Francia: tra Macron e Le Pen in gioco non c’è solo l’Eliseo, l’estrema destra francese se prendesse la presidenza porterebbe l’Europa alla fine…

“Meglio non sballottare il voto francese”. È il commento del prof. Gianfranco Pasquino, accademico dei Lincei e suggerisce: “Sconsiglio ogni esercizio di comparazione con la situazione italiana fino all’esito del secondo turno delle legislative, ovvero il 19 giugno, e ancora più fortemente scoraggerei chiunque dal trarne indicazioni sulla stabilità e la durata del governo Draghi”. Pare un buon consiglio, stiamo quindi al voto francese. Con il voto di domenica si può dire che la Quinta Repubblica non esiste più. I suoi pilastri, neogollisti e socialisti, sono miseramente crollati. Quindi la Quinta Repubblica è definitivamente tramontata e si è già capito che Macron non costruirà la sesta… Tra cinque anni Macron darà l’addio e farà qualcosa d’altro. Di lui resterà l’ombra di uno ‘Jupiter’ che non ha compreso la Francia e l’avrà altresì malamente governata… Ma Macron, oggi, resta l’uomo da battere. E la Le Pen, con ogni probabilità, sembra già battuta. Al ballottaggio al suo 23,1% può aggiungere di sicuro il 7% di Éric Zemmour e il 2,1% di Dupont- Aignan. Mentre Macron, parte da un 27,8% e potrà contare su buona parte della sinistra. È molto positivo che Melenchon con il 22% dei consensi, abbia subito chiamato al voto contro la Le Pen. Nella serata di domenica ha affermato in modo netto che nessun voto al secondo turno deve andare a consolidare la candidata di destra. Un passo in avanti rispetto all’altra volta, quando non disse nulla e parte del suo elettorato si spostò per l’appunto a destra. Inoltre sempre a sinistra ci sono oltre a France Insoumise, la citata Hidalgo, sindaco di Parigi, Yannick Jadot ecologista e Fabien Roussell comunista, la gollista (delusione delle delusioni) Valérie Pécresse che con il suo striminzito 4% ha portato nella polvere quel che restava dei Républicains, gli eredi di una grande tradizione politica, il cui ultimo capo riconosciuto, Nicolas Sarkozy si è apertamente schierato in favore di Macron: l’establishment come si vede è molto vasto e variegato in Francia. Quindi le voci su Emmanuel Macron “sorpassato” da Marine Le Pen già al primo turno si sono rivelate largamente esagerate, cioè sbagliate. Le già non elevate probabilità che il Rassemblement National, seppur apparentemente diventato meno sovranista e anti-Unione Europea, riuscisse a portare all’Eliseo la sua leader sono oggi chiaramente diminuite. Certo una possibilità resta ancora in campo. Dunque, se per la disposizione di Mélenchon la Le Pen tra quindici giorni non andrà votata, logica vuole che molti dei consensi di quella parte politica andranno al presidente-candidato… tuttavia mentre qualcuno se ne starà a casa non sentendosi rappresentato da nessuna delle due offerte politiche. Una parte dei voti di sinistra potrebbe comunque finire ancora a destra e far vincere così il Rassemblement National… Ora, se accadesse in Francia sarebbe la prima volta di un governo antieuropeo, populista e anti-integrazione nel cuore dell’Europa: sarebbe con tutta probabilità la sua fine! Le forze liberali e progressiste europee hanno nell’ultimo decennio sottovalutato il rischio populismo. Si è continuato a sottovalutarlo perché si è pensato che fosse sufficiente la sconfitta di Trump e oggi, l’evidente “follia della guerra di Putin” per fiaccare i partiti di destra che li hanno sempre sostenuti. Si è creduto, sbagliando, che il conflitto tra nazionalismo e integrazione europea si potesse risolvere definitivamente a favore di quest’ultima. Purtroppo, si vede che così non è. La conferma del serbo Vucic e dell’ungherese Orban lo dimostrano. L’esistenza oggi in Europa di un forte populismo è figlia di tante cose. Innanzitutto, di una oggettiva situazione di disagio sociale, sempre più ampio, provocato dall’impatto della pandemia alla quale ora si è aggiunta l’impennata del caro-vita. Fattori che hanno creato una fase di grave incertezza, di orizzonti brevi calati sulla vita delle persone. A vantaggio di chi soffia sulle paure per lucrare consenso. Le elezioni francesi insegnano (ancora una volta), che la politica è tale se si impegna a presidiare le inquietudini