Annunciato in via ufficiosa l’altro ieri in tarda serata, l’accordo tra governo italiano e Commissione Europea. Ieri, Giuseppe Conte va in Senato nelle vesti di avvocato degli italiani… ovvero come avvocato di una “causa persa”. Tria e Moavero siedono al suo fianco. Il premier difende l’accordo al ribasso con l’Ue. Come si suole dire ci mette fino in fondo la faccia. Di Maio e Salvini assenti (??!!) invece non ce la mettono e sembrerebbero volerla preservare probabilmente assieme al ‘culo’. Smarrimento nella maggioranza? Che succede? Non è dato saperlo. Sta il fatto che l’Avvocato del popolo italiano si presenta in aula al Senato, con un fascicoletto di fogli in mano. Contengono una tesi difensiva, quella per il suo Governo, tesi buona al massimo per una condanna con le attenuanti generiche. Conte arriva alle 13, con un’ora di ritardo: “Perché intorno a mezzogiorno ci è arrivata comunicazione formale che non sarà aperta una procedura d’infrazione”, dice senza enfasi, ma incassando il solo e l’unico boato della sua maggioranza… Un’esplosione d’entusiasmo isolata. Certo, l’eloquio del presidente del Consiglio è misurato, calibrato, non cerca l’applauso. Ma la tensione mista a freddezza dai banchi gialloverdi è palese. Come se oscuri presagi si intravvedano dal principio del suo breve discorso. “Abbiamo salvaguardato l’impostazione della manovra, non abbiamo ceduto sui contenuti”, è la dimostrazione che lo scontro frontale con Bruxelles non porta a nulla. Quel poco che si è portato a casa è arrivato grazie a Macron e al suo maxi sforamento anti gilet gialli. Quindi è tutto qua quello che riusciamo a ottenere battendo i pugni sul tavolo europei? Uno zero virgola uno in più di deficit – o zero virgola quattro, vedete voi – rispetto a quello che avremmo già potuto portare a casa due mesi fa? Due mesi di mercato delle vacche, di spread in tempesta, di declassamenti del rating ormai quasi a livelli spazzatura per una manovra che, nei saldi finali, avrebbe potuto benissimo fare un qualsiasi governo Gentiloni? E l’anno prossimo? Dimentichiamo reddito di cittadinanza, quota 100, flat tax delle partite Iva e tutto il resto, per un attimo: perché la vicenda della manovra del cambiamento questo racconta: di un Paese, il nostro, che anche guidato dal governo più sovranista e anti-europeo che può esprimere – peraltro sostenuto da un consenso stellare – fatica a raccogliere da terra più di qualche briciola. Il bello è che quelle briciole avremmo pure rischiato di non raccogliere, e di finire in esercizio provvisorio o con una procedura d’infrazione sulla testa, o con una ritirata ancora più ignominiosa dei sovranisti nostrani, se non ci fosse stata la situazione francese. Il bello – o il brutto, dipende dai punti di vista. Possiamo discutere all’infinito se sia giusto o meno che ai francesi sia permesso quel che a noi non è consentito, ma questi sono i risultati: se oggi si chiude è perché politicamente non avrebbe potuto essere possibile spiegare perché a loro sì e a noi no. Di fatto, Salvini e Di Maio devono ringraziare la loro nemesi transalpina, non certo i nostri grandi pseudo-amici di Visegrad come l’austriaco Kurtz e l’ungherese Orban, che si sono opposti con tutte le loro forze rispetto a un accordo che avesse consentito all’Italia di fare più deficit. Non è finita qui, peraltro. Perché ancora non sappiamo quali e quante polpette avvelenate ci siano, dentro questo accordo. Se davvero per salvare Quota 100 è stata inserito un aumento dell’Iva il prossimo anno. Se ci sarà una revisione mensile dei livelli di spesa in funzione della crescita effettiva del Pil, come più volte promesso da Conte quando ancora ostentavamo fieri il nostro deficit al 2,4%. Perché se queste indiscrezioni saranno confermate dai fatti, quella del Def e della legge di bilancio 2020 sarà una pantomima ancora peggiore, con spazi di manovra ancora più esigui, senza elezioni europee di mezzo da usare come arma di ricatto e con Moscovici e Juncker di nuovo interlocutori del governo italiano. Si accettano scommesse su cosa si inventeranno i nostri eroi. Sempre che saranno ancora al governo entrambi, s’intende…
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