Elezioni amministrative 2017. il trionfo dell’astensionismo (o degli analfabeti politici)

…capita anche a me di farmi influenzare da qualche articolo, soprattutto se come quello scritto ieri da Luca Fazzi (Docente in Sociologia presso l’Università di Trento), unisce tratti di originalità mixati con il buon senso. Infatti: di fronte all’ennesimo commento sul come sono andate queste Elezioni amministrative 2017 – dove – ancora una volta Renzi, Salvini, Grillo. A sentir loro, sembrerebbe  che hanno vinto di nuovo tutti quanti. “Dati buoni”, “Soddisfatti”, “Cresciamo”. Dal Partito democratico alla Lega, da Forza Italia al Movimento 5 Stelle: il giorno dopo le comunali va in scena il grande classico …magnificare i risultati ottenuti, anche se la realtà è alquanto diversa. E per l’appunto chiede il Prof. Fazzi l’informazione dovrebbe puntare di più sull’astensionismo vero protagonista dei risultati delle urne di domenica scorsa. Astensionismo in crescita, ma loro come se nulla fosse: Matteo Renzi il Bonus 80 euro, le riforme non passate e la legge elettorale per nuove elezioni,  Patto del Nazzareno 2.0, patto a quattro per tedeschellum. Ma no! E’ saltato tutto!   Nessuna nuova legge e niente anticipo delle elezioni politiche. Il Movimento 5 Stelle con il suo Reddito di Cittadinanza… è ancora in crescita no le amministrative non hanno funzionato per loro. Mentre per il Centro destra  rialza la testa con Berlusconi e Salvini.  Quella che non va è la nostra testa, infatti,  in generale nell’opinione pubblica domina la …confusione. Ora senza scomodare Bertolt Brecht, il grande poeta e drammaturgo tedesco… che già tracciava ai suoi tempi il profilo di un “nuovo individuo” che sarebbe stato responsabile delle più grandi catastrofi della contemporaneità: ‘l’analfabeta politico…’ Chi?  L’analfabeta politico. Ma, chi è costui? E’ colui che si vanta e si gonfia il petto dicendo che odia la politica. Non sa l’imbecille che dalla sua ignoranza politica nasce: il caos politico e l’insieme dei mali che affliggono o meglio soffocano il Civismo… permettendo l’assaltante e il peggiore dei banditi che è il politico corrotto e imbroglione…”. Infervorano i commenti su chi siano, tra i partiti, i vinti e chi gli sconfitti delle elezioni amministrative, c’è da chiedersi ancora una volta, se veramente debba essere questo il centro della discussione. Ci fa notare il Prof. Fazzi: “Il problema che emerge dai risultati delle consultazioni non è Grillo e il modello caricaturale di democrazia del ‘click’ che ha venduto come motore di un rinnovamento della politica corrotta e autoreferenziale. Il vero nodo è l’allargamento del ‘baratro’ tra cittadini e democrazia”. Certo, i risultati delle elezioni non sono solo una questione di gusti o preferenze, come si rischia di fare trasparire nel dibattito attuale, bensì di decidere se passare o non superare quella linea invisibile, ma chiara e netta che separa: “l’essere suddito dall’essere cittadino”. I votanti delle elezioni dell’11 giugno complessivamente sono stati poco più del 60% ovvero circa meno sette punti rispetto alle elezioni del 2012. Qualcuno potrebbe sostenere che si tratta di un trend comune alle grandi democrazie europee. Ma la partecipazione politica va letta sempre in una ottica contestuale riferita ai tassi storici di voto, alla complessità e all’urgenza delle questioni politiche da dirimere, al livello di fiducia o discredito di cui gode uno specifico ceto politico. Massa in questi termini la faccenda: il dato dell’astensionismo delle amministrative domenicali dovrebbe fare tremare i polsi. Non votare alle elezioni comunali significa semplicemente essere disinteressati non rispetto ai grandi programmi nazionali di politica economica o alla riforma delle pensioni, ovvero livelli meno accessibili al vissuto della quotidianità, ma anche al piano urbanistico del luogo in cui si vive, al trasporto pubblico che consente di andare o meno al lavoro, alla retta degli asili nido. Insomma a una dimensione che riguarda direttamente la vita di ogni giorno delle persone. Ma se di questo si parla, perché quattro cittadini su dieci non si sono recati alle urne? E’ segno di una democrazia ormai matura all’inglese, dove il rapporto tra cittadini e politica è tale da concedere sulla fiducia un mandato elettivo da misurare alla fine della scadenza naturale della legislatura? Oppure è possibile si tratti soltanto di un deterioramento momentaneo delle proposte politiche che scoraggia il prendersi mezzora di tempo per andare alle urne? O c’è qualcosa di altro che si preferisce non dire, di cui si ha timore a parlare perché è più facile delegare i disastri di una città e di una nazione a chi sta sopra di noi? Scrive ancora Luca Fazzi: “Se si rilegge la storia politica degli ultimi 25 anni con la chiave dell’analfabetismo politico, un ‘filo rosso’ lega il successo repentino del leader o del partito politico emergente… a partire dalle promesse elettorali di Berlusconi, passando per gli 80 euro di Renzi, per arrivare al reddito di cittadinanza dei 5Stelle. Questo fil rouge è la grande difficoltà di milioni di italiani non solo di guardare oltre l’uscio del proprio domicilio, ma anche di comprendere la fondatezza delle dichiarazioni dei leader politici di volta in volta emergenti. Di capire la solidità dei programmi proposti. Chiunque avesse letto un trattato elementare di scienza politica avrebbe dubitato fin dall’inizio fortemente sulla natura realmente democratica e partecipativa della “rivoluzione” pentastellata. Chiunque avesse avuto cognizioni di base di economia si sarebbe chiesto se davvero le vane promesse di  Berlusconi prima, le detrazioni fiscali e i bonus renziani poi, per finire  alla mancanza di senso e di possibilità di dare un “salario” di cittadinanza uguale per tutti… sarebbero stati in grado di ridare slancio all’asfittica economia nazionale o lo potranno fare in futuro?”. L’Italia, però, non è solo la nazione dei Berlusconi, dei Salvini, dei Renzi e dei Grillo. E’ anche la nazione dove si leggono meno libri in Europa, dove l’istruzione delle scuole primarie e secondarie è misurata con i test a crocette, dove i grandi quotidiani informano i cittadini più sull’andamento del processo al paparazzo Fabrizio Corona che non alle questioni del cambiamento ambientale o della crisi economica mondiale. E’ lo Stato in cui si registra la più elevata concentrazione della proprietà dei mass media, dove il cittadino medio trascorre davanti alla televisione più ore di tutti i suoi pari nell’intero continente e dove nelle Università l’obiettivo dell’apprendimento sono i “crediti formativi” e non il dibattito e la capacità di riflessione critica sui fatti….

Mancanza di risposte. Disincanto verso la politica. Declino dei cleavage sociali. Dealineamento. Nuovi valori consumistici. Voto di protesta, astensionismo. Che tipo di democrazia si può prospettare se questo continuerà a essere il trend di preparazione allo sviluppo di una cultura politica estesa a tutti? Che cosa ci si può attendere se non l’avvento repentino e la altrettanta repentina caduta di ogni credibilità del politico di turno e quindi della politica che non si misura con la realtà contemporanea e la responsabilità vera nella conduzione del Paese?!

E’ sempre tempo di Coaching!”

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