…Ora il problema non è quello psicologico, che comunque pesa, ma quello economico. Le reazioni, nei momenti di crisi, permettono agli uomini di affrontare la questione della sopravvivenza. La reazione al pericolo non dà il tempo di riflettere. Le ricadute, più che altro, possono arrivare dopo. Anche se io – come detto – sono ottimista. Le tensioni sociali possono scaturire più che altro dagli effetti economici sulla gente comune, sui cittadini. Fino a questo momento, bene o male, ce la siamo cavata: chi con i risparmi in banca, chi con la pensione dei genitori… Adesso invece iniziamo a percepire delle difficoltà relative a rimettere in moto la macchina produttiva. C’è il rischio che molti non ci riescano: Si vedono ormai quotidianamente queste difficoltà. I negozi chiusi I negozianti che manifestano le loro ansie. Le Parttite IVA, in generale tutte le attività legate al turismo. Lì, in questo settore, dobbiamo essere sensibili e dobbiamo sensibilizzare chi ha il potere: bisogna avere un occhio di riguardo per agevolare la ripartenza. Altrimenti rischiamo di creare forti punti di conflitto. C’è la possibilità di comparare questa reazione a quella ad altre pandemie? Senza dubbio da quando si ha una conoscenza più approfondita della microbiologia, e dunque dei virus e dei batteri, cioè dal 1800, sono cambiate le modalità di reazione alle epidemie, tanto dal punto di vista medico, quanto dal punto di vista culturale. Una premessa: l’uomo vive da sempre a contatto ed in equilibrio con il mondo della microbiologia. L’uomo ha per necessità una coesistenza forzata con i microrganismi, che sono a casa loro anche dentro di noi. Ma prima del 1800 non conoscevamo l’origine di questi esseri invisibili. Per quanto alcuni provvedimenti del passato possano sembrare moderni anche ora: nella peste medioevale così come nella antica Roma venivano isolati interi quartieri e ci si rinchiudeva dentro casa. Ma quelle civiltà non sapevano il perché di queste misure. Si parlava di “umori”, che giravano nell’aria, rendendola infetta. Questa “aria infetta” – si diceva – poteva corrompere il nostro corpo. Alcune risposte erano efficaci, ma solo dal punto di vista pragmatico, non da quello della consapevolezza. Si vedeva che una disposizione funzionava, dunque la si utilizzava. La risposta culturale era invece adeguata all’ideologia culturale dell’epoca: si attribuiva la colpa alla attività del maligno o di altre entità negative. Cercare di eliminare il pericolo proveniente dalla forza negativa e maligna, attraverso pratiche rituali ed esorcismi, era un’altra delle contromisure d’uso comune… Le pandemie avvicinano o allontanano le persone dalla religione? Non sappiamo ancora quante persone si siano convertite durante la fase pandemica. Non sappiamo se assisteremo ad un aumento della religiosità o ad una diminuzione. Quando il Papa ha pregato contro la pandemia in piazza San Pietro, riscuotendo peraltro grande attenzione, hanno studiato comunicativamente come farlo. Chi studia comunicazione non può non averlo notato. E quell’evento ha colpito l’immaginario: la figura del pontefice che da solo cercava di comunicare una vicinanza della Chiesa all’umanità che soffre. Una considerazione sul fatto che, nel corso della antichità, si usava portare in processione la Madonna per combattere le epidemie, dando un segno concreto di presenza della Chiesa tra le strade, dunque tra i fedeli. La Chiesa nel passato era un punto centrale di azione e reazione a queste calamità. Vale pure per i santuari mariani, che alcune volte sono nati proprio come risposta culturale alle calamità. La Madonna in processione per le strade serviva a purificare. Ecco, c’è un cambiamento antropologico della presenza della Chiesa tra i fedeli: un cambiamento epocale. In questa circostanza, la presenza fisica della Chiesa è anch’essa venuta meno. Ultima domanda: i popoli primitivi, penso agli amazzonici, ai masai, alle tribu africane e così via, verranno spazzati via dalla pandemia? Anche in questo caso: non abbiamo dati precisi dell’effetto della pandemia in queste aree meno agevolate dalla tecnologia. Possiamo solo fare una valutazione concettuale: no! Non è credibile che questi popoli verranno spazzati via. Non stiamo parlando dell’epidemia più virale e mortale che sia mai capitata nella storia. C’è un rischio di ricaduta, bisogna usare le accortezze e non dobbiamo pensare che sia finita. Ma i dati della storia parlano chiari: i popoli non scompaiono. I rischi questi popoli li corrono per altri problemi della globalizzazione: quelli economici e quelli derivanti dagli interessi di parte e di quelli delle multinazionali…
(fine)
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