Economia: Il grande freddo torna su Italia e Europa… è deflazione?

L’Italia e l’Europa tornano in deflazione?
Nuova pressione sulle spalle di Mario Draghi: la Banca centrale europea si riunirà domani 10 marzo alla luce di questi dati – seppur preliminari -, che mostrano come il Vecchio continente si stia allontanando dall’obiettivo della Bce di portare i prezzi vicini al +2%. Le indicazioni di febbraio, invece, sono ben differenti.
Secondo l’Istat, dopo nove mesi l’Italia torna in deflazione con una variazione dei prezzi del -0,2% su base mensile e del -0,3% su base annua.
Il nostro “Belpaese” condivide il destino dell’Eurozona: secondo la stima flash dell’Eurostat, il tasso d’inflazione della zona con la moneta unica è del -0,2% mensile a febbraio, contro il +0,3% di gennaio, e del -0,3% annuo.
Il problema della deflazione. In una situazione di deflazione il denaro acquisisce valore: in soldoni quel che ieri si poteva acquistare con un euro diventa abbordabile per qualche centesimo in meno. Per il portafoglio dei cittadini potrebbe essere una bella notizia. Ma non è così per gli economisti. Innanzitutto a monte: significa che l’economia sta stagnando. In prospettiva ancor meno: i consumatori tendono a posporre gli acquisti, confidando nel ribasso ulteriore dei prezzi. Una conferma di questa tendenza è arrivata dai recenti dati di Unimpresa, secondo i quali sono aumentate le riserve depositate dagli italiani in banca: segno che i soldi non si trasformano in consumi, ma risparmio. I negozi e le aziende non riescono così a smaltire le scorte in magazzino, rallentando la produzione. L’unica condizione per trovare sbocchi sul mercato diventa quindi applicare degli sconti, con l’effetto a spirale di far scendere ancora più i prezzi, ridurre il proprio guadagno e di rimando quello dei loro operai. Così gli stipendi si fermano e con essi si congela tutto il motore dell’economia. Se poi si è fortemente indebitati, come accade per l’Italia, il quadro si tinge ancor più di nero: il debito si fa più pesante e il suo rimborso più complicato. inflazione deflazione
I prezzi di febbraio. Buona parte del rallentamento dei prezzi visto recentemente è dovuto al tracollo delle materie prime energetiche, con il greggio che tratta ai minimi da 12 anni a causa dell’eccesso di produzione e del calo della domanda. Ma non è solo l’oro nero a spiegare questa situazione. Nei suo dati preliminari, l’Istat sottolinea che il “forte” calo annuale dei prezzi di febbraio si spiega con una “dinamica congiunturale caratterizzata da cali dei prezzi diffusi a quasi tutte le tipologie di prodotto, che si confronta con quella positiva di febbraio 2015 quando, invece, tutte le tipologie di prodotto segnarono una ripresa dei prezzi rispetto al mese precedente”. Tra le altre voci in ribasso, la Coldiretti segnala il -11% dei prezzi delle verdure “che sta provocando effetti devastanti nelle campagne”. Se si escludono gli alimentari non lavorati e i beni energetici, la cosiddetta inflazione di fondo è sì positiva (+0,5%), ma bassa e in rallentamento rispetto al +0,8% di gennaio.

Altri due panieri significativi per la vita quotidiana delle persone sono ormai in rosso. Il “carrello della spesa”, cioè prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, diminuisce dello 0,1% rispetto a gennaio e dello 0,4% su base annua (a gennaio era +0,3%). In calo anche i prezzi dei prodotti ad alta frequenza di acquisto, -0,3% mensile e -0,8% su base annua (era +0,1% a gennaio).
I dati Eurostat e le sfide di Draghi. Come accennato, anche a livello di area della moneta unica si ripercorre la stessa dinamica italiana. Eurostat certifica un tasso del -0,2% a febbraio, contro il +0,3% di gennaio e il +0,2% di dicembre. L’ultimo segno negativo risaliva al settembre del 2015. Il dato rende sempre più probabile un nuovo intervento di espansione monetaria da parte della Bce: a Francoforte si attende l’aggiornamento delle stime macroeconomiche da parte dello staff di economisti dell’Eurotower. Il problema del governatore è che la leva dei tassi è già stata ampiamente attivata, portando il costo del denaro ai livelli minimi storici e per la prima volta il tasso sui depositi in terreno negativo: significa che le banche devono pagare una tassa implicita sul denaro che parcheggiano presso la Bce, che così le “invoglia” a metterlo in circolo. A questo si è aggiunto il piano d’acquisto di titoli di Stato da 60 miliardi al mese, che si è rivelato parimenti insufficiente per dare una vera sferzata ai prezzi. Ecco perché ormai tutti si aspettano ancora di più, con nuovi acquisti in rampa di lancio, ma sono tutti consapevoli che la politica monetaria da sola non riuscirà a scalfire il problema della deflazione.

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