4)Pensionamento ed invecchiamento: “un binomio troppo stretto…”

(parte quarta)

…continuiamo a parlare del binomio “pensionamento = invecchiamento” e della necessità di una sua più corretta definizione per una più corretta lettura di questo sempre più importante fenomeno sociale (…allungamento dell’attesa di vita e invecchiamento della popolazione) vediamone i risvolti psicologici e lo stato di disagio che può provocare nelle persone che ne sono interessate.

Quando giunge il pensionamento… diviene operante una difficoltà costituita dalla indeterminatezza dei confini ecologici, da una dilatazione anomala del tempo/giornata, da un senso di minor energia, dalla ricerca di un equilibrio che si vorrebbe immediato e che per ragioni strutturali necessita, invece, di spazio e, paradossalmente, di tempo ed energia.
Accanto a questi elementi iniziali si registra, nel volgere di un numero limitato di settimane, tutta la dimensione potentissima dell’esclusione, dell’espulsione, della non appartenenza.
Un forte indicatore che rappresenta le caratteristiche e l’estensione del “fenomeno allontanamento” è rappresentato dalla modificazione radicale delle dinamiche di comunicazione.

Infatti, il neo pensionato si trova a “dover” registrare una caduta tendenziale di quantità e qualità dei contatti con quelli che ormai sono definibili, prevalentemente, come “ex colleghi”.

Si registra spesso una diminuzione della comunicazione talmente estesa da provocare nel soggetto una reazione di tipo dissociativo, come se si trovasse a transitare da una dimensione sociale attraverso cui si riconosceva, a un nuovo stato costituito da diversa struttura, di cui però, non sono chiari i confini.
Si assiste, da una parte, ad un fenomeno di espansione abnorme della solitudine intesa come dinamica non scelta (ma subita), dall’altra, alla trasformazione/perdita di una parte consistente della socializzazione.

La socializzazione che, rappresentando uno dei fattori fondamentali di equilibrio della personalità, diviene fonte di difficoltà significativa nel momento in cui la sua portata viene limitata o da fattori soggettivi, ovvero da dimensioni ambientali. La patologia principale del pensionamento si annida nell’idea che del fenomeno ci siamo costruiti e che gli altri, in qualche modo, hanno contribuito a strutturare.

Le modalità con cui le persone reagiscono al pensionamento sono molto diverse. Vorremmo, quindi, sintetizzare una linea d’azione, un’ipotesi, una strategia che si ponga l’obiettivo di “ricondurre sintomi insensati alle loro origini ricche di senso, richiamandoli a ragioni più profonde”.

Per dirla con Hillman: ”Stiamo cercando una ‘casa’ ai fatti che ci succedono. I sintomi fanno più male quando non sanno quale sia il loro luogo di appartenenza.” Ovvero, per dirla più semplicemente con i termini di una mia amica scrittrice aiutare le persone a rispondere al pressante quesito di “come devo organizzarmi le emozioni ?”

Questa parte del post vuole portare un contributo che: intende soffermarsi prevalentemente intorno a quelle realtà costituite da persone che esprimono elementi di disagio, difficoltà, ostacolo rispetto alle nuove caratteristiche di vita che il pensionamento provoca. Per ricercarne, insieme a loro, motivi, elementi e meccanismi ed ipotizzare forme di intervento che permettano la trattabilità delle componenti che generano tali onerosità.

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Si può condividere il paradigma per cui le difficoltà che i soggetti esprimono, altro non siano che il risultato, l’indicatore, il sintomo di un “problema” che non ha trovato luoghi, tecniche e modalità per essere trattato.

O forse sarebbe più corretto fare riferimento alla presenza di problemi, variamente articolati nella tipologia e nel tempo, che si sono condensati in malessere.
Questo malessere trova, tra l’altro, un sostegno nella sua fase iniziale attraverso la presenza rinforzante di una serie di fantasie.  La base inconscia di tali fantasie non a caso è connessa col problema dell’identità e con un profondo timore del cambiamento… in queste crisi, quello che deve essere affrontato è in essenza il problema della elaborazione patologica “…del lutto per il Sé.”

In questo contesto ci pare opportuno chiarire che il riferimento alle fantasie non rimanda tanto alla attività immaginativa, quanto al concetto di fantasma unitamente a quell’articolazione del pensiero più vicina al “sogno diurno”, detta fantasticheria. Una modalità abbastanza evidente e maggiormente diffusa, possiamo intravederla in quel sentimento omnivoro e avvolgente da cui spesso sono accompagnate le persone negli anni del pensionamento: la “rassegnazione”.

