PD: Renzi “Cosa devono fare gli italiani per fargli capire che vogliono liberarsi della sua leadership nel Pd?”

“La sinistra è speranza o non è; è popolo o non è”. Così scrive Walter Veltroni nel suo ultimo articolo sulla crisi della Sinistra più in generale e in particolare sui guai del PD. E il nocciolo della crisi della Sinistra, in Italia come in Europa, probabilmente sta proprio lì, nell’aver alla fine perso cognizione di sé stessa e ora ad ulteriore dimostrazione di uno “strabismo” politico c’è chi si fa tentare da ulteriori terze vie (dopo Blair) guardando a Macron (forse buona per l’Europa, molto molto meno per la politica italiana). È stato detto tante volte e ormai da parecchio tempo, ma vale la pena ripeterlo visto i molti sordi presenti nel Partito Democratico. Di fronte al neoliberismo e alla globalizzazione, la Sinistra il PD ha pensato di poter essere ancora protagonista, sostituendosi alle élite moderate e conservatrici per gestire meglio quei processi… Così facendo è finito ‘sotterrato’ dalle domande di protezione del suo mondo di riferimento, le classi subalterne e le richieste di “affidabilità” da parte della comunità economica. Ha cercato di ammansire e gestire lo spirito ‘feroce’ del capitalismo senza regole e senza confini. Ed è finita contaminata dall’ideologia e dalla cultura politica di quello che un tempo veniva definito l’avversario di classe. Diciamolo in modo più semplice quando: tra Marchionne e il sindacato” si sta con Marchionne (buonanima) vuol dire che si è perso proprio il legame con il popolo, si è reciso il cordone ombelicale con la propria storia; vuol dire che è stata assorbita in toto la logica neocapitalista, fino all’ultima stilla. La sinistra, cioè il Pd, perché altro non è rimasto se non dei “cespugletti”, non ha nemmeno percepito il disagio che invadeva milioni di cittadini in questi ultimi anni. E chi lo faceva notare era, al meglio, un grillo parlante, al peggio, un disfattista, un sabotatore, un “gufo”. Per la verità la sinistra ha perso la bussola non solo negli ultimi anni, sotto la guida di Matteo Renzi. Ha sicuramente incominciato a smarrirsi ben prima, già ai tempi del Pds-Ds, quando cercava di togliersi di dosso lo stigma di uno statalismo senza logica economica e di una ostilità sorda all’impresa privata. La differenza è che per quasi tutta l’ultima legislatura, il Pd ha governato praticamente da solo. Non era mai successo nella storia repubblicana che la Sinistra avesse un controllo così esclusivo dell’arena parlamentare e di quella governativa. E quindi cadeva sulle sue spalle tutta la responsabilità politica. Come l’ha gestita si è visto nella parabola che segna il passaggio dagli 11 milioni di consensi del 2014 ai 6 del 2018. Con Renzi, in questi ultimi anni la dissociazione tra Sinistra e popolo ha raggiunto l’acme. Al punto tale che lo stesso Marchionne ebbe a dire: “Sono deluso da Matteo Renzi. Mi è sempre piaciuto come persona, quello che gli è successo non lo capisco… Quel Renzi che appoggiavo io non l’ho più visto da un po’ “. Come fosse un pneumatico senza più grip. Scaricato?! L’errore ‘fatale’ di Renzi, ma un po’ di tutti quanti quelli dell’establishment nazionale e continentale è che una volta entrato in gioco il Movimento 5 Stelle, non si sono prese le misure esatte, oscillando tra sguardi di altezzosa sufficienza e invettive liquidatorie. Ora i 5 Stelle non erano certo la destra – lo dicono tutte le analisi empiriche – né si identificavano con quel mondo: basterebbe ricordare quali che erano i loro candidati alla presidenza della Repubblica nel 2013, da Dario Fo a Gino Strada per arrivare a Emma Bonino e addirittura a Romano Prodi… A proposito di Prodi, ricordate l’impallinatura della sua candidatura avvenuta ad opera dei 101 del PD i nomi dei quali sono rimasti “segreti”? Chi… col senno di poi, se non Renzi & Compagni? Ma stando ai 5 Stelle. Erano, e sono, un avversario molto pericoloso perché possono combinare richiami di sinistra, come il cosiddetto reddito di cittadinanza, con pulsioni populiste “protettive” delle ansietà di una società sofferente. Di fronte a questa offerta politica, la Sinistra, il PD, non ha più saputo trattenere il suo elettorato, che già fino a quel momento aveva dovuto ingoiare parecchie delusioni per la perdita di potere nel mercato del lavoro e conseguentemente anche nel livello di vita di molti. “Di là” c’era il nemico. Ma una volta