Elezioni 2023: prevedibile una ulteriore grande astensione e ulteriori dubbi sull’ascesa della generazione “X” al potere… Chi sono costoro?

 prima parte…

Spesso in sociologia si usano etichette per indicare le diverse generazioni delle popolazioni… Generazione X è una locuzione diffusa nel mondo occidentale per descrivere la generazione di coloro che sono nati tra il 1965 e il 1980. Il termine è stato coniato dallo scrittore canadese Douglas Coupland. Fa seguito alla generazione dei baby boomers ed è seguita dalla Generazione Y… Il termine “generazione X” fu usato per un grande fotoreportage di Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, David Seymour, George Rodger ed altri fotografi della Magnum Photos. L’intenzione era quella di documentare nel 1953 la vita dei giovani tra i venti e i venticinque anni che avevano vissuto la Seconda guerra mondiale. Successivamente il termine fu usato nel 1964 in uno studio di Jane Deverson sulla gioventù britannica. Nel suo studio Jane Deverson condusse una serie di interviste con gli adolescenti del periodo. Lo studio rivelò una generazione di adolescenti che “dormono insieme prima del matrimonio, non credono in Dio, disprezzano la Regina e non rispettano i genitori”. Tuttavia, è solo con il romanzo di Douglas Coupland “Generation X: Tales for an Accelerated Culture” (1991), che l’espressione si diffonde e si stabilizza. Il romanzo è stato tradotto in italiano con il titolo “Interno giallo”, pertanto l’espressione ha impiegato ancora qualche tempo ad affermarsi. Generazione X o anche “generazione invisibile”. Dopo il baby boom del periodo 1946-1963, gli anni tra il 1964 e il 1979 videro una diminuzione delle nascite in Occidente. Questo ha fatto sì che la Generazione X fosse numericamente inferiore a quella dei baby boomers. Si è parlato anche di “generazione invisibile”, ovvero priva di un’identità sociale definita – da cui proprio il titolo di “X”. La sola analisi demografica mostra come quella «X» sia una generazione se non proprio schiacciata, quantomeno cresciuta all’ombra dei baby boomers la quale, essendo numericamente più consistente, ha finito per imporre – grazie anche a un significativo aumento della longevità – la propria visione del mondo e la propria centralità negli assetti di potere. La generazione X, insomma, sarebbe una generazione per certi versi ‘invisibile’, priva di un’identità sociale e culturale definita e costantemente esposta al rischio di subalternità rispetto alla precedente. Oggi hanno tra i 43 e i 57 anni, in Italia 14,3 milioni, di persone di cui circa 10 milioni nel mondo del lavoro. Oggi, tra loro: Matteo Renzi, Carlo Calenda, Enrico Letta, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Giuseppe Conte… La Generazione X viene così inquadrata nel periodo di transizione che va dal miracolo economico negli anni 1960 alla fine della guerra fredda nel 1989. Mentre la generazione dei baby boomer ha conosciuto l’ottimismo del dopoguerra, della ricostruzione e del “boom economico”, la Generazione X incrocia le contestazioni del Sessantotto, l’autunno caldo del 1969, la crisi energetica del 1973 e del 1979 con le relative politiche di Austerity – momento in cui è entrata nel vocabolario la parola ecologia. In Italia, ha visto i rapimenti del “terrorismo rosso” di matrice comunista e le stragi del “terrorismo nero” di matrice neofascista degli anni di piombo; in tutta Europa e in America del Nord ha assistito alla transizione da un’economia (e un’ideologia) di matrice keynesiana al liberismo e alla deregolazione voluti da Margaret Thatcher e Ronald Reagan, con una conseguente sempre maggiore “precarizzazione” del mercato del lavoro. Questo ha voluto dire che nel mercato del lavoro dell’Occidente, la Generazione X è quella che ha visto il passaggio da un contratto di lavoro stabile, che dava garanzie per tutta la vita, a una tipologia di lavoro cosiddetto “precario” senza garanzie. In Canada si è parlato a questo proposito di “generazione sacrificata” agli interessi dei baby-boomers. La Generazione X ha visto infine la caduta del muro di Berlino, il collasso dell’Unione Sovietica, la consacrazione degli Stati Uniti d’America come unica superpotenza mondiale e