Bisognerebbe intendere la rassegnazione come ri-significazione, un ripensare al significato della nostra posizione, una vera e propria re-visione delle idee attorno all’evento pensionamento.

I sentimenti che spesso accompagnano le persone nella fase di transitamento prima, e di permanenza poi, nella condizione di pensionato, possono essere proposti in mix diversi i cui contenuti di base potrebbero contenere singolarmente o congiuntamente elementi quali: Aggressività, Agitazione, Angoscia, Ansia, Colpa, Colite, Depersonalizzazione, Depressione, Inadeguatezza, Indeterminatezza, Indolenza, Insicurezza, Inutilità, Paura, Pessimismo, Sbandamento, Sfiducia, Silenzio, Terrore, Tremolio, ecc. E ancora meccanismi di difesa: Diniego, Drammatizzazioni, Idealizzazioni, Identificazioni, Intellettualizzazioni, Negazioni, Proiezioni, Regressioni, Rimozioni, ecc. Ma anche difficoltà a stabilire relazioni, fatica nel mantenerle, impedimento ad individuare concordanze, freno nella ricerca di connessioni.
Ci troveremo quindi, a lavorare sui sentimenti e sui meccanismi, sulle emozioni che diventano per le persone gabbie, sulle difficoltà che possono rendere fortemente penosa questa fase dell’esistenza.

Sarà quindi necessario, in questa azione di sostegno delle persone, fare riferimento alla strumentazione della pratica professionale analitica (approfondendo la conoscenza dei sentimenti e delle emozioni che provocano). Saranno privilegiati, quindi, l’insieme dei meccanismi classici, le risposte, le dinamiche attraverso cui si possono “leggere” i segni del disagio interno.

La costruzione di questo intervento prevede un percorso di gruppo, dopo qualche incontro face to face per costruire per l’appunto la creazione di un gruppo con le singole soggettività dei suoi partecipanti e la presenza di un Coach/formatore.

Questo “luogo”, questo “setting” dovrebbe porre le basi per una rilettura del processo di pensionamento, permettendo il trattamento dei contenuti consapevoli e inconsapevoli per giungere, poi, ad una rielaborazione del malessere accumulato nel processo di cambiamento. Al centro le varie  storie di vita, le fantasie, i fantasmi, le libere associazioni, i sogni sognati. Come dire: segnali, spie, indizi, ma anche “cadiamo a pezzi per separarci, e anche per riunirci. L’importante è ciò che facciamo dei brandelli e dei cocci.” Ma anche lo scambio di frammenti di vita, di paure, di speranze.

Tutto ciò nella consapevolezza che questo lavoro non può non comportare la presenza di un quantum di difficoltà e anche di ‘dolore’. Sarà allora un esperienza anche densa, probabilmente importante, forse anche divertente, ricordando però che “ è proprio il dolore ad aprire la porta verso gli altri.”

Il Gruppo come “gruppo di lavoro” con l’obiettivo di formare (a partire dal problema comune, il pensionamento) un’entità che nelle sue articolazioni e diversità costituisca una essenza nuova dalla quale tutti possano trarre giovamento, il singoli per sé e il gruppo nel suo insieme. Il Gruppo consente quelle “trasformazioni che determinati membri del gruppo non riescono a compiere [individualmente] e che invece possono essere aiutate [oltre che dal Coach anche  uno o più membri del gruppo] proprio come la madre riesce a disintossicare lo spazio interno del bambino grazie alla sua funzione di mantenimento e di trasformazione”