crollato il muro di Arcore, il M5S, senza particolari errori alle spalle e suadente nei messaggi sociali, ha fatto breccia a Sinistra. “Sono del PD gli elettori andati verso i 5 Stelle”, scrive Veltroni. “Il problema del Pd è come recuperarli”. Continuare ad irridere e stigmatizzare i loro comportamenti nell’essere la ‘seconda’ gamba del governo con la Lega di Salvini non serve. Il PD non deve recuperare il gruppo dirigente del Movimento, ma i suoi elettori che l’hanno lasciato e votato per i 5 stelle oltre a quelli che l’hanno lasciato e si sono astenuti. E per ciò, serve indicare una speranza: prefigurare la giustizia e libertà del secondo millennio. Utopia? Forse, ma senza speranza non c’è sinistra… Ma veniamo ancora una volta a Renzi. Dice che sbaglia chi pensa di essersi liberato di lui? E questa suona come una minaccia pesante per il partito e per gli elettori. Renzi ormai risulta essere “un’anomalia assoluta” perché non esiste al mondo un leader che perde un referendum costituzionale, poi perde due volte le elezioni amministrative con le più grandi città, poi perde rovinosamente le elezioni dimezzando le percentuali di voto dal 41% delle Europee al 18,5% delle politiche. Ma continua a dire: “Non vi libererete di me!”. Ma, che cosa devono fare gli italiani e gli elettori del Centrosinistra per fargli capire che, invece, vogliono proprio liberarsi di lui, nel senso della sua leadership? Inoltre i sondaggi (Demos) lo vede sprofondare nella sua popolarità, Gentiloni mantiene un’apia considerazione e Martina e lo stesso Zingaretti risultano sopra Renzi nella graduatoria del gradimento dei leader politici. Perché Renzi non riesce a fare il Senatore semplice e adesso fa anche il conferenziere internazionale non solo fa anche il documentarista, è degli ultimi giorni la notizia che lavorerà anche per il suo amico finanziere Serra. Ma che cosa ha in mente Renzi? Perché non si dà pace? Perché non se ne fa una ragione? Fino a qualche mese fa sembrava che pensasse di dover replicare in Italia l’esperienza di Macron. Un’ulteriore scissione via i residui di Sinistra (cattolici e socialdemocratici) e il partito diventava definitivamente il Partito di Renzi. Le proiezioni elettorali gli accreditavano un risultato tra il 4 e il 6%. Troppo poco?  E’ ancora quello il progetto? Allora deve fare in fretta il suo partito personale, visto che fra un po’ i francesi prenderanno a calci nel sedere Macron. Se non vuole rifare la figura del ‘babbeo’ fatta in occasione di definirsi “blairiano” quando Blair veniva già maledetto dagli inglesi? Oppure “clintoniano” “quando gli americani hanno mandato a casa sua moglie Ilary, preferendole Trump. Nonostante lo schierarsi di Obama a favore della signora Clinton. Ma perché non riesce a comprendere che gli italiani hanno detto una cosa molto seria in occasione delle ultime elezioni, confermando quello che andavano ripetendo già da alcune tornate elettorali? Se il Centrosinistra non fa il Centrosinistra, quel vuoto politico lì, lo riempiono necessariamente altri. In politica non esiste il vuoto. E tentare di spostare continuamente al centro la Sinistra, magari facendo un Nazzareno 2.0, alla fine ha penalizzato chi l’ha fatto. Non è più così? Bene! Allora cosa vuole fare veramente Renzi? Anche chi non gli è mai stato particolarmente ostile (dentro e fuori il partito) comincia a preoccuparsi seriamente. Ma, veramente pensa di poter rimanere (com’è ancora di fatto) al comando del PD nel prossimo congresso, se non personalmente per interposta persona (magari convincendo Graziano Del Rio) o comunque con qualcuno della sua area? Nessuno ha mai detto (fino adesso) che dovesse ritirarsi per sempre dalla politica. Ma dopo degli insuccessi così palesi, sarebbe stato ‘sano’ allontanarsi dalla “linea di fuoco” della politica, almeno per un po’, perché solo così si riesce a guardare la situazione in prospettiva, che è una cosa fondamentale in politica, perché consente di vedere le cose sicuramente meglio, da un’angolatura diversa anche per progettare un rientro… Ma se come ha fatto e fa Renzi sta sempre in mezzo, mantenendo così com’è (attraverso i gruppi parlamentari) il controllo “manu militari” del partito, pretendendo di decidere con un continuo ‘Blah Blah Blah’ ancora lui tutto quanto: ruolo e contenuti dell’opposizione al governo “gialloverde”, rimandando alle calende greche il congresso (con buona pace di Calenda), per rafforzare