Minniti, un candidato per l’unità del partito? Non sembrerebbe anzi, il rischio è quello di essere un candidato controverso e divisivo… D’altronde il vero obiettivo di Matteo Renzi, è sempre (dopo il 4 marzo) quello di creare le condizioni per far saltare il congresso. Non ha alcuna intenzione di giocarsela in campo aperto. Lavora per ulteriore caos nel PD. L’obiettivo grosso di questa mossa dell’ex Segretario è Gentiloni e la sua collocazione negli schieramenti che vanno formandosi. Stamattina Paolo Gentiloni sarà presente alla manifestazione romana di Zingaretti “Piazza Grande”, basterà questa sua presenza a far capire da che parte sta. Dando così un sostegno esplicito alla candidatura di Zingaretti a segretario. E visto che non è ancora del tutto certo e la possibile corsa di Minniti può scuotere ancora gli equilibri che vanno formandosi, Gentiloni sta facendo anche un lavoro più utile alla causa di Zingaretti sottotraccia, diplomaticamente tenterà di convincere l’ex Ministro dell’Interno a chiudere la sua fase di riflessione con un “no grazie”. Realisticamente l’ex Ministro dell’Interno non ha grandi speranze di vincere contro Zingaretti. Tuttavia può regalare a Renzi la più dolce delle sconfitte, dandogli la possibilità di negoziare un posto in maggioranza, senza dover sparire definitivamente dalla scena politica… questo è il pensiero vero dell’ex segretario. Proviamo ad approfondire qualche ragionamento. Chi conosce bene Marco Minniti sa su cosa sta riflettendo, dopo che 13 sindaci d’area renziana l’’hanno sollecitato a scendere in campo alle primarie. «Se capirò che la mia candidatura può essere divisiva per il Pd, non accetterò di correre alle primarie». È questo il ragionamento che gira e arrovella la mente di Marco Minniti, in queste ore in cui è chiamato a sciogliere la riserva sulla sua partecipazione, da protagonista, al congresso del Partito Democratico. Dopo l’appello firmato dai tredici sindaci renziani che hanno proposto la sua “candidatura unitaria”, per l’ex ministro dell’Interno è un susseguirsi di telefonate con i suoi consiglieri principali, per capire cosa fare. Ieri, per esempio, ha avuto un lungo confronto con Graziano Delrio, che, insieme a lui, ha sempre rappresentato il profilo ideale, nella testa di Matteo Renzi, da proporre in chiave anti-Zingaretti… Il tema principale è proprio questo. Minniti è disponibile a fare il candidato di Renzi? Certo, l’autorevolezza e l’autonomia dell’uomo non sono in discussione, ma è chiaro che l’indirizzo, anche mediatico, che prenderà il congresso sarà ancora quello della sfida tra renziani ed anti-renziani, con tutto ciò che ne consegue. Neppure lo stesso Zingaretti, che secondo molti osservatori interni, resta comunque il favorito anche in caso di discesa in campo di Minniti, non ha alcun interesse all’inasprimento e alla polarizzazione della sfida interna. Anche perché, al momento, rimangono comunque in corsa almeno altri tre candidati: Matteo Richetti (che non sembra voglia ritirarsi, nonostante il messaggio, neppure tanto velato, da parte dei renziani), Francesco Boccia (in nome di Michele Emiliano) e il giovane – senza particolari velleità – Dario Corallo. L’obiettivo di Renzi, sarebbe quindi quello di utilizzare Minniti per sparigliare le carte, per limitare il consenso crescente di Zingaretti e per imbrigliare ancora una volta il Pd… Quello che si rischia è ulteriore caos. Il ragionamento di Renzi è questo: “Senza un candidato forte della mia area, Zingaretti stravincerebbe il congresso. Lo sanno tutti, in questo momento non ci sarebbe partita”. E allora perché i sindaci renziani, che dicono di muoversi in nome dell’unità, non appoggiano Zingaretti? Se davvero stessero cercando un candidato unitario, perché non scegliere quello che è in campo da sei mesi, che ha un’importante ruolo istituzionale e di governo, che è una delle poche facce vincenti del Pd dopo il 4 marzo? Perché, evidentemente, l’obiettivo è un altro sparigliare le carte, restare in campo nel partito e imbrigliare il dibattito e la linea politica del Pd. Non tutti sanno, infatti, che il regolamento congressuale del Pd prevede vari passaggi. Il primo sono le cosiddette convenzioni, il voto degli iscritti, che circoscriveranno la corsa ai primi tre candidati usciti dalla partita che si giocherà nei circoli. Poi sarà la volta delle primarie, aperte agli elettori, tra i primi tre. La scommessa di Renzi è che Zingaretti si fermi sotto il 50%. In questo caso a decidere chi sarà il segretario sarebbe l’Assemblea nazionale, dove scatterebbe la corsa per accaparrarsi il voto di ogni singolo delegato. Tutto questo si tradurrebbe in una sorta di maxi-rissa tra correnti, capi bastone, liste e listarelle che potrebbe portare al collasso acuendo ancora di più le divisioni nel Pd. Anche perché è la stessa figura di Minniti a crearne. E questo è ciò che sta cercando di capire Minniti in queste ore. Se davvero questo fosse il quadro, il suo timore di essere un candidato divisivo sarebbe più che giustificato. D’altronde, sia la tempistica che la modalità della lettera dei sindaci per indurlo a prendere una decisione, è una cosa del tutto inusuale, oltre che ai limiti della correttezza politica. Ma in questa fase nulla viene lasciato al caso. Matteo Ricci, sindaco di Pesaro turborenziano e architetto dell’iniziativa, parlava da giorni della necessità di una candidatura unitaria. Il terreno era stato preparato dallo stesso Delrio. Maurizio Martina che ancora ieri non escludeva una sua candidatura – è stato colto di sorpresa dalla mossa dei renziani, che negli ultimi giorni avevano lasciato trasparire la possibilità di un appoggio nei suoi confronti, Insomma, di unitario, questa candidatura avrebbe ben poco. Renzi lo sa benissimo e Minniti ci sta pensando e…
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