L’essenziale è invisibile agli occhi” diceva il Piccolo Principe di Antoine de Saint Exupéry, per significare come le nostre percezioni inesplorate siano poi alla base stessa dell’essere umano.
Nel terzo millennio, schiacciati da ritmi di vita sempre più stressanti e soprattutto da sovraccarichi informativi che rendono difficile perseguire un obiettivo, il termine essenzialità può assumere una connotazione diversa.
Ne è fortemente convinto Mauro Magatti, docente di Sociologia all’Università Cattolica di Milano, più volte negli ultimi anni protagonista di una riflessione su questa parola e su come, in un’epoca che vede la scienza e la tecnologia diventare possibili momenti di “distrazione” rispetto al proprio obiettivo, sia invece fondamentale saper seguire una strada senza perdere per questo i contributi che il mondo esterno ci offre.
“Essenziale oggi significa essere in grado di poter costruire un percorso che abbia come punto d’arrivo quanto ci siamo prefissati – spiega Magatti -. Quindi dobbiamo mettere a punto ciò che ci sta a cuore e quindi sapere ciò a cui dobbiamo giungere. Solo in questo modo è possibile raggiungere l’eccellenza, a prescindere dal tipo di attività che si pratica. Questa regola, e quindi il bisogno di avere una rotta che sia in grado di guidarci verso l’obiettivo, si adatta a tutte le professioni, da chi ha scelto di fare impresa fino all’insegnante e all’artista”.
Il messaggio di Magatti è quindi molto chiaro e tocca tutte le età. Anche in un’Italia che vede l’età media della popolazione crescere, è possibile disegnare un percorso di crescita anche in epoca più avanzata. L’importante è costruire un progetto che conduca verso un fine preciso anche quando incalza l’invecchiamento, soprattutto alle nostre latitudini e più in generale nel mondo industrializzato. Siamo infatti parte del 20% di umanità composto da società ricche che invecchiano, e che ha bisogno di un welfare di nuova generazione per poter invecchiare in buona salute. Per questo, anche con i capelli bianchi, è fondamentale “scegliere” un proprio percorso con obiettivi precisi. Non ci si può distrarre troppo con progetti che nascono giorno per giorno, perché la dispersione legata ai tantissimi stimoli che possono giungere, anche dalla tecnologia avanzata, rischia di portarci fuori strada. Al contrario, bisogna avere sempre presente il principio di essenzialità, inteso come pensiero guida che ci permette di proseguire sulla rotta che ci siamo costruiti per giungere all’obiettivo, soprattutto in ambito professionale. Il problema è che a volte questa estrema razionalizzazione “essenziale” del percorso di vita può diventare un elemento che restringe le opportunità d’incontro con realtà diverse e gli stimoli che possono giungere dal mondo che ci circonda. In poche parole, c’è il rischio che il motto che traina il percorso scelto sia lo storico “Less is More” di Steve Jobs, con tutte le conseguenze di una visione sicuramente proiettata su un fine ma forse troppo chiusa nei confronti dell’ambito tecnologico e professionale circostante.
“Vedere la situazione in questo senso è altrettanto errato a mio modo di vedere, perché a quel punto la ricerca dell’essenziale può assumere le caratteristiche dell’ossessione, tipica di molti artisti, oltre che di estraniamento dalla realtà circostante – precisa Magatti -. Saper riconoscere l’essenziale nel proprio progetto significa essere capaci di sfrondare e ridurre tutto ciò che è effimero e superficiale nella ricerca dell’obiettivo, ma senza perdere il contributo che persone, oggetti e tecnologia possono offrire. Altrimenti si rischia solo di andare verso una disciplina eccessivamente rigida, che assume appunto i contorni dell’ossessione, giungendo all’incapacità di cogliere quanto può giungere dagli altri”.
Il termine essenziale, quindi deve essere visto con una chiara connotazione positiva, che esula dal semplice porsi un obiettivo e raggiungerlo richiudendosi in sé stessi come automi, ma piuttosto necessita della giusta apertura razionale verso il mondo esterno, fonte di stimoli e di crescita. “Non bisogna cadere nel delirio delle competenze – conclude Magatti, che ha coniato addirittura il termine “deponente” per esprimere il proprio concetto di essenzialità. I verbi greci e latini sono infatti “deponenti” perché possono avere forma passiva ma significato attivo. Questa immagine esprime benissimo la mia visione dell’essenzialità della persona, che deve essere pronta a recepire gli stimoli dell’esterno pur mantenendo la rotta ben mirata verso l’obiettivo”.
“E’ sempre tempo di Coaching!”
se hai domande o riflessioni da fare, ti invito a lasciare un commento a questo post: sarò felice di risponderti oppure: prendi appuntamento per una sessione di coaching gratuita
4
GEN
GEN
0