così la sua corrente nel partito vedere come restare maggioranza e senza rinnovare nulla dello stesso… Certo il prossimo congresso del Pd non risolverà ogni problema. Ma senza il Congresso è impossibile ripartire. Sulla data c’è poco da dire. Va fatto al più presto. Se si tardasse, al posto di un congresso politico potrebbe capitare di dover convocare un convegno di reduci. Serve invece un congresso vero, che affronti la natura del Partito, ne affermi la linea politica, ne definisca le ambizioni. Con candidati veri, senza finti unanimismi… E anche la proposta di ieri di Orfini: “Sciogliamo il Pd e rifondiamolo”, è solo una ‘boutade’, per l’ennesi ma distrazione di massa… suona come: non facciamo il congresso e verifichiamo le responsabilità delle sconfitte, ma “tutti” assieme rifacciamo  uno schieramento d’opposizione a questo governo… Caro Orfini, ma tu sei il Presidente di questo PD…  prenditi le tue responsabilità! Assieme al “furbetto di Rignano”. Ha scritto recentemente Luigi Zanda capo-gruppo al Senato del PD nella passata legislatura: “In vista del congresso è stato posto il tema della continuità e della discontinuità in un modo che francamente non capisco. Che partito saremmo se non capissimo che la vita di un grande partito è fatta insieme di continuità e di discontinuità? Il Pd eleggerà un nuovo segretario che guiderà il partito con la sua personalità e il suo stile. Così segnando una discontinuità necessaria. Ma, ripeto, che partito saremmo se non cercassimo anche una forte continuità nei principi fondanti della nostra azione politica? Oggi per il Pd la continuità sta nel rafforzamento dell’Europa e nella lotta ai sovranismi  nella difesa della democrazia, del senso dello Stato, delle buone  politiche sociali, economiche ed ambientali, della scuola e delle scienze. Nella difesa dei diritti e nella conferma dei doveri”. Che altro dire? Renzi  con Orfini e i renziani tutti… sembra che oltre ad aver perso le elezioni abbia perso e perda ancor più, ogni giorno lucidità politica stretto in un “sogno di eterno ritorno” e di una narcisistica rivalsa rispetto a quel che resta del partito e ancor peggio nei confronti degli italiani che non lo hanno più votato… e che non torneranno certo a votarlo… Se l’opposizione all’attuale governo “gialloverde” Renzi pensa di farla con le sue invettive irridendo gli avversari e indicando che le colpe sono sempre di qualcun altro. Renzi non si è mai chiesto le ragioni profonde dell’apocalisse del 4 marzo. E non sarà storpiando il nome di qualche ministro… rottamando per quel che lo riguarda solo l’autocritica a riportarlo in auge… ossia recuperare un rapporto con gli italiani che ormai non gli credono più e che vedono in questo tentativo di eterno ritorno nulla di più della velleità di un leader che non vuole togliersi di torno? Se uno non è lucido abbastanza, da fare cose che non siano dannose per se stesso, per il proprio partito e per il Paese… farebbe meglio a starsene da parte perché altrimenti rischia solo di distruggere definitivamente quel che ha già gravemente disastrato. Renzi, se pensa di ritornare sulla scena della politica italiana rivendicando per se un ruolo centrale con quel: “Pensano di essersi liberati di me, ma hanno sbagliato”. O ancora: “Dopo mesi, il PD deve smettere di fare analisi e iniziare a fare opposizione dura e forte contro questo governo”. La strada del suo ritorno sarà ancora costellata ulteriormente di delusioni. Scrive ancora ‘lucidamente’ il senatore Zanda: “Pensando al futuro del Pd bisogna partire da tre dati storici, indiscutibili. Primo. L’organizzazione territoriale del partito è a terra. Bisogna ricostruirla perché un partito deve avere una struttura forte. Secondo. Il Pd ha raggiunto un pericoloso isolamento politico, senza più forti alleati né al centro né a sinistra. Il tempo della vocazione maggioritaria tornerà. Ma oggi per vincere al Pd servono rapporti leali non solo con i partiti vicini, ma anche con le associazioni di cittadini, di lavoratori e imprenditori, con il mondo intellettuale, con la scuola e la scienza. Serve un rapporto laico e serio con le tante sensibilità religiose che animano in profondità la società italiana. Terzo. Dopo le elezioni europee del 2014 siamo riusciti a dissipare il più grande patrimonio di consenso che un partito di centrosinistra avesse mai raccolto in 70 anni e, conseguentemente, abbiamo perso tutto. Grandi e piccole