Il lavoro al tempo del robot: saremo tutti disoccupati?

Robot e software già da qualche anno… stanno ridisegnando ogni aspetto della società e dell’economia: secondo gli esperti nel giro 5-10 anni lavoreranno al nostro fianco non solo nelle fabbriche ma anche nei negozi, negli uffici, nei campi. La domanda che sempre di più sentiamo formulare è: “ci ruberanno il lavoro?” Oggetti connessi, case intelligenti, auto che si guidano da sole, robot: piccole e grandi rivoluzioni tecnologiche nate per semplificarci la vita ma che contribuiscono anche a rimodellare profondamente la società in cui viviamo. Secondo alcuni dati compresi in recenti ricerche universitarie “i paesi occidentali stanno attraversando la quarta rivoluzione industriale”: il mondo del lavoro sta radicalmente cambiando rispetto a com’era qualche decennio fa e gli esperti stimano che nei prossimi anni le nuove tecnologie porteranno una perdita netta di 5 milioni di posti nelle 15 economie più grandi del mondo… Tra queste Stati Uniti, Cina, Australia, India, Italia, Giappone, Francia, Germania e Regno Unito. Questo dato è la differenza tra i circa sette milioni di posti di lavoro che saranno rimpiazzati dall’elettronica, dai robot e dalla disintermediazione commerciale resa possibile dalla Rete, e i 2 milioni di nuovi posti che saranno creati per far spazio a nuove professioni. Tant’è che Bill Gates… propone di far pagare ai Robot le tasse che non potranno più pagare chi il lavoro non avrà.  Il dato è senza dubbio preoccupante e trova conferma in un recente ulteriore studio della più antica e prestigiosa università americana Harvard. L’università che ha visto tra i sui alunni ben 47 premi Nobel e 28 Premi Pulitzer. Secondo questo studio entro il 2025 un terzo delle mansioni oggi svolte dagli esseri umani sarà portata a termine da software o robot. A essere a rischio non sono più solo i lavori pesanti, ripetitivi o logoranti che verranno affidati alle macchine: per la prima volta nella storia l’elettronica sta entrando anche nel mondo dei colletti bianchi e dei cosiddetti “lavori della conoscenza”: scienziati, ricercatori, insegnanti, medici, professionisti. I nuovi super-computer sono oggi in grado di portare a termine numerosi processi tradizionalmente affidati agli impiegati, per esempio archiviare dei documenti o effettuare un pagamento, ma anche affiancare un architetto o un ingegnere durante la realizzazione di un progetto.    Un esempio. Il trasporto urbano. fino a qualche anno una corsa in taxi prevedeva una telefonata con l’operatore della centrale che contattava l’auto più vicina. Il taxista ci passava a prendere e dopo averci lasciato a destinazione e essere stato pagato per la corsa, aveva il problema di gestire il nostro contante e quello dei altri passeggeri utilizzato per pagare il viaggio. Oggi basta un’app come Uber: si prenota direttamente la vettura e il pagamento avviene in maniera digitale con pochi tap sullo schermo del nostro smartphone. Ma quindi… dobbiamo preoccuparci?

Secondo gli esperti di Harvard no: lo scenario più probabile è che questi nostri nuovi “colleghi digitali” entreranno nelle nostre aziende e nei nostri uffici più o meno come fecero i robot nelle industrie automobilistiche degli anni ‘60, migliorando l’efficienza dei processi, riducendo gli errori e aumentando la qualità del lavoro. Tuttavia, alcuni di questi sistemi sono già operativi o lo saranno tra breve. Starship Technologies per esempio, la start-up di Ahti Heinla and Janus Friis, i coofondatori di Skype, è pronta a testare sul campo un robot autonomo in grado di coprire l’ultimo miglio delle consegne a domicilio. Il fattorino robot di Starship. Questa macchina potrà cioè essere scaricata da un furgone e consegnare da sola pacchi e pacchetti a tutti i destinatari che abitano in una zona delle città. Dotata di GPS, sistema di navigazione, microfono e altoparlante busserà alla porta degli abitanti, a Londra, si sono già fatti una serie di test su strada. E grazie a un comparto refrigerato potrà anche occuparsi della consegna della spesa. E poi c’è Tally, il robot di Simbe Robotics, una startup della Silicon Valley, progettata per lavorare nei grandi magazzini. Controlla che le merci siano tutte disponibili, nella giusta quantità e sul giusto scaffale, verifica che abbiano il prezzo e che questo sia corretto: per ora non può correggere gli errori, ma è in grado di visionare fino a 15.000 oggetti l’ora. E quando trova un’anomalia avvisa il responsabile del reparto. Il suo punto di forza è quello di poter lavorare in tutta sicurezza anche in mezzo ai clienti e di non fermarsi mai. Nonostante le rassicurazioni… ci aspetta dunque un futuro nero e da disoccupati? Sembrerebbe preoccuparsi di ciò  anche la Cancelliera tedesca Angela Merkel. NOO!!! Secondo i ricercatori che le studiano e realizzano queste macchine, ancora una volta, svolgeranno solo i compiti più noiosi e ripetitivi, perché nulla può e potrà mai sostituire la creatività umana… Francamente… comincio a coltivare qualche dubbio… mi sembra che già oggi, il saldo tra lavoro delle macchine e lavoro umano… ci veda, si noi umani, già in notevole difficoltà!!??

“E’ sempre tempo di Coaching!”


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