Come essere felici anche di questi tempi…

In un periodo in cui l’incertezza regna sovrana, gli indici economici continuano di fatto …la loro discesa, così come quando nella nostra vita personale e professionale non riusciamo a raggiungere ciò che desideriamo, come facciamo a sentirci felici e speranzosi?

Perché quando tutto va bene è relativamente “facile” stare bene e provare emozioni di felicità, gratitudine e soddisfazione… ma quando le cose non vanno bene, come si fa?

Già è tanto restare a galla senza affondare nella depressione, nell’apatia, nella disperazione…

Prenderci la responsabilità di ciò che siamo, che pensiamo e sentiamo è l’unica via possibile per riacquisire la nostra libertà e recuperare il controllo della nostra vita, anziché farla continuamente sballottare tra le onde del mondo esterno.

Sono numerose le ricerche che dimostrano come la felicità non sia legata a fattori oggettivi come: reddito, livello educativo, condizioni di salute.

Piuttosto la felicità di un individuo dipende in larga misura dal suo stile di pensiero. Secondo la Prof. Sonja Lyubomrsky, dell’Università della California, tra i fattori che influenzano la felicità personale solo il 10% è legato alle circostanze esterne, mentre almeno il 40% dipende dall’approccio individuale.

Se la felicità infatti dipendesse da “fatti oggettivi”, tutti davanti alla medesima situazione avrebbero una reazione simile. Invece è ben noto che persone diverse reagiscono in maniera diversa ad uno stesso evento.

Cosa fa la differenza?

Il significato che si attribuisce all’evento, il modo in cui si interpreta l’evento stesso e il proprio rapporto con esso. Quando un evento accade, infatti, valutiamo immediatamente l’impatto che questo ha su di noi e la nostra capacità di reagire ad esso. Tanto più percepiamo noi stessi “lontani” dall’evento, tanto più resteremo sereni ed equilibrati. Per questo si dice che è importante distaccarsi dall’evento, prenderne le distanze (fisiche ma soprattutto psicologiche) per poter vedere le cose nella loro giusta dimensione ed avere la lucidità e la serenità necessarie per affrontarlo in modo positivo. Inoltre tanto più saremo consapevoli delle nostre risorse interiori (energia e abilità) e convinti di essere in grado di usare queste risorse, tanto più ci sentiremo sicuri di noi stessi – come dicono gli inglesi: “self-confident” – e saremo efficaci nella nostra risposta.

Prenderla quindi con … filosofia!

Nell’antica Grecia, la felicità era strettamente connessa all’aretè, la virtù degli “eroi” e degli uomini “nobili”, intesa come dominio di sé, capacità di auto-gestione e auto-realizzazione. Essere virtuosi, secondo l’ideale ellenico della Kalokagathia, che rappresentava la perfetta unione tra bellezza esteriore e moralità interiore, voleva dire non cedere facilmente alle passioni ed ai condizionamenti esterni, ma riuscire a governare sé stessi per agire rettamente.

Secondo il filosofo italiano Salvatore Natoli, la felicità è una capacità espansiva della vita che tollera anche il dolore. Essere felici significa “dire sì alla vita”, essere aperti all’esperienza e capaci di accogliere sé stessi, gli altri e il mondo esterno in un’esperienza di “sintonia”.

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Esistono fondamentalmente due forme di felicità: Eutukia, che è un’esperienza momentanea, non determinata dalla propria volontà, che dopo un acme subitaneo, tende a scomparire velocemente. Eudaimonia, che è legata ad una felicità stabile in quanto significa avere un “demone” buono, una guida interiore che conduce alla saggezza, alla cura e alla valorizzazione di sé.

Il contrario della felicità, secondo Natoli, non è il dolore, bensì la noia, il senso di sazietà che ci appesantisce, ci ferma nella nostra ricerca, ottunde i nostri sensi e non ci fa vedere la bellezza che è nel mondo. Se perseguiamo la felicità non possiamo annoiarci né impigrirci, perché siamo curiosi, desiderosi di apprendere, capaci di “guardare in modo straordinario ciò che è ordinario”.