Nel lavoro svolto dal Gruppo è possibile entrare in risonanza, metabolizzare gli stati d’animo di un altro partecipante e questo diviene un elemento della presa di coscienza di Sé. Si sviluppa, in questo contesto, quel fenomeno denominato “effetto-specchio”, la cui modalità può essere sintetizzata nei seguenti termini: “un individuo vede se stesso – spesso la parte rimossa di se stesso – riflesso nell’interazione degli altri membri del gruppo. Li vede reagire nello stesso modo in cui reagisce lui stesso o in contrasto con il suo comportamento. Impara, così, a conoscere se stesso attraverso l’azione che esercita sugli altri e attraverso l’immagine che essi si fanno di lui.”
Inizia con il pensionamento, ovvero è associato al pensionamento, una fenomenologia che comprende perdita, inibizione, indecisione. “
A. La perdita, o almeno la compromissione dell’iniziativa, della capacità di prendere l’iniziativa [genera] la fatica di realizzare le cose che prima non erano di nessun peso
B. L’ inibizione, alla quale in particolare è legata l’esperienza soggettiva di fatica e di scacco nella realizzazione personale e sociale, si costituisce come una modalità di vivere inconciliabile è […] con l’immagine che la società richiede a ciascuno di noi; e la coscienza di questo crudele fallimento sul piano della responsabilità e della iniziativa, dilata (amplifica) immediatamente i confini della sofferenza e della inadeguatezza che sono presenti in ogni depressione e che i modelli sociali dominanti rendono, appunto, ancora più dolorose e talora insanabili.
C. L’alta (inesausta) efficienza e la capacità di decisioni e di iniziative pragmatiche, che la società richiede a ciascuno di noi (pensionati), non sono conciliabili, e abbiano anzi una funzione patogena, con la in-decisione, con la responsabilità vissuta come peso non di rado intollerabile e con la fatica di essere se stessi”.
Ma quando le persone si avvitano in difficoltà che non permettono di essere elaborate, ovvero non sono in condizione di accettare la propria fragilità, allora la vitalità e l’intelligenza possono venir meno.
Ma tutto ciò può forse essere affrontato mettendo le persone nella condizione di elaborare il proprio stato. E questa non si configura come una salvezza che viene dall’esterno, ma come una strumentazione che, una volta attivata, può generare risultati proprio perché permette ai soggetti di calarsi in una situazione “vincente” sul meccanismo di invalidazione che i più agiscono sulla identificazione di cosa sia il pensionamento, cosa i pensionati. vecchiaia
Da un’azienda in crisi ad una nazione, ad un individuo, il cammino sta nella ricerca della trasformazione, che significa farsi carico delle necessità di intraprendere strade che liberino dalla prigione della mente. E qui il suggerimento è quello di darsi la forza di elaborare qualsiasi lutto e, grazie a questo, mettersi in cammino verso la trasformazione.”
Tutto ciò permette la costruzione di un’ipotesi, che poi diviene un progetto e, in ultimo, una proposta operativa metodologicamente strutturata. L’ipotesi stessa necessita di una idea nuova e diversa, tuttavia “un’idea che non sia pericolosa non merita affatto di essere chiamata un’idea.”
Riteniamo che si debbano costruire le condizioni che permettano la “lettura” delle proprie esperienze consapevoli o non, e ciò potrà essere veicolato da un approccio professionale nei confronti delle persone, in linea con l’orientamento proposto da Hilman: “L’occhio addestrato alle immagini va dritto all’essenziale. Nella nostra cultura iperpsicologizzante, i test psicologici sostituiscono questo occhio stagionato e ne impediscono lo sviluppo. Invece di guardare, somministriamo test; invece di usare la visione immaginativa, leggiamo rapporti; invece di colloqui, inventari di personalità; invece di racconti, punteggi ai test. La psicologia parte dal presupposto che si possa cogliere il carattere sondando motivazioni, reazioni, scelte e proiezioni. Per valutare l’anima usa concetti e numeri, invece di affidarsi all’occhio anomalo di un osservatore allenato.”
Le persone devono trovare il modo di adattarsi al cambiamento avvenuto.
Ma il concetto di adattamento necessita di uno spostamento da una dimensione eminentemente statica ad una assolutamente dinamica . “Adattamento significa non rimanere legati ad un metodo fisso, ma mutare in relazione degli eventi, operando com’è conveniente”
Occorre, quindi, attivare una: ‘Trasformazione’ che permetta “prima di tutto la trasformazione delle proiezioni. Riconoscere le proprie proiezioni e accettare di riappropriarsene segnala un’istituzione (una persona) in trasformazione, un’istituzione (una persona) che ha scelto di vivere e non di sopravvivere.”
Nel caso di mancata attivazione di meccanismi di trasformazione si può generare “un affievolirsi del desiderio di apprendere” e ciò conduce a “sviluppare una specie di guscio intorno a quel miserando bagaglio di conoscenza” e quindi “ a nutrire un’avversione, che può diventare anche odio, per tutto ciò che [i soggetti] non conoscono”.

