Matteo Renzi è pronto a far cadere Conte e coltiva il sogno della grande destra…

Si avvicina il momento della resa dei conti: Matteo Renzi prepara la spallata al premier Giuseppe Conte e inchioda il governo in Commissione Giustizia sulle intercettazioni. E Italia Viva continua a crescere, altri due trasfughi da Leu e PD… Siamo alle battute finali dello scontro tra Matteo Renzi e Giuseppe Conte? Probabilmente il presidente del Consiglio ha realizzato definitivamente  che in questo modo non si può andare avanti. L’ennesima dimostrazione (dopo il dibattito sulla prescrizione)  arriva dai lavori in Commissione Giustizia sulle intercettazioni. I renziani hanno inchiodato le altre forze di maggioranza su un emendamento. Fanno il bello e il brutto tempo. Altro che è scappato, è vinto, è battuto. Se così fosse, allora perché restano tutti appesi alle mosse di Renzi? Talk show imbizzarriti, giornali preoccupati, portavoce dei leader furibondi, ministri scocciati, peones impauriti. Partiti e mass media si stanno incartando. La domanda che circola nei sacri palazzi della politica è una sola: «ma avete capito veramente cosa vuole fare?» Ricostruire un grande centro e fare l’ago della bilancia della politica italiana. Siete sicuri? Non è che ha cominciato un sogno diverso? Magari quello di essere l’ago della bilancia, sì… ma di un grande centrodestra?! Magari proprio attraverso il tentativo di riproporre un punto chiave delle riforme istituzionali già oggetto del referendum che perse nel 2016? Lanciando quindi un accordo sulle riforme, il più ampio possibile. Con un patto di legislatura fino alla scadenza naturale del 2023. Lo dirà chiaramente stasera a Porta Porta, Quel che ha in mente è  il modello del ‘sindaco d’Italia’, quindi bisogna puntare all’elezione diretta del premier”. La tesi più accreditata in queste ore, descrive il fondatore di Italia viva determinato a rilanciare sulle riforme, per non restare schiacciato sul profilo del “rottamatore”. E poiché Renzi ha detto che la sua uscita di stasera sarà importante per le sorti della legislatura, l’ipotesi che prende forma è questa: il senatore di Rignano proporrà a tutte le forze politiche di aprire una legislatura costituente. Sedersi a un tavolo e ragionare dell’architettura istituzionale del Paese, in senso presidenzialista. Nuova riforma elettorale ed elezione diretta del premier. Tutto “fumo negli occhi” per Conte – che verrà comunque indicato come guida troppo debole per un Paese in crisi economica – e strizzerà l’occhio al centrodestra, a cominciare proprio da Matteo Salvini. Tutto torna, l’uomo cerca soprattutto la rivalsa  personale, riproponendo una riforma isituzionale che ha per obiettivo principale l’elezione diretta e plebiscitaria del premier (del capo del governo) al di fuori della dimensione partitica e parlamentare. Che pensare di ciò?! Francamente si resta senza parole… ma dove sono i problemi della gente, le fatiche del vivere quotidiano: del lavoro che manca dei bassi bassi salari, dell’economia bloccata, del debito pubblico che continua a crescere, della disoccupazione giovanile, delle diseguaglianze sociali che aumentano, della scuola e della salute ecc. ecc.. Il problema del Paese è dunque l’elezione del premier vox popoli? Ma francamente è possibile che ancora Renzi pensi all’uomo solo al comando e con i pieni poteri? Tre mesi fa era stato il leghista Giancarlo Giorgetti a lanciare la suggestione di un tavolo bipartisan per le riforme istituzionali e Renzi disse subito di sì alla proposta, definendola “saggia e intelligente”. Ora tocca a lui e la reazione da tenere d’occhio (oltre a Conte) sarà proprio quella di Salvini. Matteo&Matteo, attenti a quei due! E il Pd? Attenti! Che Zingaretti non commetta l’errore di sospingerlo in quella direzione: lasci fare tutto a lui… La discussione sulla sopravvivenza del governo Conte allontanerà molti altri cittadini dalla politica e potrebbe già ingrassare Matteo Salvini o Giorgia Meloni. Il Pd lo tenga debitamente a mente. Il tema gli si presenta ormai quotidianamente perché quotidianamente il Pd deve fare i conti con le esternazioni di Matteo Renzi dei suoi alfieri e delle sue “girl”. La “questione Renzi” l’hanno in parte risolta, e la risolveranno, speriamo definitivamente (prima o poi) ancora gli