Covid-19: AstraZeneca, il lato positivo della grande confusione dell’euro-casino sui vaccini è la salutare lezione sull’infodemia, che ne consegue…

“Covid non è la storia di un’epidemia, ma di due”. E’ l’incipit di un bell’articolo scritto a quattro mani da Daniele Manca e Gianmario Verona sul Corriere della Sera di oggi. I due giornalisti ricordano che attaccava così anche un articolo di David J. Rothkopf nel 2003 sul Washington Post. Al posto di Covid c’era un’altra parola: Sars. Quel pezzo fece storia. Era intitolato «When the Buzz Bites Back», traducibile più o meno con: “Quando le dicerie (le voci, i pettegolezzi) ti si rivoltano contro”. L’articolo di Manca e Verona continua: «In quell’inchiesta il politologo e giornalista coniava un termine che oggi noi usiamo correntemente: infodemia. La contrazione tra informazione ed epidemia. La spinta a scrivere l’articolo in questione veniva dal fatto che le informazioni sulla Sars si erano diffuse molto più velocemente dell’epidemia stessa. Informazioni basate su false voci e notizie non affidabili che avevano portato a sopravvalutare gli effetti della sindrome acuta respiratoria grave. Quanto oggi il Covid sia invece pericoloso ce lo ricordano drammaticamente le centinaia di morti che nel nostro Paese siamo costretti a registrare quotidianamente. E che ieri nella giornata a loro dedicata abbiamo celebrato solennemente nella città martire di Bergamo alla presenza del premier, Mario Draghi». Orbene, come non riconoscere nella vicenda europea sulla sospensione del vaccino AstraZeneca quanto accadde negli anni della Sars. Solo che questa volta ci sono di mezzo i governi, i decisori. Nemmeno loro esenti dall’infodemia che, diffusa prima tra i cittadini, è arrivata a spingere buona parte dei leader europei a sospendere per alcuni giorni l’immunizzazione della popolazione attraverso il preparato della società anglo-svedese. Ieri l’agenzia europea sui farmaci, l’Ema, ci ha detto che il vaccino è «sicuro ed efficace». E oggi in Italia si riparte… L’accaduto ci dà la misura di quanto sia insufficiente la consapevolezza, a qualsiasi livello, della profonda trasformazione operata da quel protocollo di comunicazione che chiamiamo Internet. L’infodemia (vedi il libro di Lelio Alfonso & Gianluca Comin “#zonarossa il Covid-19 tra infodemia e comunicazione) opera come una qualsiasi malattia nel corpo umano: insinua il virus, il contagio virale ed esponenziale di una informazione bacata che infetta il sistema informativo e lo rende succube di una notizia imperfetta, che il telefono senza fili del web trasforma in poco tempo in verità assoluta. Perché, a differenza del telefono normale, che nella vita analogica ha almeno sei gradi di separazione con relativi ritardi, quello senza fili della Rete è immediato e senza soluzione di continuità. L’infodemia è figlia di Internet, la tecnologia che con tutti i suoi pregi e difetti ci lega ogni giorno per ore al cellulare sui meme che ci fanno ridere, sui commenti degli hater che ci fanno disperare, e che non è ancora riuscita a trovare un antidoto ai problemi endemici che la caratterizzano. Si può palesare soprattutto quando succede qualcosa di importante a livello globale. La abbiamo vista alla prova durante Brexit e le elezioni americane del 2016. La forza di cui si nutre è il creare inutili contrapposizioni, per poi arrivare a sentenze assolutistiche… C’è il Covid, è giusto stare chiusi o rimanere aperti? È inutile chiudere, anche se le terapie intensive stanno tracimando e i dati sul contagio dimostrano che siamo vicini al collasso?». L’infodemia favorisce l’approccio al mondo fatto di bianchi e neri, senza grigi, ha sempre una risposta semplice a qualsiasi problema complesso. Vax o No vax? Fino ad arrivare a conclusioni catastrofiche come: lo sai che se ti vaccini alimenti solo il fatturato delle multinazionali farmaceutiche e ti inietti qualcosa che rende il tuo organismo nel tempo soggetto a patologie croniche? E quando si parte con la vaccinazione ecco arrivare alle domande che di scientifico non hanno niente ma alimentano il dubbio che ha insita la (semplice) risposta: vaccino di serie A o vaccino di serie B? Alcuni vaccini sono meglio di altri? Scientificamente impossibile stabilirlo a pochi mesi dal lancio sul mercato… Ecco che se la malattia è la l’infodemia, una corposa conoscenza dei problemi è la sola cura. Capire come si diffonde, quali ne sono i meccanismi profondi. Non sappiamo se si riuscirà a neutralizzarla. Di sicuro è una partita che non possiamo non giocare. Tutti noi, cittadini