Uno degli aspetti più complessi e di maggiore frequenza tra le persone in fase di pensionamento o già pensionate, è rappresentato dall’insorgenza e dallo sviluppo della depressione che si articola su binari quali il tempo, la motivazione, il cambiamento. Infatti potremmo definire la depressione “come patologia del tempo (in essa si è senza futuro, senza avvenire) e come patologia della motivazione (in essa si è senza energia e ogni movimento è rallentato, nella inerzia e nel silenzio della parola). ”D’altra parte il contenuto della depressione sarà uno degli elementi centrali nella elaborazione del distacco in quanto “la depressione affiorerà non come patologia del malessere, ma come patologia del cambiamento.”
In questo contesto problematico occorre non dimenticare la presenza di una risposta sociale all’insorgere della depressione, falsamente attivata a sostegno di coloro che giungono ad un’età critica: la compassione. Infatti “la compassione è il più crudele fra tutti i sentimenti: corrompe, fiacca e avvilisce la mente”.
Occorre, inoltre, combattere “la delusione” perché diviene meccanica e dinamica dell’interpretazione del mondo e di Sé. La persona, infatti, nel processo che attiva con l’invecchiamento al di là che lo stesso sia “reale” (psicofisico) o “indotto” (psicologico-sociale) “costruisce il suo mondo a partire dalla delusione. Non si tratta della delusione come stato d’animo. No: la delusione si è fatta corpo. In base alla delusione egli costruisce il suo mondo”
Ricordandoci allora che“… il nostro cervello si sviluppa per tutta la vita, perché per tutta la vita noi siamo in grado di imparare cose nuove”  appare, allora, utile e necessario costruire una solida situazione che non induca la possibilità di: “Smettere di fare… Smettere di farsi domande… Smettere di ridere di gusto…Smettere di dire la verità.”
Bisogna, in altri termini, con un apposito intervento, mantenere ed implementare la possibilità che le persone possano continuare a pensare perché “la festa del pensare si celebra, invero, ogni volta che qualcuno, rompendo la schiavitù quotidiana, si sbarazza delle sue catene e va incontro alla vita….E i pensieri li vediamo flessuosi, quasi come giunchi, e ci pare impossibile che il pensare possa anche essere odio e rabbia”.
Occorre creare quindi le condizioni per cui il singolo giunga a formulare un pensiero nei seguenti termini: “Quando pensi di correre il rischio che una persona ti possa nuocere, evita di attribuirle istantaneamente la colpa, ma domandati innanzitutto da quanto tempo eri alla ricerca di un simile individuo.” Ovvero, “convertire ad una pienezza di senso gli eventi accidentali, offrendo un’idea di fondo capace di elevare dalla loro letteralità i fatti grezzi.”
In definitiva possiamo fare nostro il titolo di un noto libro di Arrigo Levi e condividere il fatto che la vecchiaia può attendere in quanto, se da un lato non può essere negata la portata generale del fenomeno, dall’altro va colta nella sua articolazione soggettivata sul singolo, la vecchiaia infatti appare fortemente orientata da una significativa impronta sai individuale che sociale.
Vorremmo in definitiva ribadire, con la determinazione che può essere la risultante delle tesi espresse, le nostre convinzioni intorno al binomio pensionamento/ invecchiamento. I due termini non sono un binomio e proporli come sinonimi rappresenta una ulteriore forzatura che non risponde a dati di realtà.
Se vengono riproposti in quei termini, ciò dipende anche dalla presenza di qualche rigidità sociale e culturale.
Rispetto alla difficoltà che questo cambiamento induce nelle persone, riconoscendone tutto il peso e la “verità”, siamo in grado di indicare la necessità di un intervento mirato che ponga i singoli nella condizione di poter guardare, leggere le caratteristiche e i contenuti del disagio, e contenerne, quindi, gli effetti negativi.
Dobbiamo quindi, da un lato lavorare all’approfondimento dei problemi legati al passaggio per meglio conoscerlo, in quanto: “conoscere, è anticipare non percepire.” socializzazione delle esperienze operative attraverso il quale aumentare la circolazione delle idee rispetto ad un tema che riveste un’importanza fondamentale nella vita delle persone. anziani-felici
I criteri di individuazione e lettura del fenomeno “invecchiamento” insieme ai contenuti del passaggio dal lavoro alla pensione, non possono essere solo evocati con un approccio meccanico e demonizzante. Per altro non sono accettabili schemi di lettura che tenderebbero semplicisticamente a relegarli nell’ambito di tesi quasi esclusivamente commerciali. Occorre uno sforzo che permetta una diversa lettura sociale, individuale e culturale di questi temi.
In definitiva appare fondamentale la costruzione e l’attivazione di un approccio operativo che generi una prevenzione possibile rispetto ai problemi emergenti e che, sfuggendo alle ipotesi onnipotenti, attivi strumenti e metodiche scientifiche (ma di sensibilità relazionale) che consentano il miglioramento della qualità della vita dei singoli (pre-pensionati, pensionandi e pensionati) e del loro ambiente sociale.

(fine)

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