“Occorre avere il buon senso di non aver senso comune”
(Carlo Belli – Kn il vangelo dell’arte astratta -1935)
A proposito di senso comune, si sa che la locuzione è intesa dalla Filosofia in polemica con il razionalismo, lo scetticismo e l’idealismo. Come una capacità ‘originaria’ dell’uomo in grado di riconoscere in modo immediato, ricorrendo all’uso della ‘ragione naturale’, i fondamentali principi del conoscere (per es. l’esistenza di una realtà esterna), dell’agire morale (per es. il principio della libera volontà), del credere religioso (per es. l’idea di Dio).
L’espressione senso comune può però generare confusione se la si considera come un sinonimo di buon senso quando in effetti nei due comportamenti ispirati da quei principi vi è una diversa valenza: il senso comune cioè “un giudizio senz’alcuna riflessione, comunemente sentito da tutto un ordine, da tutto un popolo, da tutta una nazione o da tutto il genere umano”.
Può essere valutato positivamente se lo si intenda con il significato che ad esempio gli attribuiva Thomas Reid (1710-1796), della scuola filosofica scozzese, che opponeva alla scetticismo di David Hume “l’evidenza del senso comune”.
Nelle tradizioni antiche il fatto che certe convinzioni fossero condivise da un gran numero di uomini costituiva una garanzia della loro verità.
Questo atteggiamento veniva definito con la locuzione “consenso universale” o “consensus gentium” –“consenso delle genti, dei popoli” – che si ritrova per la prima volta nello stoicismo come dimostrazione di verità.
Ai nostri giorni… invece quale significato assumono le due locuzioni?
Il senso comune va generalmente inteso con un valore negativo come il risultato di un ingenuo e acritico approccio a questioni affrontate superficialmente e sbrigativamente date per risolte.
In questo caso il giudizio comune si presenta spesso come ‘falso’ se messo alla prova del sapere scientifico e specialistico.
Questo considerazione svalutativa si ritrova anche nei primi filosofi greci e nella filosofia moderna.
Altra cosa è invece il buon senso inteso come la capacità di giudicare con equilibrio e ragionevolezza una situazione, comprendendo le necessità pratiche che essa comporta.
Con questo significato di uso operativo della ragione il buon senso era e sarebbe ancora capace di resistere anche a pretese considerazioni di tipo scientifico che invece vengono ormai, sempre più …fatte prevalere.
Per dirlo con garbo, di questi tempi: “il senso comune sembra prevalere in quanto il buon senso, che già fu capo-scuola, ora in parecchie scuole è morto. Ucciso, per veder com’era fatto”.
Così, il buon senso, appartenendo ormai a pochi può succedere e di solito accade, che questi pochi si ritraggano di fronte al senso comune, ovvero al giudizio di una più estesa maggioranza che la pensi diversamente e che faccia quindi prevalere una ‘falsa’ opinione.
Manzoni già scriveva nei Promessi Sposi, cap. 32: “Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”.
Volete saperne di più… e quindi secondo i “fondamentali principi della ragione naturale”, conoscere tutto a riguardo della questione?
Rapidamente un po’ di storia della Filosofia. Premettendo che: oggi il pensiero umano e la sua evoluzione è lasciato quasi unicamente alle questioni del “disagio psicologico” delle persone di fronte alle difficoltà della vita.
“Psicologia” come scienza principale e unico strumento dello studio del pensiero umano, mentre la “Filosofia” è abbandonata e accantonata come scienza colta …non più utile all’insegnamento del “vivere la vita”.
Andiamo al dunque.
In Filosofia la locuzione usata da Aristotele ‘senso comune’ (κοινὴ αἴσϑησις, sensazione comune) vuole indicare quella percezione che unifica i dati sensibili. Aristotele infatti usa l’espressione riferendola ai sensibili comuni come la figura, il numero, la grandezza, ossia termini connessi a quelle caratteristiche che noi ritroviamo in ogni nostra sensazione che, per quanto diversa nei suoi contenuti, avrà sempre un oggetto reale di riferimento, come una figura o un numero.
