PD: poco tempo per costruire l’opposizione e soprattutto per “rifondare” il partito…

A Roma e a Milano, il PD… la Sinistra scende in piazza. Lo slogan per “difendere il paese – dice il segretario Maurizio Martina – dal governo giallo-verde che vuole rovinare il nostro futuro”. A Milano altre migliaia di persone sono in piazza contro razzismo e intolleranza. La manifestazione Romana e quella Milanese, che erano nate nei giorni dello scontro più duro sulle politiche di Salvini in materia di immigrazione, hanno provato a mobilitare anche quella parte degli italiani che temono gli effetti della “manovra del popolo”. Raccogliendo il monito del capo dello Stato sulla tenuta dei conti pubblici. Il Colle ha evocato lo spettro del dissesto: “Sul bilancio e i conti in ordine si segua la Carta costituzionale” ha detto Mattarella. “La gente c’è, la manifestazione è riuscita. Ed è un bene. Perché, malgrado tutto, in Italia abbiamo ancora bisogno sia di un’opposizione che di una piazza per manifestare il dissenso. Malgrado che dal palco a protestare contro la cosiddetta deriva “populista” fossero i suoi dante causa. Malgrado il capitale politico bruciato in un ventennio, la reputazione finita negli abissi, la stima e la fiducia annullate da stili di vita (e di governo) che hanno provocato il più terribile dei paradossi: un partito erede della sinistra classica (socialdemocrazia e cattolicesimo sociale) che vede fiorire, proprio con le sue politiche, milioni di nuovi poveri e che ha perso così…  fin il senso della propria ragione sociale. Ma chi mai, se non la sinistra, potrà dire a Salvini che è vergognoso rispondere al Presidente della Repubblica con un “me ne frego dell’Europa?” Chi, se non la sinistra, potrà rammentare agli italiani che il me ne frego ha un solo padre, Benito Mussolini? Chi, se non la sinistra, potrà ricordare a Di Maio che correre al balcone di palazzo Chigi per esultare per la vittoria conquistata con la manovra di bilancio, ha le stimmate del peronismo argentino, di un populismo da quattro soldi, così come i messaggi vocali di Rocco Casalino sulle “epurazioni” dei funzionari del Mef non sono null’altro che una deriva da reality show? Chi, se non la sinistra, può denunciare il regalo contenuto nel cosiddetto provvedimento della “pace fiscale”, agli evasori, i furbi, coloro che prendono e mai danno? Il provvedimento più ingiusto, l’offesa più grande al principio di eguaglianza, il solito favore ai soliti noti. Ma chi, se non la sinistra, deve considerare necessario aiutare le fasce più deboli, i poveri e i poverissimi, attraverso un sussidio universale? Perché considerare un lusso evitare che migliaia di famiglie vadano incontro alla fame? E se si ha fame come si fa, cosa si fa? E sempre la sinistra deve registrare come giusto, possibile, opportuno, detassare coloro, per lo più giovani, privati di una serie di benefit sociali, obbligati, attraverso il sistema della partita Iva, a lavorare il doppio per guadagnare meno della metà degli altri. E la sinistra deve anche considerare che esistono lavori che non sono sopportabili oltre un limite d’età. Non tutti i lavori, ma tanti sì. Ed è sempre la sinistra che può far capire che il vero reddito di cittadinanza si avrà se si sceglierà la strada degli investimenti per tenere in piedi ’Italia: strade, ponti, ferrovie, manutenzione straordinaria delle periferie e dei centri storici, tutela della terra, dell’assetto idrogeologico. E poi il sapere: scuola, cultura, aumento delle borse di studio e di ricerca, allungamento del tempo pieno. Questa è la crescita economico sociale di cui l’Italia a bisogno… non un’ulteriore crescita del debito da scaricare sulle giovani generazioni. Un’opposizione che veda il giusto, che spinga sul necessario e denunci l’ingiusto, l’improbabile e anche l’azzardo. Un’opposizione ci vuole, e anche una piazza. Un’opposizione vigile, non cialtronesca né demagoga, sceglie le strade proprie per far sentire la sua voce: il Parlamento e anche la piazza. Attiva il confronto, difende così la democrazia e aiuta anche la maggioranza di governo a contenersi. Ebbene l’obiettivo, delle manifestazioni, per usare le parole di Paolo Gentiloni: “è far vedere a tutti che un argine c’è rispetto a questo governo”. Quindi ancora la Sinistra, ancora il PD? Si perché, malgrado tutto abbiamo bisogno di un’opposizione. E di una piazza che mostri all’occorrenza che l’opposizione e una alternativa esiste ancora. Resta un quesito importante: E il partito? E’ apparso stupito Nicola Zingaretti, governatore del Lazio e candidato segretario dem, mentre nel retropalco di Piazza del Popolo aspetta l’inizio degli interventi. A leggerla attraverso le sue parole, la manifestazione contro il governo fortemente voluta da Maurizio Martina, in origine reggente, oggi segretario in scadenza, va avanti per binari paralleli… alle scadenze congressuali e alla sua candidatura. “Allora c’è ancora qualcosa per cui candidarsi?” Davanti al palco. E dietro. La piazza