Italia: Un paese ‘immobile’ ma, che è cambiato tantissimo…

Di pochi giorni fa i dati Istat – qui riportati e commentati ieri in un altro post – che ci raccontano di un paese, spesso definito come ‘immobile’, che invece mostra a partire dalla sua demografia e al conseguente scomporsi e ricomporsi delle sue classi sociali e dei poteri e rapporti di forza (…e/o di debolezza) economici e produttivi di essere un Paese alquanto “smosso” da un ‘terremoto’ che lo ha completamente e profondamente mutato. Com’è possibile essere ‘immobili’ quando si cambia e muta così tanto da far ‘esplodere le tradizionali classi sociali’ del nostro Paese?! Ma soprattutto come mai tutto ciò appare ancora come fosse una sorprendente novità? Quando è da almeno un quarto di secolo che l’Italia è soverchiata da un “gran rumore”. Il ‘rumore’ di un Paese dove la politica urla, ma non ha idee e non sa fare le riforme necessarie. Un Paese dove anche la gente (il popolo) urla sempre di più, ‘schiacciato’ dal crescere delle diseguaglianze e da un conseguente crescente disagio sociale tra generazioni, dove a crescere sono solo i conflitti tra le vecchie e nuove “stratificazioni” di una Società sempre più disgregata, lacerata e divisa. Altro che un Paese ‘immobile’ e presumibilmente silenzioso… E’ parecchio tempo che tutti urliamo e facciamo “volare gli stracci”. Ma, evidentemente urlare tra sordi non serve a nulla. Certo, sono molti quelli che non hanno interesse a sentire… bisogna dirlo chiaramente non facendo finta di niente o narrare uno storytelling denso di omissioni e bugie… mentendo sulla reale possibilità di una ripresa della nostra crescita economica e la tenuta complessiva della società italiana. L’Italia così com’è non crescerà mai… non crescerà mai più!?  Nessuno di noi contemporanei (nonni, padri e figli) avrà il piacere di vederla crescere ancora economicamente e socialmente, in misura significativa. Continueremo a oscillare fra lo zero e il + 1 per cento (spesso senza raggiungerlo). Di fatto continuerà la stagnazione in cui siamo immersi da vent’anni e più. La recente ed ennesima revisione del Fondo monetario internazionale, che ci spinge sotto l’1 per cento tanto sia nel 2016 quanto nel 2017 e nel 2018, non è un incidente di percorso: è l’Italia nella quale viviamo. Un’Italia che cresce cinque volte meno rispetto alla media mondiale (nella quale entrano però tigri asiatiche e africane) e in ogni caso cresciamo la metà rispetto alla media europea. L’ottimismo di Draghi Governatore della BCE che annunciava ieri, che la ripresa economica europea è salda e continua, non si riferiva certamente all’Italia.  Naturalmente, nel piccolo mondo nel quale noi viviamo, anziché prendere coscienza di ciò, siamo di nuovo immersi  fino al collo, nell’ennesimo dibattito elettorale – d’altronde abbiamo cambiato negli ultimi cinque anni, 4 governi senza essere andati a votare –  e la conseguenza è stata che in questi anni abbiamo vissuto costantemente in clima di campagna elettorale. La politica e i volonterosi (tanti e troppi) che la fanno, hanno cercano di spiegarci che tutto questo insuccesso non è colpa certo di Renzi e delle sue “nuove” politiche ma di coloro che hanno governato prima di lui e delle loro “vecchie” politiche, chiunque essi fossero di Centrodestra o di Centrosinistra. Queste sempre più ‘urlate’ le ragioni della politica e alla fine guardando a se stessa e raccontando il “popolo” che la vota…  sembra che la colpa vera di tutto ciò: l’abbiamo noi italiani, che presi dal virus del “populismo” e dalle sue convulsioni, cominciamo a non credere più alla politica, alle istituzioni, all’Europa e all’Euro. Un popolo di conservatori che respinge innovative riforme istituzionali, che non vuole pagare le tasse e i contributi dovuti allo Stato, per l’erogazione dei servizi di welfare. Un popolo che tollera che un pezzo del Paese sia governato dalla criminalità organizzata che si è infiltrata corrompendo e corrodendo ogni ganglio vitale delle istituzioni soffocandole ed asservendole ai propri voleri criminali. Un popolo sempre più insofferente al problema dell’immigrazione sia quella d’asilo politico come quella economica. Immigrazione determinata dalle nuove frontiere geopolitiche, determinatesi a loro volta da una globalizzazione dell’economia e dei mercati (e dalle