1. Life: C’è bisogno di competenze per una società sempre più complessa…

Oggi la tecnologia e la globalizzazione hanno reso il mondo molto più piccolo, veloce, interconnesso. Fenomeni irreversibili che ci impongono la necessità di misurarci con molteplici diversità, di cui forse quella linguistica-culturale è il segno più tangibile. Tali cambiamenti hanno consentito l’incontro – e lo scontro – di una pluralità di orizzonti normativi, modalità relazionali, stili di vita e valori inediti, dando luogo a notevoli vantaggi e, nel medesimo tempo, ad aspetti problematici. Per porre un orientamento etico alla globalizzazione, l’educazione può ancora costruire l’alternativa: occorre quindi acquisire competenze di carattere realmente interculturale indispensabili per leggere e gestire le situazioni. L’accrescimento della comunicazione, la mescolanza di stili di vita e l’incontro tra culture differenti a seguito di migrazioni o rapidità dei trasporti hanno determinato un incremento del numero di identificazioni, che si intrecciano trasformando la vita quotidiana. Infatti oggi massicci flussi migratori che, come in un sistema di vasi comunicanti, portano una moltitudine di uomini a spostarsi per le ragioni più disparate impongono la necessità di misurarci con molteplici diversità. Tali cambiamenti, denominati globalizzazione, new economy, rivoluzioni informatiche, non sono di carattere meramente economico e produttivo, ma toccano la persona umana nella propria essenza e attengono in particolare alla sfera educativa. Pertanto, influiscono sulle dimensioni della noosfera, ovvero quell’«universo di simboli e valori che è il prodotto più specifico della specie umana». In tal senso, ciò che la globalizzazione ha indotto a scoprire è che non vi sono culture “pure” e chiuse, ma ibride, meticce, alveolari. L’identità personale, quindi, non va più considerata come qualcosa di statico, ma come qualcosa di dinamico e in perenne evoluzione. Ma veniamo subito per interesse specifico ad una delle questioni centrali di questi tempi che è quella del Lavoro ponendoci una domanda: di fronte ai profondi cambiamenti che, negli ultimi decenni, hanno interessato il mercato del lavoro, come fare ad aiutare le persone – e soprattutto i giovani – a rapportarsi, nel miglior modo possibile, con questo contesto, tra l’altro in continua e velocissima trasformazione? Da più parti si suggerisce di dotarsi di “competenze trasversali” – da rafforzare continuamente – e di combinarle al meglio con le proprie competenze tecniche. In generale, le competenze tecniche (hard skills) sono quelle necessarie per svolgere una certa attività o una professione; le competenze tecniche teoriche di base si acquisiscono in un percorso di istruzione e/o formazione professionale, mentre il loro approfondimento operativo avviene mediante l’esperienza pratica nei luoghi di lavoro (stage, tirocini, lavoro vero e proprio). Le competenze trasversali (soft skills) rappresentano, invece, conoscenze, capacità e qualità personali che caratterizzano il modo di essere di ogni persona nello studio, sul lavoro e nella vita quotidiana. Proprio per questo motivo si chiamano “trasversali”, perché non si riferiscono ad ambiti tecnici o a conoscenze specifiche di una materia di studio, ma chiamano in causa tutti quegli aspetti della personalità e della conoscenza che ognuno utilizza ogni giorno nei diversi contesti. Le competenze trasversali emergono quando si devono prendere delle decisioni, quando si cerca di uscire da una situazione difficile, quando si prova a cambiare le cose che non piacciono, quando si sta con gli altri, ogni volta che si deve imparare qualcosa di nuovo. Sono, per esempio, la capacità di comunicare bene agli altri il proprio pensiero, di relazionarsi correttamente con le persone rispettando i loro diversi ruoli, di lavorare in gruppo, di essere flessibili, di essere propositivi. Molte istituzioni, a livello internazionale, hanno trattato l’argomento delle competenze trasversali, denominandole in vario modo life skills, soft skills, key competences, competenze di cittadinanza; qua faremo riferimento a quelle individuate nell’ambito dell’Unione Europea… Il Parlamento Europeo, nel dicembre del 2006, ha emanato una prima Raccomandazione a tutti gli Stati membri relativa alle “competenze chiave”, ritenute necessarie per far fronte alle continue sfide di una società globalizzata e di un mondo in rapido mutamento e caratterizzato da forti interconnessioni. Una seconda Raccomandazione del Consiglio d’Europa, del maggio 2018, ha aggiornato il testo di quella precedente, soprattutto alla luce delle più recenti evoluzioni del mercato del lavoro e della società. Le competenze chiave indicate dall’Unione Europea, poi riprese, approfondite e aggiornate in molti altri documenti e programmi in tutta Europa, Italia compresa, hanno alcune caratteristiche che possono aiutare