Draghi: vuole andare al Quirinale o resterà a Palazzo Chigi? In conferenza stampa il presidente del Consiglio ha parlato dei contenuti del decreto, senza rispondere alle domande sul Colle. Fioccano così le varie interpretazioni: “Altro che Quirinale, Draghi ha ripreso in mano il governo dimostrando che è alla guida di un esecutivo «che nonostante tutto va avanti bene» ha quindi rinunciato al Colle…

Il clima sembra quello delle sedute psicanalitiche… i commentatori sulla conferenza stampa di Mario Draghi dell’altro ieri continuano a girare su un interrogativo che non ha ancora trovato una definitiva risposta: Draghi è in campo per il Quirinale o vuole restare a Palazzo Chigi? Nella conferenza stampa i cronisti non hanno scalfito il muro eretto dal premier («Non risponderò a domande sul Quirinale», aveva esordito), restando al merito delle questioni, la vaccinazione, le scuole aperte, la ripresa. La sensazione è che il presidente del Consiglio abbia voluto e saputo riacciuffare il bandolo di una matassa che si è ingarbugliata tra i problemi reali del Paese e la corsa al Quirinale (che, ormai è chiaro, significa essere decisiva per la sorte del suo governo). Niente, bisogna prendere atto che la situazione è di estrema delicatezza, e che per questo Draghi non dirà mai «non andrò al Colle» né il suo contrario, lui lo sa bene che in fondo poco importa cosa egli desideri veramente nel suo intimo… l’ha anche detto con chiarezza nella precedente conferenza stampa quella del 22 dicembre ultimo scorso: “Fondamentale per l’azione di Governo è stato il sostegno delle forze politiche, i miei destini personali non contano assolutamente niente. Io non ho particolari aspirazioni di un tipo o dell’altro, sono un uomo o, se volete, un nonno al servizio delle istituzioni”. Parole per me inequivocabili… ma che soprattutto Salvini e la Lega hanno voluto utilizzare per indebolire il Premier e rilanciarsi politicamente… Draghi deve restare a Palazzo Chigi e al Quirinale ci deve andare un uomo di centrodestra (non per forza Berlusconi). Doppio l’obiettivo prendersi il Quirinale con un uomo d’area… e avere un governo Draghi tenendo il Premier al guinzaglio dei partiti… o meglio del suo partito. Berlusconi si è infilato rapido nella partita autocandidandosi per essere lui il nuovo Capo dello Stato… e costringere Lega e Fratelli d’Italia a onorare la mezza promessa fatta a suo tempo di sostenerne la candidatura… A guardar bene… è stata questa “mossa del cavallo” che salta sulla scacchiera politica, che ha portato quale candidato ideale per il Colle Mario Draghi… unico ad avere una maggioranza ampia di quasi totale unità nazionale che unifica il Paese… La pretesa della Lega e di Berlusconi è che sia Draghi a rinunciare al Colle accettando di stare a Palazzo Chigi. Ma poi, come potrebbe dire – non solo lui, ma chiunque – «non voglio andare al Quirinale?» E se tutto il Parlamento te lo chiede, che fai? Tuttavia, parliamo di un’ipotesi ormai poco realistica, e non solo perché i parlamentari sanno che con l’ex presidente della Banca Centrale Europea al Colle la Lega si sfilerebbe dalla maggioranza e si andrebbe così dritti al voto, ma soprattutto perché non c’è una sola forza politica di centrodestra che pare essere sulla linea di Draghi al Colle. Anzi, ieri da Silvio Berlusconi è arrivato informalmente una cosa che assomiglia a un ricatto: se Draghi sale al Colle esco dal governo. E la Meloni… a riguardo di Draghi al colle, aveva fatto intendere che l’avrebbe potuto votare solo se ciò avesse previsto l’andare a votare immediatamente. Ritorna così con una certa forza l’ipotesi del Mattarella bis, una possibilità che risolverebbe tutti i problemi e che non a caso è tornata a girare nel Palazzo considerando tutte le difficoltà (ivi comprese quelle legate al contagio e alla possibile malattia di molti Grandi elettori). In ogni caso ieri una nuvoletta è stata spazzata via: il premier al momento è al suo posto alla guida come ha detto lui di un «governo che va avanti bene» perché alla fine «c’è voglia di lavorare insieme a soluzioni condivise», per cui la mediazione, e in certi casi la ricerca dell’unanimità, è indispensabile. E perché? Presto detto: perché l’emergenza è tutt’altro che finita, malgrado