Governo: le giravolte di Conte e la scommessa rischiosa di Renzi…

Bisogna dare atto a Conte che, pur nello spaesamento tipico del neofita, smussa, lima, tratta, ammette, offre, corregge. Certo, tutto pur di evitare di salire lo scalone del Quirinale con la lettera di dimissioni in tasca. Ma sembra non bastare: Italia Viva vuole vedere i risultati!? L’altro ieri festa della Befana nel dopopranzo, si è potuto assistere a una duplice intervista (nella trasmissione di Serena Bortone “Oggi è un altro giorno”), ad Andrea Orlando e a Marco Travaglio. Entrambi hanno detto la stessa cosa: questa crisi politica innescata da Matteo Renzi non si capisce dove vuole andare a parare? Per primo è assai probabile che la stragrande maggioranza degli italiani effettivamente non stiano comprendendo quanto accade dalle parti del governo, ascoltando distrattamente e con fastidio le notizie su rimpasti, verifiche, ultimatum, arroccamenti ecc. ecc. ed è certamente possibile che da parte sua Matteo Renzi sconti una difficoltà a rendere chiari «i suoi alibi e le sue ragioni», per parafrasare De Gregori. Anche perché se è il vicesegretario del Pd dice di non capire, imitato dal direttore del giornale sostenitore del presidente del Consiglio, un cittadino normale si sente autorizzato a non capire neanche lui… In realtà, Orlando (e tutto il mondo politico e giornalistico che sono pagati per sapere queste cose, e magari anche per spiegarle) ha capito benissimo di cosa si sta discutendo, anche perché il tema vero – al dunque – è esattamente quello posto per primi dai Democratici che già a maggio sollecitavano il premier a un cambio di passo. Passo di cambio non pervenuto. Renzi ha fatto dieci passi in più. Come spessissimo è avvenuto nella storia repubblicana d’altronde c’è un partito della coalizione di governo che solleva delle questioni e pretende risposte. Molte volte si trova un accordo, altre no. Ma siamo nella fisiologia dei governi di coalizione, che infatti in Italia da sempre vivono sull’orlo del precipizio; e in fin dei conti non vale molto la pur suggestiva tesi secondo la quale non si può aprire una crisi di governo in una situazione eccezionale come questa, né tanto meno si può votare: nei prossimi mesi andranno alle urne olandesi, israeliani, tedeschi, e il fatto che siano elezioni a scadenza della legislatura non cambia la sostanza. In fondo, Giuseppe Conte, pur nello spaesamento tipico del neofita, nelle ultime ore ha preso un’iniziativa che va proprio nel senso delle richieste di Renzi (e in buona misura anche del Pd): modificare la bozza del Piano per il NextGenerationEu e profondamente. A partire dai fondi per la sanità che dai 9 miliardi iniziali dovrebbero raddoppiare: «Se aspettavamo Speranza, il raddoppio non ci sarebbe mai stato», commenta uno dei fedelissimi di Renzi, come a dire che per prendere la ‘turris eburnea’ di Conte bisogna alzare la voce fino a minacciare la crisi. Ecco dunque che il presidente del Consiglio smussa, lima, tratta, ammette, concede, offre, corregge. Tutto pur di evitare di salire lo scalone del Quirinale con la lettera di dimissioni in tasca. C’è dunque un merito delle questioni poste da Renzi che hanno portato Roberto Gualtieri a modificare per la quarta volta la famosa bozza, da cui tra l’altro è sparita la tanto discussa questione della governance, quella – ricordate? – dei 6 supermanager dotati di poteri sostitutivi con alle dipendenze una vagonata di consulenti, e ugualmente pare cedere il bastione che l’avvocato del popolo aveva pensato di erigere attorno ai servizi segreti, non si sa perché considerati di suo appannaggio. Oggi potrebbe tenersi un vertice di maggioranza, è chiaro che la sua convocazione sarebbe importante per capire perché se il clima tende a una chiusura dell’accordo oppure no. Italia viva vuole vedere cammello prima di riporre le armi, e Renzi ancora non è tranquillo. Se chiude, porta a casa un risultato concreto ma che rischia di apparire di molto inferiore al bottino pieno, cioè la testa del presidente del Consiglio; se va avanti, si entra in una terra di nessuno con tutte le incognite del caso. Ieri ha detto che se Conte è capace bene, altrimenti toccherà a qualcun’altro – i nomi sono sempre quelli: Cartabia, Draghi, Cottarelli o, se politico, Franceschini – sulla “rigidità di Renzi dice la sua D’alema: “L’uomo più impopolare vuole mandare via il più popolare”. E anche Bersani, dice quel che pensa sottolineando: “Non è che Renzi sia Mandrake –  e si chiede – vuole una crisi per tornare al centro senza più Conte? Io non ho aggettivi per qualificare un’operazione del genere  mentre abbiamo centinaia di morti di pandemia e migliaia di feriti gravi in economia – aggiungendo – Renzi è ormai un pezzo del nostro paesaggio. Alla fine continua a fare le cose che fece con Letta. Nessuna vera novità”. Bene, a questo punto i due duellanti si devono decidere, Renzi ritiri le Ministre in quota Italia viva costringendo così Conte alle dimissioni, va da se che nelle conseguenti consultazioni del Quirinale,  non c’è  alcuna logica dire si ad un Conte ter. Sarebbe chiaro a tutti che non è vero che la crisi l’ha aperta per i contenuti del Ricovery Fund con aggiunta di Mes e delega ai Servizi di intelligence… l’ha aperta solo per far fuori Conte, punto a capo! Per togliersi un concorrente al centro. Di fronte a tanto, la triade Conte-Zingaretti-Di Maio decidano quel che è meglio, se dire no al senatore fiorentino  e quindi per dirla con il Pd e Zingaretti: “no a salti nel buio e a governi tecnici, avanti con Conte”. E aggiunge Bettini: “Se qualcuno intende rompere, sarà il Parlamento, e poi eventualmente gli elettori, a decidere chi dovrà continuare a lavorare al servizio della Repubblica”. Così intendendo che se in Parlamento, se non ci sarà più questa maggioranza e questo Premier, il Paese andrà alle urne, succeda quel che succeda, ma costringendo così Renzi a prendersi per intero le proprie responsabilità…

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