l’avvento di Internet. E più recentemente, la Pandemia Covid e oggi, la guerra russo-ucraina. A livello demografico, la Generazione X in Italia è nota per la cosiddetta “tattica del rinvio”. Se già i baby boomer avevano iniziato a rinviare la data del matrimonio, con la Generazione X questa tendenza tocca il suo apice, per cui chi si sposa ha mediamente più di trent’anni. Inoltre, la sequenza degli avvenimenti nell’arco della vita è sempre più “scompigliata”: mentre fino agli anni 1970 era normale studiare, poi trovare lavoro, poi sposarsi e poi fare un figlio, i membri della Generazione X sempre più spesso iniziano a lavorare prima di avere terminato gli studi, e possono avere un figlio prima di sposarsi. Verso la metà degli anni Ottanta i demografi anglo-americani iniziano a parlare di coppie Dink cioè dual income no kids (due stipendi senza figli) per indicare la scelta di alcune coppie benestanti di non avere figli. Questa scelta viene collegata alla cultura Yuppie, una forma di “rampantismo” sociale in voga appunto negli anni Ottanta. In nord Europa, la precarietà del lavoro si traduce in nuove sperimentazioni di autonomia giovanile: anziché sposarsi si va a convivere e ci si sposa magari dopo la nascita di un figlio. Si parla di partnership revolution, cioè rivoluzione nelle coppie, anche per indicare il fatto che le unioni diventano sempre meno stabili: si divorzia e si formano nuove coppie con famiglie patchwork con molta più facilità rispetto al passato. Questa, tuttavia, è una caratteristica principalmente dei membri della Generazione X del nord Europa. In Italia e nell’Europa mediterranea, il tratto caratteristico della Generazione X è quella di rinviare le scelte di vita rimanendo a vivere a casa dei genitori il più a lungo possibile, oltre i 30 anni. Inoltre, se si divorzia o si perde il lavoro, diventa normale tornare a vivere con i genitori per un certo periodo di tempo. Nel nord Europa, le famiglie incoraggiano ancora l’autonomia dei figli, che vengono supportati da politiche sociali solide. Nell’Europa mediterranea invece i “legami verticali” fra genitori e figli sono molto più forti, in quanto i soggetti più vulnerabili trovano aiuto più in famiglia che dalle politiche pubbliche: di fatto, i genitori mediterranei investono molto sui figli, sia in termini materiali che affettivi, e in cambio accettano o incoraggiano la loro permanenza a casa. Per questo motivo, si è parlato di una vera e propria sindrome del ritardo: questa espressione indica la tendenza a posticipare indefinitamente le scelte di vita (indipendenza economica, matrimonio, figli). Questa “sindrome” si è resa evidente in alcuni casi giudiziari, dove figli ormai maggiorenni hanno denunciato i genitori perché si sono rifiutati di continuare a mantenerli. La tendenza a posticipare scelte di vita come matrimonio e avere dei figli è stata particolarmente forte negli uomini, con il risultato che sono stati soprattutto i padri a diventare sempre più vecchi. Questo comporta che le coppie hanno avuto sempre meno figli. Questo fenomeno accomuna l’Europa mediterranea e parte dell’Asia. In Giappone, il figlio o la figlia che rimangono a casa con i genitori dopo i 30 anni sono stati etichettati come “single parassita”. In Italia dalla seconda metà degli anni 2000 è stata usata la parola “bamboccioni”. L’effetto demografico di questa evoluzione diventa visibile nel cosiddetto “inverno demografico” iniziato alla fine degli anni 1990, in cui le morti superano le nascite. Infatti, la cosiddetta piramide delle età in Italia mostra una forte erosione alla base, assumendo quella che viene chiamata “forma a trottola”. Il termine generazione X venne usato per descrivere i primi punk inglesi per sottolineare il loro nichilismo, il rifiuto dei valori della generazione precedente e la sensazione di essere una generazione perduta, inutile per la propria società. La generazione X è generalmente identificata dalla mancanza di ottimismo nel futuro, dallo scetticismo, dalla sfiducia nei valori tradizionali e nelle istituzioni. Tuttavia, il rapporto con i genitori e la società cambia molto a seconda che si consideri l’Europa del Nord o l’Europa mediterranea. Dopo l’avvento dei Nirvana e della musica grunge, il termine Generazione X è stato esteso a sempre più persone nate dopo il baby boom. Si è usato anche l’appellativo di “generazione MTV”. Con la commercializzazione del termine e la sua risonanza a livello mondiale, questa definizione è diventata sempre più oggetto di stereotipi e luoghi comuni sull’apatia di questa generazione. Una volta giovani adulti, la generazione X raccolse l’attenzione dei media tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, guadagnando la reputazione stereotipata di “apatici, cinici, senza valori o affetti”. Prima di loro ci sono i famosi “Boomer”.  