molte guerre) di questi ultimi 20 e più anni. Una globalizzazione che ha sovvertito ogni regola precedente. Oggi, tutto questo, sembra mettere a dura prova, le nostre leadership politiche e i relativi establishment. Così come sono in crisi quelle di altri Paesi e Continenti a Est come a Ovest. Si acuisce ulteriormente il divario tra Nord e Sud del Mondo. Per molti italiani (circa ormai il 40% e anche più) che non vanno già da tempo a votare, si tratta di un dibattito nel quale ormai non vale nemmeno più la pena di entrare, tant’è drammaticamente “ridicolo”. D’altronde proprio la nostra politica sembra essere sempre più appannaggio dei comici (i nuovi giullari) che recitano quotidianamente i loro show sulle prime pagine dei giornali e alla TV, utilizzando contemporaneamente il mondo dei nuovi Media sempre più i domìni web e i Social. Nella realtà, la nostra economia sta sotto l’1 per cento di crescita perché il paese non riesce a fare di più. E’ appesantito dai debiti pregressi, da una burocrazia spaventosa, da una legislazione forse ancora più spaventosa, e da infinite consorterie frenanti.   La politica è ancora fatta, in buona sostanza, da tutti quelli che ci hanno accompagnati in questi ultimi 25 anni in questo disastro. E i così detti “nuovi” (se non altro per ragioni di età), e cioè Renzi, Salvini, Meloni (comunque in politica da 15/20 anni) e anche i neofiti 5 stelle sono, se possibile, ancora peggio di coloro ormai “anziani” che li hanno preceduti. A partire dalla proposte che fanno. Propongono cose senza senso, puri deliri, infusi magici come: l’occupazione a tempo indeterminato finanziata alle aziende con la fiscalità generale con il job act…  il pagamento con vaucher del lavoro occasionale che diventa anziché un’opportunità per far emergere il lavoro nero, un’ulteriore possibilità di precarizzare il lavoro… l’abolizione di ogni vincolo di legge sui licenziamenti per giusta causa… la riforma della scuola ingiusta  con la “giusta scuola” senza alcun consenso di insegnanti e studenti… i bonus di 80 euro, i bonus bebe e i bonus pensioni. Ma anche: il ritorno alla lira e l’uscita dalla UE… il blocco dell’immigrazione con i muri e il rimpatrio coatto a chi non è profugo politico …la rincorsa all’armamento individuale per la legittima difesa o meglio una difesa tout court di fronte alla carenza di tutela di sicurezza e di disfunzioni della giustizia dello Stato. Per finire al salario di cittadinanza – sarà uguale per tutti e indipendentemente dall’età? O sarà progressivo sulla base del reddito familiare? Quale asse portante di un programma politico ampio e di grande cambiamento sul quale i 5stelle da tempo stanno lavorando e che una volta pronto verrà messo in consultazione tra di loro, attraverso la rete sul Blog di Grillo (ma di cui Grillo non è responsabile per quel che viene pubblicato e da lui firmato) che gira sulla piattaforma informatica Rousseau creata della Casaleggio Associati. Chiaramente ciò avverrà solo se alle prossime elezioni… che per loro erano da farsi già ieri l’altro, avranno i voti della maggioranza dei cittadini in modo da poter senza alcuna alleanza “duri e puri” governare da soli per il bene del Paese.  Tutti quanti questi nostri “politici” nella realtà ci appaiono sempre di più senza alcuna politica e nel loro sempre rinnovato entusiasmo (più per la loro sorte che non per quella del Paese) non vedono (che sfigati: ciechi oltre che sordi) che ci stanno trascinando verso una sorte di tipo venezuelano.  Renzi ha sbagliato molto… ho forse è sbagliato proprio “lui”. Ma la strada dello “smontare” questa Italia così come pensavamo che ancora fosse, che sembrava essere il valore aggiunto del suo governo rispetto a tutti gli altri, è naufragata miseramente nella ricerca di un voto plebiscitario su se stesso nel referendum di riforma costituzionale.  