Per ricollocarsi nel mercato del lavoro: occorre una nuova visione di se stessi…

 

Il lavoro che facciamo da 5, 10 o anche più anni non ci piace più, non ci dà più soddisfazioni o addirittura ci provoca un malessere quotidiano. Continuiamo a chiederci: Cos’altro posso fare? In che modo posso ricollocarmi in un altro lavoro?

Questa domanda si affaccia nella mente di sempre più persone che sentono in questa grave situazioni di crisi economica e scarsità di lavoro… l’esigenza di una consistente trasformazione della propria sfera lavorativa.

Non si tratta di un semplice desiderio di “cambiare aria” perché magari abbiamo voglia di vedere facce nuove rispetto a quelle che incontriamo tutti i giorni al lavoro, perché sentiamo l’esigenza di confrontarci con un ambiente lavorativo differente oppure di trovare nuove opportunità di crescita e di carriera che sono precluse nell’azienda attuale.

In questo caso sarebbe necessario e sufficiente cercare un’altra azienda o organizzazione in cui collaborare, diversa per tipologia di business, di cultura, dimensioni e struttura rispetto a quella attuale, ma sempre restando nella medesima posizione, perché il ruolo che ricopriamo e le attività che svolgiamo quotidianamente sono di per sé appaganti.

Quando abbiamo l’intenzione di ricollocarci in un altro lavoro, invece, stiamo pensando di cambiare proprio il tipo di mansione e funzione che svolgiamo, di dedicarci a nuove attività, di perseguire valori differenti…

Questo perché il lavoro che stiamo facendo attualmente è diventato ripetitivo oppure è sempre stato poco stimolante, ma fino a quel momento, per abitudine o necessità, lo abbiamo accettato così com’era. Poi, ad un certo punto, l’equilibrio si spezza, ci rendiamo conto che il gioco non vale più la candela perché stiamo spendendo tempo ed energie nel fare un’attività che, nella migliore delle ipotesi, ci annoia e non ci interessa, mentre nella peggiore ci provoca proprio un senso di disagio che si può manifestare anche a livello fisico.

un lavoro che non ami (2)

  “Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella zona grigia in cui tutto è  abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi”

 (Rita Levi Montalcini)

Se è vero che l’esigenza di cambiamento si manifesta forte e chiara, nonostante magari all’inizio proviamo ad ignorarla, non ci appare altrettanto fortemente e chiaramente la nuova strada da perseguire.

Sappiamo di solito piuttosto bene che cosa non ci soddisfa nell’attuale ruolo, che cosa non vogliamo più fare… ma cos’altro potrebbe appagarci davvero?

Che cosa desideriamo realmente fare? E inoltre, cosa possiamo fare di diverso se fino a quel momento abbiamo sempre ricoperto il medesimo ruolo o se comunque abbiamo maturato la nostra esperienza più significativa in un ambito specifico? Le aziende prenderanno mai in considerazione un profilo “diverso” da quello standard?

Queste domande mostrano le forti difficoltà che possiamo avere nel ri-pensarci e ri-proporsi sul mercato… soprattutto un mercato del lavoro in crisi e in una fase dall’Economia stentata.

Quali sono le principali ragioni per cui facciamo fatica a vederci in modo differente?

Questione di… etichetta: Quando svolgiamo per diverso tempo la medesima tipologia di lavoro, ci abituiamo a percepire noi stessi con un’etichetta standard. Il ruolo che ricopriamo, i compiti che svolgiamo diventano parte di ciò che siamo, ossia della nostra identità professionale. E’ un po’ come indossare sempre gli stessi abiti: se ci vestiamo sempre casual, faremo fatica anche solo ad immaginarci con un abito elegante o comunque con uno stile differente dal solito.

Effetto “Acquario”: Come un pesce rosso nella sua ampolla, vivendo sempre nella medesima realtà, finiamo per credere che il mondo finisca lì, che non esista qualcosa di diverso all’esterno. E se invece ci fosse…l’oceano?

Ce l’ho…mi manca: Se abbiamo anche un’idea vaga di cosa ci piacerebbe fare di diverso da quanto stiamo facendo attualmente, quello su cui ci concentriamo maggiormente sono le abilità che ci mancano piuttosto che le risorse che già abbiamo: motivazione e convinzione da una parte, ma anche competenze “spendibili” altrove. Pensare sempre al divario che ci separa dalla meta non ci aiuta a costruire il ponte verso ciò che desideriamo!

Attività vs competenze: Tendiamo comunemente a pensare di essere in grado di svolgere solo gli specifici compiti che effettuiamo abitualmente. In altre parole, le capacità possedute corrispondono alle attività svolte. Ma questa è una visione limitata delle competenze… Dietro ogni nostra esperienza, invece, ci sono un mix di capacità e conoscenze che vengono attivate. A sua volta ciascuna competenza può essere applicata trasversalmente a differenti tipi di attività.

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Gli Hobby (non) sono una cosa seria: Le attività che si svolgiamo nel tempo libero, gli interessi che coltiviamo, i progetti a cui contribuiamo (anche pro bono) possono avere più rilevanza di quanto si creda perché attraverso di essi acquisiamo nuove conoscenze o mettiamo in atto abilità che entrano a far parte del nostro bagaglio di risorse, e quindi vanno tenute in considerazione in fase di cambiamento.

In conclusione, mancandoci la consapevolezza di ciò che siamo in grado di fare e di essere al di fuori di ciò che abbiamo sempre fatto, ci percepiamo con uno scarso valore da offrire e questo chiaramente impatta sulla modalità di proporci e presentarci sul mercato.

In realtà, abbiamo molte più risorse di quelle che riteniamo di possedere e più di quanto la nostra mente ipotizzi basandosi su una visione limitata della realtà. E’ necessario quindi allargare lo sguardo, ampliare gli orizzonti, dentro e fuori di noi stessi, con la convinzione che abbiamo ancora molto da dare!

 

“Ricorda che sei più coraggioso di quanto credi, più forte di quanto sembri, più intelligente di quanto pensi”

 (Alan A. Milne)

 

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