serva avere «fiducia», soprattutto sulla base dei risultati sin qui ottenuti: e insomma che il 90% degli italiani sia vaccinato non è un risultato da poco. E anche sulla scuola, la decisione politica di tenerla aperta è addirittura «fondamentale per la democrazia» e decisivo per non accrescere le disuguaglianze: con tutte le criticità, è una decisione che va difesa. Mario Draghi, dunque, governa: nessuno deve giocare su una sua presunta “rilassatezza” perché con la testa è altrove. «Si dice che Draghi non decide più come prima», ha quasi ironizzato il premier riferendosi indirettamente a diversi commenti. Per sbuffare: «Beh, qui stiamo dando dimostrazione del contrario», dati alla mano. E in chiusura ha chiesto scusa, con aplomb britannico, per non aver tenuto una conferenza stampa la sera dell’approvazione del decreto: «C’e stata una sottovalutazione, da parte mia e di altri, delle vostre attese». Come a dire: scusate, non avevo capito che se non parlo io per voi è un problema… Quindi tutti attenti ai toni della conferenza stampa del premier… Pandemia il tema centrale… ma il dibattito come si vede continua a girare con toni sempre più paradossali sul quesito: “Per Draghi Colle o Palazzo Chigi?” E alcuni come detto hanno la pretesa che il Premier dica lui cosa vuole fare… Ma Draghi non lo farà… sa bene che il quadro politico è cambiato. Nelle scorse settimane ha avvertito chiaramente che non c’è più quel sostegno dei leader di partito della maggioranza più composita di sempre che è decisivo nei momenti complessi delle scelte di Governo. E lui ha fatto capire fino a che punto tollererà di camminare su una strada piena di buche, se costretto a mediazioni al ribasso, di do ut des e di accordicchi? Hanno detto che Mario Draghi era scappato dopo il Consiglio dei ministri, che «non ci aveva messo la faccia». E invece no. Mario Draghi non è uno che scappa. Venerdì scorso non poteva fare una conferenza stampa alle 22, quelle le faceva Rocco Casalino allestendo il cortile di Palazzo Chigi come un set cinematografico o una terrazza romana – mancava solo la musica e qualche tartina – e poi bisognava attendere la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale (e qui sì che hanno fatto qualche pasticcio) ma insomma alla fine l’incontro con i giornalisti si tiene: chi scappa? Il premier risponde alle obiezioni su un decreto che è parso, ed è, come sempre una mediazione, come accade in ogni governo di coalizione (perché obbligo di vaccinazione solo per gli over 50? Perché così ha voluto la Lega), una serie di norme che nell’insieme sono sembrate a molti confuse e scritte male. Anche se, infine, gli italiani una cosa l’hanno capita: che se vogliono avere una vita, date le circostanze, il più possibile normale devono vaccinarsi: questo è il messaggio arrivato, tanto è vero che le vaccinazioni si sono subito impennate. Certo ci sono vari problemi, il più importante è quello, molto serio, che riguarda le scuole. Il governo ha scelto di aprire, ma il caos regna sovrano, e vedremo se sarà stata un’opzione giusta oppure da rivedere. Molti sapientoni non tengono conto dell’evoluzione del virus che rende inevitabile un approccio pragmatico, da verificare a cose fatte: e si sbaglia pure, ci mancherebbe. È già successo e succederà, in una battaglia piena d’imprevisti rapidissimi come questa. Il premier ha spiegato. Difendendo le scelte. Ridando impulso all’immagine di un governo che negli ultimi tempi il centrodestra ha volutamente logorare dal punto di vista strettamente politico… Infatti, la salita che porta al Quirinale non è mai stata così contorta come questa volta. Si può dire che non ci sono precedenti. Mai si era visto un sistema politico così sconnesso – salvo le mascherature di facciata – e dei partiti che spesso sono solo delle sigle sotto le quali si nascondono clan e fazioni in conflitto tra loro. Quando il presidente Mattarella chiamò Draghi, ormai quasi un anno fa, si disse che le forze politiche avrebbero fatto tesoro della stagione dell’emergenza: la felice parentesi andava messa a frutto attraverso un rinnovamento profondo delle classi dirigenti, ma anche della cultura politica e dei programmi. Quasi nulla di quei buoni propositi è stato attuato. Benché