Diciamocelo chiaramente una riforma tanto “confusa” quanto “contraddittoria”. Mischiata in un “combinato disposto” con una nuova legge elettorale ‘l’Italicum’, che doveva sostituire quella precedente il Porcellum, dichiarata incostituzionale dalla Consulta. Una legge elettorale, che a sua volta, è risultata incostituzionale. All’indomani del verdetto senza appello che respingeva con il voto consultivo degli italiani il 4 dicembre dell’anno scorso, con ampissima maggioranza, non tanto il merito della citata riforma, ma proprio quel “plebiscito” alquanto ‘populista’ che Renzi chiedeva per se stesso e la sua leadership politica  in Italia e nel Mondo. Una bocciatura totale dell’uomo, insieme a quella della sua politica economica che non era certo la migliore al mondo. Lui il perché sia accaduto ciò,  non se lo è nemmeno chiesto, dimostrando di non aver  capito che con questa Italia ‘immobile’ solo per definizione, ma cambiata profondamente, la strada da imboccare era diversa. Il cambiamento aveva inciso …nella carne viva della gente e nelle loro classi sociali d’appartenenza, letteralmente “squassate” dalla crisi finanziaria ed economica che si era aggiunta alla già ampia ristrutturazione industriale degli anni 80/90 con tutte le sue già male metabolizzate conseguenze: Una profonda deindustrializzazione e delocalizzazione di molte delle nostre aziende.  Lo sviluppo di un settore terziario sicuramente diffuso, ma non sempre di qualità e, soprattutto rivolto solo al nostro mercato interno. La micro dimensione delle nostre aziende e della nostra stessa Economia rispetto ai processi di internazionalizzazione avviatisi con la globalizzazione.  L’ulteriore caduta occupazionale, a fronte delle nuove tecnologie informatiche con i conseguenti processi di ristrutturazione delle competenze di lavoro e il venir meno di molte attività e professioni. Ristrutturazioni spesso  supportate esclusivamente dalla fiscalità generale con ampi ricorso alla cassa integrazione e alla mobilità. L’anticipazione delle prestazioni del welfare pensionistico per alcune categorie ‘particolari’ di lavoratori di fronte all’impossibilità di un loro reimpiego (un esempio per tutti i ferrovieri). A chi era dentro le vicende del mondo lavorativo del Paese, tutto ciò era noto e appariva chiaro, che una Italia tutt’altro che ‘immobile’ che era già cambiata completamente e spesso fuori da qualsiasi controllo e ‘governo’ dei cambiamenti prima ricordati, che erano avvenuti spesso ‘contro’ la gente, mutandone la collocazione sociale e le condizioni reali di vita. Determinando nuove emarginazioni e ulteriore e più generale impoverimento di molti di noi.  A chi già c’era era chiaro che con una Italia così non si andava da nessuna parte… non avevamo più Santi in paradiso e saremmo finiti per l’eternità, sotto la linea dell’1 per cento di crescita, fino a quando, come già si vede, anche questa linea comincerà a essere un miraggio. Non interessa più a nessuno, oggi,  un dibattito sulla crisi e le sue conseguenze ne meno che meno sulla riforma della politica e le sue forme di rappresentanza sociale (partiti, istituzioni e loro poteri)  in quanto è già stata fatta e “bocciata” nel profondo della coscienza della gente… alla quale ormai interessa sottolineare invece, come la politica quella “vecchia” e purtroppo anche quella così detta “nuova”, non abbiano più la possibilità di raccontare all’Italia la “favola” della ripresa economica e della crescita del PIL, della conseguente ripresa occupazionale e della possibilità di una ridistribuzione equa della ricchezza prodotta tra tutti quanti. Basta con una politica bugiarda… nessuno ci crede veramente più…  Non ci saranno chiunque ci governerà  exploit economici tali o addirittura  migliori di quelli degli anni del “boom” economico Italiano… Nessun  “miracolo” economico è alle porte. La politica deve tornare ad occuparsi di un’economia reale e delle condizioni materiali di vita della gente, nel cercare di contenere le diseguaglianze che già nel paese erano sempre state tante. Bisogna tornare invece a ragionar di lavoro, di investimenti, di ricerca e innovazione, di funzionamento dello stato, ecc. ecc. Ovvero se non si ha il coraggio di dire cosa e come è  già cambiato il Paese e cosa ancora deve cambiare… ma soprattutto chi (delle classi sociali rimescolate dalla crisi) debba pagarne i costi ulteriori di questi nuovi cambiamenti. Se non si parte dalle diseguaglianze esistenti che nella crisi sono aumentate, se non si torna a ragionare di ‘solidarietà sociale’ di sussidiarietà  nel ripartire o meglio nel ridistribuire le poche risorse rimaste e quelle nuove che si potranno produrre in futuro, dicendo chiaramente che chi ha già di più deve dare di più a chi ha di meno… diventa inutile continuare a