Italia: stiamo perdendo la guerra del virus, ma guai a discutere di cosa non ha funzionato ne ancora funziona…

Con la prima ondata di epidemia, che come tutte le epidemie del passato furono scansate solo con l’isolamento (ricordate i Promessi sposi: il lazzaretto di Milano?) Il duo Giuseppe Conte ed Attilio Fontana governatore della Lombardia (da subito contrapposti su ciò che successe all’ospedale di Codogno) ma uniti dal non rischiare l’impopolarità, attesero una settimana prima di dichiarare zona rossa Bergamo e d’intorni. Tocca a me, tocca a te, no ti sbagli io non posso!? Così iniziò la prima strage in Lombardia che arrivò a 15.000 decessi e oltre. La seconda ondata grazie all’imprudenza estiva si è invece estesa a tutto il Paese. Nessuno può compiacersi delle disgrazie altrui ritenendosi migliori e così da 30.000 morti a livello nazionale siamo arrivati a 65.000 e cresceranno ulteriormente (inutile illudersi prima dell’immunità di gregge da raggiungersi con la somministrazione dei vaccini il prossimo anno) arriveremo alla fine a 100.000 morti da Covid-19. Sempre per opportunismo il politico non deve rischiare l’impopolarità, le leggi eccezionali possono essere accettate dal popolo solo per una chiara emergenza. A gennaio, tutti in Europa, danno per scontata una terza ondata. L’Italia del premier Conte sarà ancora la peggiore?! E dopo la prima ondata si sapeva che le persone fragili sono gli anziani (in Lombardia gli over 65 anni rappresentano il 90% dei decessi), non si è fatto nulla per isolarli, e si sapeva che con l’apertura delle scuole il virus si sarebbe trasmesso sui mezzi di trasporto e poi i giovani avrebbe infettato la famiglia ed i nonni. Da subito i presidi avevano proposto settimane alternate, ma il genio, il ministro della pubblica Istruzione Lucia Azzolina era sicura di sconfiggere il virus con le sedie girevoli e magari con un “hula hoop” la pandemia. Il peggio di questa situazione è stato non aver inglobato almeno parte dell’opposizione nel governo. Cosa non facile con quel tal Salvini ormai “inagettivabile”. Il coronavirus è una emergenza e le emergenze come le guerre si combattono e si vincono uniti. Non certo per pavoneggiarsi con menzogne sulla vittoria (quale?) sanitaria e/o politica ancora lungi da raggiungere. Siamo primi in Europa per numero di decessi (ci apprestiamo a passare un Natale tutti quanti di nuovo chiusi in casa, salutando i parenti solo via Skype), eppure anche solo ipotizzare cambiamenti al governo è considerato di cattivo gusto. Ma prima o poi qualcuno dovrà pur rispondere di questi risultati. Sfortunatamente, nemmeno la notizia del triste primato raggiunto dall’Italia come paese europeo con più morti di Covid, ha posto fine all’assurdo ritornello che nelle ultime settimane ci siamo sentiti ripetere ossessivamente da giornali, telegiornali e talk show. Quello secondo cui, dinanzi a una crisi tanto grave, non sarebbe proprio il momento per discutere di cambiamenti nella compagine di governo. Anzi, il solo ipotizzare una simile discussione sarebbe addirittura di cattivo gusto, irritante, scandaloso, lunare, assurdo, e via aggettivando il proprio indignato sconcerto. Dunque, delle due l’una: o ci va bene così, e consideriamo il fatto di avere più morti di tutti gli altri paesi europei (e di quasi tutti gli altri paesi del mondo) una sorta di destino inevitabile, contro il quale è inutile opporsi, o pensiamo che si debba cambiare qualcos’altro. Che ne sò: il dentifricio? La cover del telefonino? Il colore delle mascherine? O forse la soluzione implicita in tanti discorsi sull’impensabilità di toccare i Ministri e la necessità di responsabilizzare i cittadini è che – come diceva anche una vecchia poesia – dobbiamo tenerci il governo e cambiare i cittadini? Nessuno dice che fare come la Corea del Sud, o come la Germania, o come uno qualsiasi dei paesi che hanno fatto meglio di noi – vale a dire come molti paesi del mondo – fosse facile, che non fossero comprensibili ritardi e difficoltà, che l’Italia nell’affrontare la pandemia non scontasse un carico particolare di inefficienze e ritardi del tempo passato e magari anche un certo grado di sfortuna, ad esempio per il modo in cui ne siamo stati investiti tra i primi in Europa, o per le nostre caratteristiche demografiche, urbanistiche, sociologiche. Ma per quanti ritardi, carenze e sfavorevoli peculiarità potessimo avere, è mai possibile che al mondo nessuno, o quasi nessuno, fosse messo peggio di noi? E soprattutto, per quanto sfavorevoli potessero essere le condizioni di partenza, non lo erano anche qualche mese fa, quando governo e giornalisti compiacenti ripetevano che il nostro approccio era un modello che tutto il mondo ci invidiava? Il punto diciamocelo chiaramente è che la situazione della nostra sanità pubblica è talmente disastrata che a riorganizzare davvero tutto quello che ci sarebbe stato da riorganizzare era impossibile (figuriamoci poi senza i miliardi del Mes) ma la verità è che non ci abbiamo nemmeno provato. Ne ci stiamo provando. Perché? O vogliamo parlare ancora una volta dell’app Immuni, di come è stata pensata e pubblicizzata, e dei trasporti, e di tutto ciò che avrebbe dovuto costituire la nostra prima difesa contro il virus (le famose tre T)? Ci siamo sentiti dire per quasi un anno che dovevamo considerare l’impegno contro il virus come una guerra. Ebbene, se abbiamo più morti di tutti pur avendo fatto più lockdown, tenuto le scuole chiuse più a lungo e affrontato perdite economiche maggiori, mi pare arduo sostenere che stiamo vincendo. E quando un paese comincia a perdere una battaglia dietro l’altra, dalle guerre puniche alle guerre mondiali, quello che si fa di solito è esattamente questo: cambiare i generali che si dimostrano incapaci. O quanto meno convocarli, per discutere del perché la strategia seguita fin qui abbia condotto a tali risultati. Il problema è che ministri, leader politici e scienziati dei vari comitati sembrano più impegnati a coprirsi il ‘culo’ a vicenda, rovesciando sistematicamente la responsabilità dei pessimi risultati sui comportamenti individuali dei cittadini, che a fornire una strategia di qualsiasi genere, al di là del solito tira e molla di restrizioni e lockdown più o meno parziali, e sempre tardivi (altrimenti non avremmo questo numero di morti). Il fatto che opposizione e Presidenti di Regione varie con l’aggiunta di voci critiche anche all’interno della maggioranza, come Italia viva e a tratti un pezzo del Pd, abbiano fatto pressione per allentare anche quei provvedimenti decisi con grande fatica – dimostrando quindi che al posto del governo avrebbero fatto persino peggio – dà la misura della gravità della situazione, ma ciò non può certo costituire continuamente un’attenuante per chi aveva comunque la responsabilità di decidere. E prima o poi, persino in Italia, di quelle decisioni dovranno dar conto…

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