Politica: la Lega continua la sua guerra di logoramento a Draghi…

Ormai è «guerriglia parlamentare». Così l’ha chiamata Matteo Salvini per negare che ci fosse mentre si preparava a sferrare il nuovo attacco. La Lega ha deciso di usare ancora una volta il green pass per andare contro il governo, anche se alla fine l’emendamento presentato contro il parere del Governo è stato sconfitto. Nessuno degli altri partiti di maggioranza si aspettava una presa di posizione così improvvisa della Lega, ma adesso, dicono dal governo, si vedrà come andranno le cose volta per volta, mentre gli schieramenti cambiano di continuo. Il ministro leghista Giancarlo Giorgetti dopo il voto ha ribadito: «Lo stato di emergenza è eccezionale», per un’ulteriore proroga «non ci sono né le condizioni sanitarie né costituzionali per una ipotesi di questo genere». Paradossi oggettivi tra il governo di Mario Draghi e il sistema parlamentare sono in azione per fare perdere ogni equilibrio al Paese. Per Salvini, tenere insieme il voto centro-meridionale attratto dai muscoli del capitano che chiude i porti e il consenso del profondo nord sedotto dal comune-azienda edificato dalla Lega a protezione di micro-interessi è una impresa difficile. Salvini crede di risolvere i suoi guai, che evocano l’urto tra valori (etno-sovranismo) e interessi (nano-capitalistici ristretti), con la classica operazione di convivere con la doppiezza. Stare con un piede nel governo per contrattare, assorbire fondi per i territori e con l’altro continuare nell’esercizio della propaganda antisistema è la scorciatoia che egli prende sperando nel logoramento di Draghi. Il suo assillo è il termometro dei sondaggi che registrano una continua ascesa di Meloni. Ancora una volta, la forza che regge il governo è nei fatti il presidente, Sergio Mattarella, rieletto a grandissima maggioranza. Ma anche la sua forza non può escludere la centralità del Parlamento. Draghi ha il mandato di governare e così vuole fare. Ma i partiti hanno il voto tra un anno al massimo e devono fare campagna elettorale altrimenti perdono a favore dei concorrenti. Il bisogno di fare propaganda e l’ombra delle elezioni innescano un circolo vizioso. Più si fa campagna elettorale, più si avvicina la possibilità di una fine anticipata della legislatura; quindi, tanto più la propaganda diventa polemica e tanto più il voto si avvicina. In mezzo a queste polemiche come può Draghi governare? Né i partiti, legati per la vita o la morte ai risultati delle urne, possono smettere le polemiche per fare governare Draghi. Specie perché questi partiti hanno raccolto e raccolgono voti non su promesse di governo ma su reciproche polemiche, talvolta oziose. In teoria si possono trovare aggiustamenti ma in pratica ora ci sono 350 nomine da fare in aziende statali e parastatali. Questo è potere vero, che si trasforma in capacità di traino elettorale. Draghi cercherà di nominare lui i 350, ma i partiti non potranno lasciargli spazio, perché ne va della loro “vita”. Quindi cercherà il premier di approntare un manuale Cencelli per la divisione dei pani e dei pesci parastatali? Nel caso, anche Fratelli di Italia sarà coinvolta, oppure sarà esclusa come partito di opposizione? Nell’uno e nell’altro caso ci saranno polemiche, per esempio. In tale quadro si vedono mille linee di frattura e l’impossibilità pratica, al di là della volontà di ognuno, per Draghi a continuare ad andare avanti normalmente. Col passare dei giorni egli può solo trasformarsi in una specie di comico vigile in mezzo al traffico caotico di un film muto hollywoodiano. Lui viene travolto, e il traffico non guadagna d’ordine. Intanto nel momento in cui Draghi andasse via, nessuno ha ben chiaro cosa accadrebbe al paese, visto che i partiti pensano giustamente a sé stessi ma sono dimentichi degli interessi nazionali. Senza Draghi e con i partiti che si rimpallano accuse come reagirebbero i famigerati mercati? La palla torna nei fatti al Quirinale che, unico, ha poteri e capacità di dipanare questo “gliommero”, questa imbrogliata matassa assai affine alla frottola… insomma questo “pasticciaccio brutto” di largo Chigi. E l’abilissimo e saggissimo Mattarella dovrà fare miracoli per tenere tutto sulla retta via. Il rischio è che se poi si faccia ancora troppo ricorso alla sua autorità e autorevolezza alla fine anche la più alta magistratura dello stato potrebbe logorarsi… Nella finanza, quando si hanno posizioni impossibili, si sceglie di ridurre le perdite uscendo, prima che il crollo dei valori arrivi sottozero. Oggi questo significherebbe andare il più presto possibile al voto. Qui c’è l’ultimo pezzo del puzzle paradossale – i parlamentari non vogliono sciogliere le camere per timore di perdere stipendio e pensione. Né Mattarella può dare uno schiaffo a deputati e senatori che lo hanno appena rieletto mandandoli tutti a casa. Quindi… ogni cosa è possibile oggi.

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