discutere. Se la politica anziché unire continuerà a dividere,  è cattiva politica: e la gente lo  urlerà sempre  più forte! Gli storici ci diranno quando è successo che l’Italia è diventata un paese condannato all’insuccesso. Già in via provvisoria, si può indicare il luglio del 1992, quando la lira è costretta a uscire dal sistema monetario europeo, a svalutare, Amato dovette fare una finanziaria mostruosa (con un prelievo vicino ai 100 mila miliardi di lire) e prelevare addirittura di notte soldi direttamente dai conti correnti dei cittadini. Tre mesi dopo, quando Amato dovette lasciare, la politica è paralizzata, e quindi si decide di prendere Carlo Azeglio Ciampi dalla Banca d’Italia, dove faceva il governatore, e gli si affida il paese, pregandolo di evitare se possibile il fallimento ormai alle porte. E’ in quel momento che la politica avrebbe dovuto capire che era ora di cambiare registro, di riformare finalmente il paese e se stessa. Invece non ha fatto niente. La politica, come sappiamo, è stata poi riformata a “pezzi” dai magistrati. Applicando le leggi fatta dai politici per governare il Paese… leggi che la politica pretendeva non valessero per lei. E quindi male, malissimo. Il paese invece è stato lasciato andare alla deriva.  E ha cominciato a strisciare sul fondo, salvo qualche impennata dovuta alla congiuntura internazionale. Da allora non è successo più niente, la storia si è fermata. O, meglio, sono successe tante cose, ma la sostanza non è mutata. Siamo politicamente ancora il paese che eravamo allora e che per miracolo non era finito in default.  Ecco perché oggi, chi propone grandi crescite, lavoro, ricchi stipendi, recupero della classe media dice cose che non hanno alcun rapporto con la realtà. Difende solo Privilegi e Caste. Non esistono ricette magiche in economia. Nessuno ha mai creato benessere stampando soldi (attività tecnologicamente semplice e a basso costo, peraltro). Si cresce la metà degli altri, in conclusione, perché siamo più arretrati, Si cresce poco perché abbiamo una politica che discute di rimborsi e di leggi elettorali, o di vie di fuga fiabesche come quelle già ricordate di ritorno alla lira di uscita dall’Europa ecc. ecc.. L’unica politica che si vede è quella preda di una sorta d’incantesimo che la sospinge verso l’età dell’asilo infantile. Tutti parlano, i giornali grondano di pensosi editoriali, i talk show sono pieni di gente urlante impossibili exploit. Ma di veri disegni riformatori a partire da una legge elettorale “normale” che sia costituzionale e che permetta di scegliere democraticamente coloro che ci dovranno governare e soprattutto cosa devono fare dopo aver proposto,  discusso e confrontato i contenuti di un programma di governo con l’elettorato con cui hanno assunto l’impegno di realizzarlo nel tentativo di risanare economicamente il Paese. Rinnovando al tempo stesso, visto che non è stato fatto prima quando andava fatto, i ‘Valori’,  i tempi della politica e delle istituzioni. Ricordandosi che la Politica deve prima di tutto essere un servizio nei confronti degli elettori rappresentati e delle loro necessità. Che l’economia del Paese deve essere governata equamente al servizio dell’intera Società. E non  corrispondere, come spesso è avvenuto e ancora avviene, ai desideri e alle fortune politiche ed economiche di gruppi e/o dei singoli rappresentanti eletti. Il nostro Paese ha una classe politica e una classe dirigente complessiva che non ha saputo fare le riforme che doveva fare, a partire dai compiti e contenuti della Politica Economica e non solo delle forme della propria rappresentanza… abbicando a governare il cambiamento di una Società comunque in forte mutamento così com’è avvenuto negl’ultimi 25 anni. Ma soprattutto una politica che al di là di definirsi “nuova” per dato puramente anagrafico, è lei risultata ‘immobile’ e oggi …risulta ancor più vecchia sul piano della gestione del potere e nella pretesa di non dover rispondere a chi che sia. Una Politica  che vuole mantenere se stessa non avendo alcuna voglia di cambiare, una classe politica che è destinata ad ulteriori insuccessi.

Il dramma vero è quello della Gente di questo Paese, che con questa Politica non crescerà mai più… anzi.

E’ sempre tempo di Coaching!”

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