L’uomo moderno è confuso e frammentato… perso nella ricerca della propria interezza ed equilibrio…

Fino a qualche decennio fa esisteva la figura del medico condotto che visitava i suoi pazienti a domicilio, li conosceva da sempre; era anche un po’ psicologo, e ne curava i malanni tenendo ben presente la loro unitarietà di persone. Non si fermava alla diagnosi e alla terapia dei singoli disturbi, ma si faceva carico dell’intero quadro clinico sotteso ad essi; consigliava visite specialistiche, esami o radiografie, ne seguiva i risultati, voleva andare a fondo delle cose. Non si accontentava di aver indicato la strada da seguire, si interessava degli sviluppi generali e voleva vedere i risultati; se quei risultati non arrivavano, consigliava altre strade e dava altre indicazioni. ll paziente, insomma, si sentiva interamente affidato alla sua competenza. Non doveva consultare altri medici, non doveva suggerire la necessità di sottoporsi a questo o quell’esame, di questa o quella terapia; era il suo medico che ci pensava.  Fino a qualche decennio fa, qualche cosa di simile accadeva anche con altre figure sociali: il sacerdote. Egli seguiva i suoi parrocchiani fin da bambini, nell’adolescenza e nell’età adulta; era messo a parte di problemi personali e familiari, dava consigli, raccoglieva sfoghi e smarrimenti. Poi c’era il maestro o, più spesso, la maestra: uno (o una) per ciascuna classe. Magari non sapeva insegnare tutto ugualmente bene; magari non era bravo/a allo stesso modo nel guidate gli esercizi di ginnastica, o a far cantare i bambini, o a spiegare l’aritmetica; e, quasi certamente, non avrebbe saputo insegnare l’inglese, se pure gli fosse stato chiesto di farlo. Però era una figura autorevole che, nella sua professione, non vedeva tanto le singole materie, quanto la persona in divenire che aveva davanti e che gli era stata affidata, ossia il bambino. Il medico, il prete, il maestro: tre figure fondamentali per la vita delle persone, specialmente nei paesi e nei quartieri delle città di provincia. Tre figure che avevano una cosa in comune: vedevano l’essere umano come persona e non come numero nella massa; lo vedevano tutto intero, corpo, mente e cuore; si facevano carico della sua crescita e del suo equilibrio; non guardavano l’orologio ogni momento e non consideravano finito il loro dovere con il termine del loro orario di servizio. Avevano una idea chiara e relativamente semplice (criticabile quanto si vuole) di cosa dovrebbe essere la vita umana, di come dovrebbe essere una persona sana e in pace con se stessa e col mondo: e, se necessario, erano capaci di intervenire con severità. Erano ascoltati; qualche volta temuti; sempre rispettati. La loro onestà, la loro competenza, potevano anche essere messe in dubbio (raramente), ma non la loro funzione sociale, non il fatto che la società aveva bisogno di loro, così come essi sapevano fare e avevano sempre fatto: secondi, per autorevolezza, solo alla figura dei genitori; e, in certi casi, perfino superiori ad essi. Quel che dicevano loro non era messo in dubbio; o, se ciò accadeva, lo era per ragioni molto contingenti; Nessuno, però, negava il loro diritto – e il dovere – di consigliare, intervenire, pretendere; nessuno si sognava di sminuire l’importanza della loro opera. Non ci si aspettava che queste figure fossero geniali; ci si accontentava che sapessero svolgere con onestà e competenza le loro mansioni. In altre parole, esisteva nei loro confronti un rapporto di tipo personale, oltre che istituzionale, basato sulla fiducia: da uomo a uomo. Oggi, queste figure sono scomparse. Il medico della mutua ti riceve in fretta, dopo una lunga fila in sala d’attesa; non viene a casa, neanche se i bambini hanno la febbre alta. Basta coprirli bene, niente paura; un tempo ci insegnavano che la febbre si cura stando a letto, al caldo, ma erano tutte fisime dei medici del tempo andato. Anche il prete è quasi scomparso. Costretto a mandare avanti la parrocchia da solo, o magari a seguirne due o tre, è sempre di corsa, non ha mai tempo di fermarsi. Non conosce a fondo i suoi parrocchiani e non parla quasi mai con loro. Il maestro unico (che pare verrà reintrodotto) ha ceduto il posto a quattro, cinque insegnati più o meno specializzati: quello dell’area linguistica, quello dell’area scientifica e matematica, quello di lingua inglese, quello di religione, quello di canto corale. Ma nessuno ha più il carisma dei maestri d’un tempo. Le famiglie li criticano impietosamente davanti ai propri figli, distruggendone l’autorità. Del resto, la televisione e Internet fanno scuola molto più di loro. Ciò che accomuna le nuove figure professionali che hanno sostituito il medico condotto, il parroco e il maestro è l’opposto di ciò che accomunava quelle: l’assenza di una visione unitaria dell’uomo, della vita, del mondo. Prevalgono lo specialismo, il riduzionismo, la tendenza a delegare quote sempre maggiori della propria professionalità e della propria responsabilità. Conclusioni. La società sembra aver: “smarrito la coscienza dell’unità della persona, dell’importanza di trattare ogni individuo come parte di un progetto cui tutti sono chiamati a collaborare…” la Società si è “liquefatta” e la “polis” ha perso il suo senso profondo. Prevalgono l’individualismo becero, il relativismo compiaciuto; furoreggia il «pensiero debole» in tutte le sue varianti e sottospecie; e si prova persino un misto di orrore e commiserazione per ogni forma di certezza… Domina la violenza. In un mondo che ha fatto della crisi di ogni valore positivo una bandiera di fierezza, solo gli arroganti e i fanatici possono avere ancora la pretesa di insegnare delle verità certe. Il risultato è che il profondo malessere (disagio esistenziale) dell’uomo contemporaneo, la sua inquietudine negata e insoddisfatta, la dissociazione del suo io profondo, non trovano più uno “straccio di figura sociale” che possa lenirli… Sembrerebbe che non è più responsabilità di nessuno, che esuli dalla competenza di tutti!?!?  E’ tempo di cercare se stessi e superando confusioni e frammentazioni ritrovare la propria “interezza”  ed equilibrio…

“E’ sempre tempo di Coaching!”

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