Draghi affermi che il clima all’interno del governo continua ad essere buono, al di là delle discussioni. L’impressione è che le cose non stiano proprio così. È vero, tuttavia, che il prestigio del Presidente del Consiglio ha impedito fino ad ora che le tensioni deflagrassero. E oggi è sotto gli occhi di tutti che l’eventuale passaggio del premier al Quirinale creerebbe un’altra situazione senza punti di riferimento nel passato… Per cui chi vuole Draghi presidente della Repubblica deve porsi in parallelo il problema di quale governo dare al Paese nell’anno preelettorale. È questo il problema che Draghi ha posto con forza alla maggioranza che regge il suo governo. Sia che resti l’attuale maggioranza di semi-unità nazionale (assai improbabile dopo le uscite di Berlusconi e Salvini) sia che se ne debba costruire una su basi nuove, destinata – c’è da crederlo – a vivere clamorosi livelli di litigiosità interna… Senza dimenticare che il corollario del rebus è ancora la riforma elettorale: necessaria dopo il taglio dei parlamentari, ma tuttora fumosa tra i fautori del modello proporzionale, prevalenti, e gli irriducibili sostenitori del maggioritario. In assenza di una sintesi, l’intesa da cercare sul Capo dello Stato offre un’occasione irripetibile per far entrare la riforma nell’accordo quadro. Più facile a dirsi che a farsi, s’intende. Vedremo che succederà nei prossimi giorni… È sempre più evidente, del resto, che la debolezza del sistema richiede un’architettura di sostegno. Nell’ultimo anno l’equilibrio si è trovato grazie al binomio Mattarella-Draghi. Il primo ha avuto il coraggio di proporre, anzi d’imporre l’ex presidente della Bce al Parlamento. E Draghi si è avvalso della lealtà e del sostegno del capo dello Stato in ogni giorno del mandato. Ora non sembra una buona idea disfarsi del binomio in presenza di circostanze avverse: dalla pandemia all’attuazione del Pnrr alle riforme, alla stessa legge elettorale. L’asse Quirinale-Palazzo Chigi è idoneo alla condizione d’emergenza in cui ancora ci troviamo. Spezzarlo creerebbe nuovi rischi. Infatti, dicono molti, non ci si può permettere di perdere Draghi sia al Colle sia alla guida del governo. Trattenerlo a Palazzo Chigi per permettergli di completare il lavoro, significa individuare per il Quirinale una figura in grado di tutelarlo e magari consigliarlo in alcune scelte istituzionali… Non tutti i nomi che si fanno in questi giorni sono adatti allo scopo. Ecco perché il Paese potrebbe aver bisogno ancora di Mattarella, nonostante il suo personale desiderio di tornare alla vita privata. Accade talvolta che le istituzioni chiedano un sacrificio. E se non fosse Mattarella, il binomio dovrebbe appoggiarsi a un nome di indiscutibile autorità ed esperienza, così da creare un’immediata sintonia con il presidente del Consiglio… se non c’è in campo lui, la squadra funziona poco. È un dato di fatto. Che contraddice le speranze di chi pensava a un governo di tipo nuovo anche sotto il profilo appunto del gioco di squadra e dell’abilità dei singoli ministri, abilità che in diversi casi non si è vista, e non in settori secondari. Alcuni ministri sono letteralmente spariti, altri sembrano stanchi, con la testa già a nuove e più eccitanti avventure, è un bizzarro fenomeno di questi ultimi tempi, politici che salgono i gradini, arrivano a destinazione e si annoiano subito mentre agognano nuovi incarichi: ma ve lo immaginate un Carlo Donat-Cattin, un Emilio Colombo, un Antonio Giolitti “stanchi” di un incarico ministeriale? Ma tornando al problema politico del governo, il quadro è cambiato… non c’è quella spinta dei partiti – diciamo meglio, quel sostegno dei leader, che è decisivo. Dove sono l’appoggio di Enrico Letta, l’entusiasmo di Matteo Renzi, il controllato sostegno di Forza Italia? E quindi la domanda è: fino a che punto un uomo della caratura di Mario Draghi, che capisce benissimo la politica ma non è un politico, può tollerare di camminare su una strada scoscesa e piena di buche?

E’ sempre tempo di Coaching!

Se hai domande o riflessioni da fare ti invito a lasciare un commento a questo post: sarò felice di risponderti oppure prendi appuntamento per una  sessione di coaching gratuito

 

0

Aggiungi un commento