è “abbastanza” piena. Non si arriva certo ai 70 mila che dichiarano gli organizzatori, (a Milano altri 25.000) ma comunque c’è molta più gente rispetto al corteo antifascista di febbraio, subito prima delle elezioni. E alla manifestazione per il referendum… Unità, Unità grida la piazza ai big del partito, ma è veramente così? Il congresso sarà un congresso rifondativo, un congresso di rinnovamento di gruppo dirigente e di linea e azione politica? C’è da crederci? A guardare dietro al palco… dietro, i retropalchi sono ancora due: uno aperto alla stampa e un recinto chiuso con i dirigenti. Così, ogni tanto, i big si fanno una passeggiata ad uso di telecamere. Ognuno per conto suo. Zingaretti parla del “dovere” di dialogare con una immensa base elettorale che ha colto nel M5s un approdo. Con Renzi, si sa, su posizioni opposte, i due si ignorano e stanno attenti a neanche incontrarsi. Marcando il reciproco antagonismo. Delrio alla domanda, continua a rispondere che: “No! Non sarò io il candidato antagonista a Zingaretti a Segretario, non riusciranno a convincermi”. Calenda fa da contro canto e ribadisce: “Non mi presento candidato a segretario di un partito che penso vada superato”. Ma soprattutto c’è Matteo Renzi. Si c’è ancora lui, sempre lui Renzi. Tra un tweet, un post Facebook, un selfie e un comizio davanti ai cronisti, emana fiumi di parole nel tentativo di essere soprattutto lui il protagonista della giornata nel tentativo di intestarsi l’iniziativa, ora che non è stato un flop. Attacca il governo: “Stanno mettendo a rischio la tenuta del Paese”; per lodare il lavoro dell’opposizione cita l’ostruzionismo. Si fa fotografare mentre abbraccia Paolo Gentiloni. E non si lascia sfuggire l’occasione di ribadire che “abbiamo perso perché sono stato colpito dal fuoco amico”. Ora è giunto il momento di smettere di fare autocoscienza sulla sconfitta… bisogna fare l’opposizione dura a questo governo… fare resistenza civile e tra 12 o 18 mesì, ritocca a noi!” Pensando naturalmente a lui… No! io non mi candido a segretario “ho già dato”. “No! Zingaretti non va bene… ambiguo sui 5 Stelle… noi mai con loro al governo!” “Basta con le correnti… si va al Congresso e il nuovo segretario (noi… lui & i renziani) avranno un loro candidato… e poi una volta finito al congresso tutti uniti… dietro al nuovo Segretario!” Nel frattempo sul palco salgono i giovani. C’è Federico Romeo, il giovane assessore del Municipio di Polcevera, a Genova, che dopo il crollo del Ponte Morandi è diventato il volto da esibire. C’è Bernard Dikka, il millennial caro a Renzi, che arringa le folle in un modo che ricorda la Serracchiani degli inizi. Intanto, nel “recinto”, la situazione è già alquanto “slabbrata”. D’altra parte, i presenti si sopportano a stento. Gentiloni si intrattiene con Franceschini e Zanda. Renzi con Bonifazi e Migliore. Martina e Delrio stanno per conto loro. Martina chiude il suo intervento con: “Serve un nuovo Pd per una nuova sinistra. Vi chiedo quindi questo impegno, vi prego, tutti insieme”. La piazza continua a intonare il coro “unità, unita”, Martina si inceppa, ogni tanto si ferma, ma arriva fino in fondo. Cita Corbyn e “quell’avidità del capitalismo che in questi anni non abbiamo capito”. Dice cose più nette di quelle declamate da Renzi. Al governo: “Se avete a cuore la sicurezza e la democrazia dimostrate di voler combattere la xenofobia e il razzismo. Noi siamo figli della Resistenza”. Sul palco non sale nessuno dei big: il segretario non ha fatto richiesta, gli altri non avevano particolarmente voglia di fare i comprimari. E a proposito di unità. Mentre Martina scende tra la gente (il popolo del PD, almeno quel che ne resta) a stringere mani e a sollecitare partecipazione e impegno… Renzi dalla “gabbia” nel retropalco si sporge si agita, a fare un giro parallelo. Certo acclamati entrambi… Tanto che il segretario Martina, comincia a riflettere su una cosa fino a ieri esclusa: perché non condidarmi al congresso? Nel frattempo tra i renziani è tutto un commento per smontarlo: “Ha parlato troppo, non ha un’oratoria trascinante” ecc. ecc.. Trattamento analogo per Zingaretti: “È sparito subito: come fa uno a proporsi segretario, se poinon regge neanche una manifestazione?”. Si discute persino delle ‘ballerine’ della Boschi: c’è chi stima costino un prezzo astronomico. C’è chi si intrattiene con Matteo Orfini che dice: “Per il referendum c’era più o meno la stessa gente. Ci abbiamo lavorato come allora”. Sei treni speciali e 200 pullman: un impegno massiccio per riuscire a decretare ancora l’esistenza in vita del PD. “L’Italia che non ha paura” (questo lo slogan, contestatissimo) se ne va sulle note – nostalgiche – di Born to run… Alla faccia di: Unità, Unità …urlato dal “popolo piddino”, l’impressione è che in quel che resta del Partito Democratico continui una situazione di reale disunità del gruppo dirigente: “unità” in piazza e veleni nel retropalco…

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