meglio a comprendere il loro significato e la loro importanza: sono quella combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti che aiutano la persona a gestire in modo flessibile e appropriato tutti i contesti di vita: famiglia, amicizie, scuola, lavoro, tempo libero, sport, etc., soprattutto se tali contesti sono caratterizzati da forti cambiamenti (come accade per il lavoro) o da importanti momenti di transizione (per esempio il passaggio dalla scuola media alla scuola superiore o dalla scuola superiore all’università o al mondo del lavoro); possono essere acquisite e rafforzate durante tutta la vita, ma è meglio apprenderle quando si è ancora molto giovani e la scuola può e deve far crescere queste competenze, perché tutte le nuove conoscenze che vengono apprese con lo studio acquistano maggior valore se si è imparato prima a conoscere bene sé stessi, ad avere fiducia nelle proprie potenzialità e ad essere capaci di mettere in campo tutte le risorse personali necessarie per affrontare le situazioni in modo positivo; sono competenze di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, ma anche per ciò che si definisce “esercizio di una cittadinanza attiva”, cioè: crescita del senso di appartenenza alla propria comunità, rimanendo aperti e sensibili anche alle diversità sociali, etniche, culturali, fisiche; capacità di partecipare in modo consapevole alla realizzazione di progetti che rappresentino il benessere e gli interessi della collettività (un po’ come succede negli sport di squadra, ma esteso, per esempio, alla scuola, al proprio gruppo sociale, all’ambiente di lavoro, etc.); sono tutte ugualmente importanti poiché ciascuna di esse può contribuire ad assumere atteggiamenti positivi e ad accrescere, quindi, le possibilità di un migliore inserimento nella società; sono strettamente collegate tra loro, in quanto: si intersecano, si sovrappongono e si completano a vicenda, ognuna di esse necessita di abilità e conoscenze che sono previste anche per altre competenze trasversali, l’acquisizione di ciascuna favorisce lo sviluppo di tutte le altre, tutte favoriscono il miglioramento della capacità critica, della creatività, dello spirito di iniziativa, della capacità di risolvere i problemi (e non solo di porli e crearli!), della capacità di lavorare in gruppo, di decidere e di gestire le proprie emozioni e i propri sentimenti. Le competenze individuate dall’Unione Europea sono otto e riguardano: la competenza alfabetica funzionale; la competenza multilinguistica; la competenza digitale; la competenza personale, sociale e la capacità di “imparare ad imparare”; la competenza in materia di cittadinanza; la competenza “imprenditoriale”; la competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali. La competenza alfabetica funzionale. Comunicare bene nella propria lingua non è una capacità così diffusa come sembra. La semplificazione del linguaggio spesso adottata dai mass-media e dalle comunicazioni tecnologiche (Facebook, Twitter, WhatsApp e messaggistica varia) contribuiscono in modo rilevante ad impoverire e banalizzare le capacità comunicative di gran parte della popolazione. Eppure si tratta di una competenza importantissima per la vita sociale, personale e lavorativa. Viviamo nella società dell’informazione e della comunicazione dove ogni attività che svolgiamo presuppone anche la capacità di ricevere e trasmettere informazioni. Nel mondo del lavoro, per esempio, è sempre più difficile immaginare un mestiere o una professione in cui non sia importante saper comunicare bene a persone diverse ciò che si fa e come lo si fa. Ci lamentiamo spesso del fatto che gli altri non ci capiscono ma non ci chiediamo mai se e quanto noi siamo stati bravi a farci capire. Pensiamo che comunicare sia un fatto naturale come respirare. E invece, proprio perché tutto oggi è comunicazione, diventa indispensabile saper usare bene questa capacità e renderla efficace. Comunicare significa, infatti, esprimere – oralmente, per iscritto e utilizzando anche le nuove tecnologie – fatti, opinioni, idee, pensieri e sentimenti, sapendo adeguare il nostro modo di parlare e ciò che diciamo alle diverse situazioni in cui ci troviamo (personali, ricreative, sociali, lavorative, di formazione, etc.) e alle persone che incontriamo. Per esempio, bisogna essere capaci di comunicare in modo “costruttivo”, cioè esprimere in maniera diretta, leale e appropriata i nostri pensieri, sentimenti o bisogni senza prevaricare né essere prevaricati. L’uso della forza e dell’aggressione verbale quando vogliamo manifestare la nostra insoddisfazione o far valere i nostri diritti o fare una critica è, purtroppo, abbastanza diffuso, ma è del tutto inefficace in quanto l’ansia e il risentimento che ne derivano possono produrre effetti contrari a quelli che vogliamo raggiungere…

(continua)

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