Manovra del Popolo: cosa succede con il deficit al 2,4%?

Il governo Lega-M5S giovedì a tarda sera, ha presentato il suo Documento Economico Finanziario che prevede il deficit al 2,4%. E Giovanni Tria non si è dimesso nonostante i graziosi inviti penta-leghisti, dimostrando così di non essere un argine e nemmeno un salvatore… Il governo del cambiamento anziché su di una politica di crescita nuova che punti su investimenti e lavoro, punta su spesa corrente e crescita del deficit ovvero sul vecchio assistenzialismo… La Manovra del Popolo quindi va verso una prevedibile bocciatura a Bruxelles che probabilmente arriverà già prima della sua approvazione. La manovra che sarà presentata a metà ottobre dovrebbe andare molto oltre i 30 miliardi: 17 per pensioni e redditi. Nello specifico ci si attende che il reddito di cittadinanza, che partirà nella seconda metà del 2019, preveda una spesa di dieci miliardi di euro. Altri 7 miliardi saranno necessari per ripristinare le pensioni di anzianità attraverso una quota 100 con un minimo di 62 anni di età e 36 anni di contribuzione ma senza nessun altro paletto. Poi c’è un pacchetto fiscale del costo di 3,5-4,5 miliardi. Il tutto porterà il deficit al 2,4%: 1,5 punti in più rispetto alle indicazioni del DEF targato Gentiloni-Padoan (0,8% aggiornato allo 0,9% per la minor crescita rispetto a quella stimata) e circa 1,2-1,3% in più sul tendenziale aggiornato a via XX settembre (1,1-1,2%). Tutti si aspettavano una battaglia del ministero dell’Economia per salvaguardare gli argini dell’1,9% che erano stati l’ultimo compromesso offerto in via XX Settembre. I giornali raccontano che il Colle si è mosso per evitare le dimissioni del ministro. Mattarella, scrive Repubblica, ha telefonato al presidente del Consiglio per chiedergli di arrivare a un compromesso più digeribile, senza alcun risultato. Poi è passato a Tria a cui ha chiesto di resistere in nome della politica della riduzione del danno. Marco Bresolin sulla Stampa segnala che la linea rossa tracciata dai negoziatori Ue nelle trattative con Tria (deficit all’1,6% del Pil) è stata letteralmente spazzata via. Secondo le raccomandazioni della Commissione (approvate anche dall’Ecofin e dal Consiglio europeo, con il via libera di Tria e di Conte), nel 2019 l’Italia dovrebbe ridurre dello 0,6% il proprio deficit strutturale (quello calcolato al netto del ciclo economico e delle misure una tantum). Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis avevano aperto a uno sconto dello 0,5%, disposti ad accettare una riduzione minima del saldo strutturale (0,1%) e del debito. Che invece continueranno ad aumentare. Basta questo per allontanare decisamente l’Italia dal rispetto dei vincoli europei, ma soprattutto dalla fiducia degli investitori. Proprio ieri la Bce ha ricordato nel suo bollettino che la volatilità dello spread sui titoli italiani è legata «al perdurare dell’incertezza politica». Il dado è tratto. Anche perché se la UE darà l’ok a Macron e no all’Italia per Salvini e Di Maio ci dovremo preparare, in barba ai calcoli e ai ragionamenti, l’argomento-principe per una dichiarazione di guerra alla Burocrazia UE che potrebbe costituire il leitmotif della campagna elettorale. E andare oltre. Ora occhio al calendario: la decisione di Salvini e Di Maio è il prodromo della campagna elettorale per le elezioni europee, che però arriveranno a maggio. Prima il governo dovrà dimostrare di riuscire ad arrivare indenne fino a quella data. Il 15 ottobre la Commissione riceverà il testo della Legge di Stabilità: secondo le regole, dovrebbe bocciarlo entro un paio di settimane e chiedere al governo di cambiare. Con il prevedibile rifiuto, a novembre la Commissione Europea dovrebbe registrare la violazione e quindi chiedere di far partire le sanzioni. Insomma, di fronte a qualche zero virgola Juncker e i suoi bocceranno il bilancio italiano — la prima volta nella storia dell’euro di un ko preventivo di una manovra non ancora passata in Parlamento per di più sfidando il governo nazional-populista a pochi mesi dalle europee — a questo punto appare chiaro che sarà impossibile far passare la manovra se questa conterrà il 2,4% inserito ieri nel Def. E a Bruxelles spiegano come non regga il parallelo con la Francia di Macron usato da Lega e M5S come grimaldello verso Tria: il 2,8% annunciato da Parigi comunque centra una riduzione strutturale del deficit dello 0,3%, in linea con il Fiscal Compact. Senza contare che il debito transalpino è ben sotto al 100% e sui mercati gode di una forza lontana anni luce da quella italiana. A questo punto appare inevitabile: se tireranno dritto, Di Maio e Salvini in campagna elettorale potranno fregiarsi del titolo di primo governo europeo dalla nascita della moneta unica la cui manovra viene preventivamente respinta dall’Unione e che finisce sotto procedura anche con un deficit sotto al 3%. Con tanti saluti ai mercati. Quello che ci si aspetta prima dell’UE è una ripresa della corsa dello spread venerdì sera già si registravano + 40 punti e la Borsa segnava un – 3,72%. E oggi, si sono per tutto il giorno inseguite le valutazioni e le previsioni su ciò che da lunedì potrà avvenire allo spread. Ma, com’è prevedibile, lo spread schizzerà verso l’alto specialmente quando le valutazioni delle agenzie di rating andranno nella direzione che sembra già annunciata… A quel punto potrebbe diffondersi il contagio nel resto d’Europa (ipotesi meno probabile, visti i precedenti temporalmente più vicini) oppure l’Italia potrebbe rimanere più o meno da sola a fronteggiare l’onda. Da sola significa che l’Autunno Caldo in arrivo potrebbe mettere a rischio la tenuta stessa del governo gialloverde. Anzi, un’ipotesi complottistica che da ieri circolava raccontava che l’ok di Tria e Mattarella scontava proprio la possibilità che alla fine sarà proprio una spallata esterna a mettere in crisi il governo. C’è però un problema in questa interpretazione, o meglio una conseguenza non considerata: chi è stato in grado di scordarsi i calcoli nei decreti leggi e poi incolpare i tecnici non avrebbe nessun problema a scatenare una controreazione “del popolo” contro i mercati che ci vogliono togliere il pane. A quel punto si ballerebbe molto di più. Da tutti i punti di vista… democrazia rappresentativa compresa!!

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