Di senso o sensorio comune parlano anche gli ‘Scolastici’, quali ad esempio San Tommaso d’Aquino (Commentario al De anima) intendendolo come quella facoltà dell’anima che assolve a diversi compiti: mettere a raffronto il contenuto dei diversi sensi (se ad esempio ciò che ho sentito corrisponde a ciò che vedo); unificare i contenuti sensibili in un’unica percezione (ad esempio: il colore e l’odore unificati nel gusto di un’arancia); riferire ogni sensazione alla coscienza del sentire (non di tutte le sensazioni noi siamo coscienti).
Questa attività che San Tommaso riferisce all’anima, la si ritrova nello ‘Stoicismo’ e, attraverso questo, nella filosofia di Cicerone che opera una sintesi eclettica dei dibattiti che si erano creati, a proposito di questo concetto, tra gli stoici e gli epicurei, arrivando a un nuovo significato del senso comune: secondo il suo pensiero il termine ha valore di “consenso universale”, ossia quelle concezioni ritenute vere dalla universalità degli uomini.
Il senso comune è stato quindi studiato e “filosofato” da Cicerone, Cartesio, Buffier, Hume* a Thomas Reid: questi ‘filosofi’ hanno usato questo termine, attribuendogli significati non sempre coincidenti; fra essi ci sono anche: Locke, Moore** e Gramsci, per arrivare sino all’uso ‘tecnico’ che Thomas Reid fa di questa espressione.
Durante l’Illuminismo scozzese, Thomas Reid (1710-1796) aveva scritto una Ricerca sulla mente umana in base ai principi del senso comune, pubblicata nel 1764. L’opera era composta sulla base di appunti e idee che il filosofo di Aberdeen, andava elaborando da tempo.
Thomas Reid recuperava il significato del concetto dal sensus communis di Cicerone attraverso le opere del francese Claude Buffier.
Quest’ultimo aveva parlato di sens commun in polemica con il razionalismo cartesiano che aveva trattato del senso comune, riferendolo, nella parte introduttiva del ‘Discorso sul metodo’, a quella “sana ragione” che, se ben applicata, risolve i problemi dell’esistenza quotidiana: “Il buon senso è la cosa nel mondo meglio ripartita, ciascuno infatti pensa di esserne ben provvisto, e anche coloro che sono i più difficili a contentarsi in ogni altra cosa, per questa non vogliono desiderarne di più. Né è verosimile che tutti s’ingannino; anzi ciò dimostra che la facoltà di ben giudicare e di distinguere il vero dal falso (ch’è propriamente quello che si dice buon senso o ragione) è eguale per natura in tutti gli uomini…” (Renè Des-Cartes Discorso sul metodo, a cura di A.Carlini, Laterza Bari 1963).
Non vi sembri troppo ‘tecnico-teorico’, ma, è necessario osservare che l’utilizzo dell’espressione buon senso, per tradurre il termine inglese common sense, non è corretto. E’ probabile che questo errore provenga dal doppio significato della frase common sense, che per Reid è un ‘technical term’, vale a dire, una frase con un significato specifico riferito al contesto in cui viene utilizzato.
Nell’accezione utilizzata da Reid, common sense non è il buon senso, ma il legame sociale che permette alle persone di ragionare e di capirsi. La filosofia ‘commonsensista’ reidiana si pone quindi in opposizione alle conclusioni scettiche della filosofia di David Hume, secondo il quale la conoscenza empirica non potrà mai darci logicamente nulla di certo, essendo sostanzialmente basata sulle sensazioni contingenti. Reid infatti recupera i principi “solidi” presenti nel senso comune di tutte le persone, contro lo scetticismo radicale attribuito a David Hume.
La filosofia di Reid eserciterà immediatamente un grande influsso, a livello internazionale, sulle altre teorie filosofiche: la Francia è uno dei primi paesi ad accogliere la dottrina del senso comune, e grande diffusione si avrà pressoché immediatamente nei neonati Stati Uniti d’America, dove diventa la prima filosofia delle Università e dei ceti colti.