semplici, politici e governanti, abbiamo difficoltà a distinguere tra percezione e realtà. Abbiamo quindi bisogno di vaccinarci con dosi di razionalità informativa. Nutrendoci di scienza che parla di fatti e che illustra i dati a fronte delle opinioni… Ma veniamo al vaccino AstraZenica. Forse adesso dopo la grande confusione dell’euro-casino sui vaccini l’abbiamo capito: “per sconfiggere il virus avremo bisogno di conoscenza, di tolleranza e pazienza e anche di disponibilità a riconoscere gli errori e a correggerli, rovesciando un’inveterata tendenza a correre per aggiustarci le norme di sicurezza e persino le leggi della fisica pur di non fare i conti con la realtà… Dopo giorni di psicosi, panico, incertezza, sospensione della campagna di vaccinazione praticamente in tutto il continente, l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha ripetuto quello che aveva detto sin dall’inizio, e cioè che AstraZeneca è un vaccino sicuro. Ora stop all’‘infodemia’ e prima di saltare alle conclusioni, fermiamoci un attimo e fate questo piccolo esperimento mentale: cosa avremmo detto a parti rovesciate, se cioè AstraZeneca fosse stato un vaccino prodotto a Bruxelles, e fosse stata la Gran Bretagna di Boris Johnson – invece che l’Europa di Angela Merkel, Emmanuel Macron, Mario Draghi – a sospenderne la somministrazione, dopo che noi lo avevamo già utilizzato con successo e senza problemi su milioni di persone, abbattendo il numero dei morti, dei malati e dei contagiati, e continuavamo a farlo allegramente? Non so voi, ma io ne avrei tratto la definitiva conferma di tutte le mie convinzioni sui guasti del populismo, la tragedia della Brexit, l’incoscienza di Johnson e l’incommensurabile superiorità del modello di leadership razionale e responsabile incarnato dai principali capi di governo europei, uscito vincitore alla prova dei fatti. Il problema, mio e di chi condivida con me tali convinzioni, è che le cose sono andate al contrario, perché alla fine dei conti il reale non è sempre così razionale, purtroppo. Comunque la si pensi sull’opportunità o meno della sospensione, sul significato e l’interpretazione di un principio di precauzione che rischia di causare molti più lutti del peggiore degli scenari da cui dovrebbe cautelarci, l’unico vantaggio che forse possiamo trarre da questa vicenda è perlomeno una grande lezione di umiltà. Perché per riprendere le vaccinazioni e sconfiggere il virus senza farsi travolgere da psicosi, irrazionalità e fanatismi di ogni genere, antipolitici e antiscientifici, il governo Draghi avrà bisogno soprattutto di questo: gigantesche riserve di umiltà e di pazienza, disponibilità a riconoscere gli errori e a correggerli, rovesciando un’inveterata tendenza ad aggiustarci le situazioni pur di non fare i conti con la realtà. Vedi l’ultimo clamoroso avanti e indietro dell’Istituto superiore di sanità, secondo cui, considerando la forza delle nuove varianti, quando al ristorante ci si abbassa la mascherina bisognerebbe tenere due metri di distanza, come se fino a ieri ne avessimo mantenuto uno, o anche solo mezzo (lo abbiamo fatto per circa due settimane, appena usciti dal lockdown, nella famosa “fase 2”, e poi basta). Per non parlare del fatto che non appena i ristoratori hanno cominciato a protestare – giustamente, dal loro punto di vista, essendo un anno esatto che li prendiamo in giro – ecco che dall’Istituto superiore di sanità hanno fatto sapere che il loro era solo «un invito». È un anno che assistiamo a questo genere di balletti, dai ristoranti ai trasporti, dalle scuole alle discoteche. Se davvero quello attualmente in carica è il governo dei migliori – e personalmente, se il termine di paragone sono i governi precedenti di questa legislatura, non ho il minimo dubbio in proposito – ebbene, è tempo che lo dimostri. Il governo Draghi sembrerebbe avere già fatto passi avanti, mettendo mano con decisione a molti dei punti dolenti della precedente gestione della pandemia, specialmente sul fronte più urgente, cioè quello della campagna di vaccinazione. Resta ancora da raddrizzare, invece, tutto il resto a partire dal capitolo del tracciamento e della sorveglianza, a cominciare dal clamoroso fiasco di Immuni (attendiamo fiduciosi). Ma proprio quanto accaduto su AstraZeneca ci ricorda che nella lotta al Covid non possiamo permetterci il lusso di puntare tutto su un solo numero e dobbiamo avere la forza di fare sempre i conti con lo scenario peggiore. Il vero principio di precauzione di cui abbiamo bisogno è questo…

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