che certo non gli serve, ora che la sua linea sta perdendo pezzi…

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