La filosofia del senso comune contribuirà inoltre al pragmatismo americano, e sarà recuperata da Moore nella sua polemica nei confronti di quelle tesi filosofiche, come ad esempio quelle che negavano la realtà del tempo, che siano contrarie a quei fatti che il senso comune riconosce come reali e veri.
Ma veniamo (direte: finalmente…) al senso comune nel pensiero odierno.
Nelle scienze psicologiche e filosofiche moderne, riferirsi al senso comune equivale ad accettare posizioni “pregiudiziali irriflesse”, ossia a prendere acriticamente per vera un’opinione o un “sapere” che hanno solo il merito di essere diffusi.
Ad esempio, l’antropologo Clifford Geertz (1926-2006) definisce il senso comune come un “sistema culturale” che: “può variare drammaticamente da un popolo a un altro”, spezzando così il carattere di universalità che alcuni connettono al concetto, mettendo così utilmente in crisi ogni atteggiamento etnocentrico.
Anche la tradizione sociologica è molto critica nei confronti del senso comune, giudicandolo al pari di una forma di conoscenza inferiore al sapere scientifico.
Émile Durkheim (1858-1917) lo associa a delle premonizioni, mentre Pierre Bourdieu (1930-2002) lo assimila a delle “evidenze immediate e spesso illusorie”.
Epistemologi, sociologi, antropologi e storici della scienza, infatti, distinguono dal senso comune il rigore del metodo scientifico, che non si eserciterebbe se non dopo un “taglio radicale” con il senso comune vigente in un tempo e in un luogo dati, cioè con la cosiddetta rottura epistemologica.
In ogni caso, il senso comune è preso in seria considerazione, soprattutto da un punto di vista critico, dalla filosofia contemporanea di tradizione “tomistica” dei teorici Jacques Maritain e Étienne Gilson, dalla scuola ermeneutica di Hans-Georg Gadamer e Luigi Pareyson e da quella analitica di Ludwig Wittgenstein e Donald Davidson.
Inoltre, il senso comune è al centro del sistema di “logica aletica” proposta da Antonio Livi, su cui questo autore ha incentrato il fondamento epistemico di ogni forma di conoscenza, basata sul metodo della “presupposizione” e sul “principio di coerenza”.
“Il senso comune uccide il pensiero, la creatività, la vita, la riflessione, il buon senso. Il senso comune è il luogo peggiore in cui trovarsi, perché ti assopisce in schemi abituali di riferimento, in sistemi di credenze e comportamenti acquisiti di cui non ci si rende conto. Chi si nutre di quel tipo di pensieri è spacciato! Non ha via di scampo, se non limitarsi a vivere una vita come semplice passaggio di corsa sulla terra. Un vaccino per il virus endemico del senso comune? Sii anticonformista, un obiettore, un ribelle. Il mondo ha bisogno di trasfusioni massicce di intelligenza attiva” (Gianluca Magi – I 64 Enigmi).
Concludendo: il pensiero umano oggi vive di continue “sostituzioni” e non già di continue “evoluzioni” …addirittura oggi si sostituisce una ‘scienza’ con un’altra ‘scienza’ (es. Filosofia con Psicologia) dimenticando un criterio basilare dell’evoluzione umana che è la “interdisciplinarietà” delle scienze stesse.
Il rischio che corriamo è grave… far prevalere il ‘falso’ sul ‘vero’ …scambiando ragione e logica dei pensieri umani per un “comune senso” che permette alle persone di ragionare e di capirsi. Scordandosi che il “senso comune non è il “buon senso” e che non sono affatto sinonimi…
Occorre quindi ricordarsi sempre che alla fine anche: “a proposito di senso comune, la questione è di buon senso”.
Note:
*Va comunque ricordato che lo scetticismo di Hume non viene comunemente considerato radicale, e che egli stesso, in alcune pagine del suo Trattato sulla natura umana, fa riferimento al “buon senso comune”.
** ”Se il tempo non fosse qualcosa di reale” dice Moore, “…dovrei negare che oggi ho fatto colazione prima di pranzare? Il common sense, il buon senso ne sarebbe oltraggiato”.
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