Secondo la spiritualità orientale la felicità consiste in uno stato interiore di benessere e di armonia con l’universo, che si raggiunge attraverso la pratica del non attaccamento alla realtà materiale ed anche alla propria mente, che causano la sofferenza. Questo stato corrisponde al concetto di Mindfulness, che consiste in uno stato di attenta consapevolezza del qui e ora, di apertura mentale, di calma, di accettazione di sé e del mondo esterno.

La visione statica della felicità, fondata sul presente è in (apparente) contrasto con quella occidentale che la collega al porsi obiettivi futuri e al raggiungimento del successo. Ma a mio avviso vivere il presente e costruire il proprio futuro non sono in contrapposizione, ma anzi solo se portati avanti di pari passo, possono darci equilibrio e felicità.

Se ci aspettiamo che tutta la nostra felicità dipenda dal raggiungimento o meno di un determinato obiettivo, non solo lo viviamo con ansia e andiamo incontro ad un maggiore rischio di fallimento e di successiva frustrazione-depressione, ma ci perdiamo la bellezza del presente per un futuro che, per definizione, non-è-ancora, che è soggetto all’imponderabile.

Se ci gustassimo solo il presente acquisiamo saggezza, equilibrio, serenità, ma ci mancherebbe quell’energia, quell’entusiasmo che dà l’immaginare, il progettare e il realizzare le nostre passioni e i nostri sogni.

Quali sono quindi, gli ingredienti della felicità?

Per quanto, a mio avviso, non esista alcuna “ricetta della felicità”, è possibile comprendere bene quali siano gli ingredienti che la compongono: Mindfulness: Significa vivere immersi nel presente piuttosto che tra i ricordi (piacevoli o dolorosi che siano) del passato e le aspettative del futuro.

“Ogni volta che sei consapevole e capace di vivere qui e ora,
hai l’occasione di toccare con mano la felicità“

(Thich Nhat Hanh – monaco buddista)

Accettazione: Fare pace con noi stessi e con il mondo che ci circonda…”tenerlo tra le mani”, ci consentirà di avere quell’equilibrio e quell’energia che ci permettono di evolvere anche il nostro “mondo interiore” e cambiare quello …esteriore.

il mondo nelle mani

“Che io possa avere la forza di ambiare le cose che posso cambiare, che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare, che io possa avere soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere”

(Tommaso Moro)

Focus sugli aspetti positivi: Se ci concentriamo su ciò che abbiamo anziché su ciò che ci manca staremo senz’altro meglio e, secondo la legge dell’attrazione, riusciremo anche ad attrarre ciò che ci piace e che desideriamo veramente. Per farlo, possiamo dedicare del tempo a riflettere sui motivi per cui essere grati, ad esempio scrivendo un diario personale in cui descrivere le proprie emozioni e tracciare futuri obiettivi.

Cura di sé e crescita personale: Vuol dire prenderci la responsabilità di curare il nostro corpo e la nostra mente, di coltivare il nostro giardino interiore, di sviluppare le abilità e di accrescere le nostre competenze. Significa esprimere noi stessi e realizzare le nostre potenzialità, attraverso l’impegno e l’azione.

Disegno del nostro futuro: Essere consapevoli della nostra capacità di cambiare noi stessi e creare la vita che vogliamo, porta a perseguire obiettivi di vita significativi. La condizione essenziale per essere felici, però, è non focalizzarsi solo sulla meta ma godersi ogni momento del viaggio.

Impatto sugli altri: La felicità per sua stessa natura è contagiosa e si amplifica quando viene condivisa.
“La gioia traspare dagli occhi, si manifesta quando parliamo e camminiamo. Non può essere racchiusa dentro di noi. Trabocca. La gioia è molto contagiosa”
(Madre Teresa di Cacutta)

Inoltre praticare l’altruismo e la gentilezza verso gli altri fa contenti non solo gli altri ma anche noi stessi!

La felicità è un profumo che non puoi versare sugli altri,
senza ritrovarti con qualche goccia addosso”

(Og Mandino)

 

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