città. Regioni strategiche. Referendum ed elezioni politiche. Molte di queste sconfitte sono state più di una battaglia persa. Sono state delle vere e proprie umiliazioni politiche. Alcune potevamo evitarle anche solo presentandoci agli elettori con meno presunzione”. E continua: “Il risultato del 4 marzo non è stato improvviso. Seguiva molte sconfitte, determinando un trend che non si invertirà se non saremo capaci di comprendere le ragioni per le quali tra il Pd e vasti pezzi del suo elettorato c’è stata una frattura. Le liste dei candidati del Pd per il 4 marzo sono state definite con modalità molto discutibili. Ma la pesantezza della nostra sconfitta ha cause più profonde. E’ stata una sconfitta politica. Abbiamo perso perché dopo più di 15 anni di stagnazione e di recessione, i buoni risultati di cinque anni di governo non sono bastati. E’ mancata la capacità di dare una prospettiva positiva, è mancata una voce politica che sapesse dare agli italiani una speranza per il futuro. I nostri governi c’erano, con le loro tante luci e le loro ombre. Ma il Pd non c’era. Senza un partito capace di riflessione e di azione, sono mancate l’analisi e le risposte ai bisogni e ai cambiamenti della società. E’ così che le parole d’ordine dell’antisistema hanno preso il sopravvento. Il Pd  non è riuscito a spiegare perché la salvezza dell’Italia può essere solo nell’Europa, perché lo sviluppo si ottiene col lavoro e non con l’assistenza, perché le migrazioni debbono essere gestite e non negate. Al segretario del Pd serve un carisma speciale. Il Pd ha bisogno di una guida che sappia dirigerlo con la forza della linea politica, non con gli scatti della sua personalità. Il segretario deve saper guardare al mondo, all’Italia e soprattutto all’Europa. Pensando alla pace e all’equità sociale. Deve assumersi un impegno organizzativo molto forte. Coltivare le alleanze politiche necessarie per vincere. Occuparsi delle elezioni nel più piccolo dei comuni come di quelle politiche nazionali ed europee. Amministrare con rigore le finanze del partito. Al Pd serve un segretario che cerchi l’unità del partito e si impegni a consultare soprattutto i giovani. Che risponda a chi lo chiama, che accetti ed anzi ricerchi il contraddittorio con chi non la pensa come lui, che ascolti i suoi amici, ma non si accontenti e cerchi di averne sempre di più. I cerchi magici vanno bene per la Lega di Salvini e di Di Maio. Nel Pd i cerchi magici producono danni molto gravi. Il Pd ha bisogno di un gruppo dirigente nuovo, ma anche di rispetto per chi ha fatto la storia del partito. Ci sono tanti giovani che meritano di emergere e che debbono poterlo fare non perché qualcun’altro è stato rottamato, ma perché la selezione si è fatta più democratica”. Renzi è tutto il contrario di ciò sia come profilo caratteriale personale, capacità organizzative del partito e idee politiche. Sembra sempre voler menare le mani, non è affatto inclusivo, è l’opposto, vuole azzerare fisicamente (spingendoli ad andarsene dal partito) coloro che non accettano la sua leadership e il suo “pensiero unico”. Più di un qualche commentatore televisivo o articolista della stampa quotidiana gli hanno chiesto quale fosse stato il suo più grosso errore politico? Col solito irriverente sorrisetto… ha sempre risposto: «Non ho portato la rottamazione fino in fondo». E’ proprio vero Renzi non ha alcuna consapevolezza dei propri errori. Anzi è convinto di non aver fatto nessun errore. E questa smisurata presunzione che gli fa ancora pensare di poter “rottamare” addirittura gli elettori che non lo votano… lo mette definitivamente fuori gioco… lui non se ne è nemmeno accorto ma ha rottamato persino se stesso! Il senatore Zanda è nato nel 1942 ha quindi 75 anni… non sarà quindi certo lui il nuovo segretario del PD… ma è partendo dalle sue considerazioni e dalle necessità politiche e organizzative indicate da lui, che forse con un congresso vero che i PD potrà imboccare quella “traversata nel deserto” che gli permetterà forse di risalire nel consenso degli italiani… ci vorrà tempo e coraggio (la proposta di Orfini è solo un  ballon d’essai) e soprattutto il PD deve ricostruire un’immagine e una linea politica completamente rinnovate, sennò e spacciato. E Renzi? Deve farsi da parte! Come di hanno chiesto la maggioranza degli elettori del Centrosinistra non votandolo più.

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