elettori. A lui il Pd deve già la grave sconfitta elettorale, a lui i naviganti disperati di Italia viva dovranno la loro non rielezione in parlamento. Tuttavia il Pd deve decidere come interloquire con lui. Può farlo alla maniera di Goffredo Bettini minacciando l’intervento di truppe cammellate parlamentari raccattate qui e là. E allora sceglierebbe la strada che potremmo definire “via Tafazzi”. Oppure potrebbe cominciare a porsi alcuni interrogativi e scegliere esattamente che fare? Renzi si agita molto  perché vuole il primato in politica, ma anche chi ha un ego mostruoso come il suo sa che in questo momento il suo obiettivo massimo è sopravvivere anche per non essere stritolato dai magistrati. La questione che lo riguarda, e sulla quale lui non ha ancora preso una decisione, è dove collocare quell’ipotetico 4-5% dei voti che potrebbe (nessuna sicurezza c’è oggi a riguardo) raccogliere se si va al voto. Finora aveva dato l’idea di volersi collocare (visto le previsioni) in posizione critica nel centrosinistra, addirittura allargato ai grillini, per fare quello che fanno i piccoli partiti: grande casino, grande potere. A mano a mano che le cose vanno avanti appare sempre più chiaro che questa prospettiva non eccita più il “bullo toscano”,  che ha sfasciato tutto quello che gli è capitato di toccare, vero Re Mida alla rovescia. È molto probabile che quel Renzi che dichiara che dopo Conte c’è un altro governo ma non le elezioni e che se non farà quel che lui dice, a quel punto lui andrà all’opposizione… stia facendo le prime prove per un radicale cambio di prospettiva. Sono solo sospetti e timori?! La situazione sembra addirittura destinata a peggiorare perché Matteo Renzi sarebbe convinto del fatto che Conte abbia una maggioranza alternativa per sostituire Italia Viva. E il leader di Italia viva non avrebbe apprezzato il presunto sondaggio del Presidente del Consiglio. Per favore qualcuno avverta Teresa Bellanova che si “volta gabbana” un’altra volta. Secondo me (e altri) quindi, Renzi ha in testa  di diventare il traghettatore di un centrodestra elettoralmente oggi molto forte …ma politicamente zavorrato dalle cretinate di Salvini e dei suoi vari “Borghi” anti-europei. Nonché dalla presenza di una Meloni (di cui tanti non si fidano), ma che è comunque in crescita elettorale all’interno di quello schieramento. Collocandosi in questa area Renzi potrebbe diventare il dominus dello schieramento di destra fornendogli, assieme a ciò che resta di Forza Italia, il crisma della correzione centrista… che Berlusconi oggi non offre più. Del resto le politiche di Renzi non hanno grandi conflitti con quelle della destra a parte l’immigrazione che resta un tema divisivo solo perché Salvini quando ne parla è già sovreccitato di suo. Detto in altre parole. Renzi a sinistra da sempre non sa chi è esattamente, a destra invece, sa chi è o almeno crede di saperlo. Nicola Zingaretti, al netto dei suoi “consigliori romani”, può già fare alcune cose, anzi deve farle. Può essere il leader della forza di governo che tiene in piedi l’Esecutivo a certe condizioni di contenuto. Oggi, per esempio, impedendo l’applicazione della riforma Bonafede e abolendo la legislazione securitaria. Lo stesso Zingaretti però deve avere una politica verso Renzi. Non si tratta di diplomatizzare i rapporti. Renzi è un maleducato e merita tutti i vaffa che ci sono in giro. Tuttavia sospingerlo o aiutarlo a sospingersi ulteriormente verso destra sarebbe un errore capitale. L’avvenire della sinistra sta nel fatto di cercare di radunare quante più forze è possibile. Poi come sempre accadrà che alcune di esse si sottrarranno all’incontro e andranno dall’altra parte, ma dovrà essere chiaro che l’hanno scelto loro. Che sia Renzi che dica dove vuole stare. «Che fai mi cacci?», la frase di Gianfranco Fini, che Renzi adopera contro Giuseppe Conte deve apparire per quello che è …cioè ridicola. È tempo, quindi, che i dirigenti del Pd  tutti nessuno escluso (ma qualcuno più nuovo (di Bettini) e meno compromesso con pasticci romani precedenti non c’è?) si avviino sulla strada dei contenuti della politica perché i muscoli e i numeri non servono, soprattutto quando non ci sono e c’è solo il palazzo e i suoi poteri…

 

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