dell’elettorato per evitare che l’ansia per il futuro, il lavoro, la precarietà, il ridotto potere d’acquisto delle famiglie accentui la radicalizzazione politica. Per questo l’Europa deve veramente accelerare la propria integrazione per saper dare risposte forti e unitarie. Se queste non arrivassero, con una guerra che ormai si allunga nel tempo, come quella che si sta combattendo in Ucraina, si farebbe il gioco dei vari Le Pen e Orban. Nel passato si è concesso troppo a chi voleva sfasciare l’Europa, senza capire che non essere in grado di costruire un’Unione efficace sul piano economico e sociale per temperare e contenere le crescenti diseguaglianze che dividono nazioni e popoli… perché un’Europa bloccata dai veti dei vari governi che la compongono, finisce per favorire proprio coloro che puntano a indebolirla. Si pensi alle politiche migratorie alle politiche energetiche, alle scelte per una Difesa comune. Serve al più presto una riforma dei Trattati affinché le decisioni vengano prese non più all’unanimità ma a maggioranza, altrimenti gli Orban di turno l’avranno sempre vinta… Con la guerra russo ucraina bisogna lavorare per evitare quella che sarebbe la terza recessione in dieci anni. Bisogna farlo a ogni costo. Bisogna sterilizzare il caro bollette con l’intervento di Bruxelles. Mentre sul fronte della politica estera, invece, mentre la guerra russa in Ucraina «ha ridato fiato» alla Nato, è necessario che i Paesi europei e Bruxelles aggiustino la propria bussola strategica, avendo in mente che ci sono tre nazioni con cui occorre aprire un dialogo forte e intenso: Cina, India e Turchia. In questi anni è stato un errore clamoroso rinchiudersi nell’ottica tutta occidentale senza capire che tutto quello che stava fuori si sarebbe alla fine unito contro l’Unione Europea. Abbiamo così alimentato una contrapposizione Occidente contro resto del mondo, che occorre correggere. A partire dal fatto che con gli Stati Uniti di Joe Biden c’è sicuramente una forte convergenza ma che non significa una totale ed unica ’identità di posizioni’. Anche per questo è importante lavorare velocemente per una Difesa comune europea. Anche per questo è necessario che l’Europa si sganci dalla pressoché dipendenza energetica dalla Russia. È difficile ma non ci sono alternative. Come? A livello nazionale vanno cercati approvvigionamenti alternativi (l’accordo di Draghi per aumentare l’approvvigionamento energetico italiano con il gas algerino va in quella direzione). A livello europeo bisogna mettere un price-cap per arginare il prezzo del gas ma soprattutto prevedere compensazioni economiche per i Paesi che dipendono di più dalla Russia (principalmente Italia e Germania). La politica soffre il leaderismo che ancora una volta ha bloccato le alternative di costruire alleanze solide. Con i partiti che non sono più le aggregazioni complesse e articolate del passato, ma ormai forze “personali” guidate da capi soli al comando, sarà ben difficile trovare chi dia un’anima alla destra o alla sinistra e non solo in Francia. Registriamo comunque il non troppo ammirevole affanno con il quale i commentatori italiani tentano di trarre qualche lezione dalle elezioni francesi. Personalmente penso che: non ci sia quasi nulla di cui le destre italiane abbiano di che rallegrarsi. Certamente, Giorgia Meloni potrebbe sostenere che con il presidenzialismo, che i suoi titubanti alleandi (Salvini e Berlusconi) non hanno sostenuto, la sua leadership apparirebbe molto visibile (ma poi improbabilmente vincente). E non so quanto Nicola Frantoiani, sicuro anti-semipresidenzialista, voglia e possa godersi il voto conquistato da Mélenchon. Sono sicuro che Enrico Letta può tirare un sospiro di sollievo, ma saggiamente sa che, guardando oltre il ballottaggio, conteranno i voti per le elezioni legislative francesi che con molta probabilità confermeranno una maggioranza operativa per un vittorioso Macron. In conclusione, tuttavia, confermo il suggerimento del prof. Gianfranco Pasquino che sconsiglia al momento questi esercizi di comparazione fino all’esito del secondo turno delle legislative francesi… all’insegna del: “Mogli e voti di casa tua” (antico detto provenzale)…

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