Li riconosci subito, sono la generazione della casa di proprietà, del posto fisso, delle pensioni. Sono quelli che ci hanno insegnato che prima studi, poi compri casa, ti sposi e fai un figlio. Che ci hanno ripetuto da sempre che se salti uno solo di questi passaggi, hai fallito. Ci hanno illuso dicendoci che avremmo semplicemente dovuto fare quello che avevano fatto loro, senza pensare che il mondo che viviamo oggi è anche un mondo di guerre, pandemie e crisi climatiche. Nati tra il 1946 e il 1964 oggi sono ancora tutti lì, immobili, in un surreale stato di congelamento generazionale che sembra non voler finire mai. Basta accendere la televisione o leggere i nomi della politica per accorgersi che quella è una generazione che non è disposta a lasciare spazio a chi oggi ha 30, 40 e 50 anni e sta ancora aspettando il proprio turno. Ma è davvero tutto qui? Purtroppo, no. Il vero fardello delle generazioni successive è cercare di portare dei nuovi valori in un mondo in cui, chi può davvero fare la differenza oggi è la stessa generazione che 30 anni fa, aveva creato i modelli in base ai quali abbiamo vissuto. Pensiamo per un istante, ad esempio, al ruolo delle donne nella società, a quello degli uomini nella genitorialità: le nuove generazioni faticano, non poco, a cambiare quei modelli. Sono le generazioni che vivono un perenne stato di attesa, quasi di rassegnazione e che da tutta la vita subiscono nel bene e nel male le conseguenze delle scelte di chi alla loro età era, giustamente, la generazione protagonista. Oggi, però, quella generazione boomer non può più rappresentare il nuovo mondo in cui viviamo. Un mondo che avrebbe tanto bisogno delle decisioni di chi ora sta affrontando la vita in una fase di costruzione. Ma chi sono quelli che aspettano? Ma prima di tutti proprio la “Generazione X”: che nati tra il 1965 e il 1979 hanno subito più direttamente il mancato passaggio di quel testimone che non arriva mai, una generazione ignorata, fagocitata, che spera di avere tempo per poter dare quello che ha da dare, dire quello che non gli hanno fatto dire e che sente già la pressione della generazione successiva; “I Millenials”, nati tra il 1980 e il 1994, che con fatica cercano di spiegare ai genitori che il loro lavoro è un vero lavoro anche se vent’anni fa non esisteva, che i padri possono cambiare i pannolini senza trasformarsi in donne quando c’è la luna piena e che alla frase che inizia con: “io alla tua età ero già sposato con tua madre” vorrebbero aggiungere un paio di precisazioni sulla situazione socio economica di quegli anni. E la domanda tra loro sorge spontanea, “quanto dovremo ancora aspettare?” Probabilmente: non poco! I Boomer sono ancora ai vertici del mondo, basti pensare che tra di loro ci sono nomi della politica nazionale e internazionale come Vladimir Putin (1952), Mario Draghi (1947), Boris Johnson (1964), Xi Jinping (1953) e Recep Tayyip Erdoğan (1954), per dirne solo alcuni. Il processo sarà ancora lungo considerando che, il nuovo eletto presidente degli Stati Uniti Joe Biden, classe 1942, appartiene alla generazione che addirittura precede i così detti “Boomer” e che viene definita ormai “Silent Generation”. Parlare di nomi così importanti ci fa riflettere anche su un’altra questione, è facile scivolare nella generalizzazione parlando di generazioni finendo a discutere di chi sia meglio di chi, quando invece il centro del discorso è semplicemente: “passa il testimone” perché hai fatto il tuo pezzo e magari lo hai fatto anche bene, ma ora tocca a noi!

(continua)

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