PD: Renzi, “Pazza idea di far…”

@matteorenzi
Faccio il segretario, mi colpisce il fuoco amico. Mi dimetto e mi chiedono di stare in silenzio. Sto zitto e mi chiedono di parlare. Un giorno devo andarmene, un giorno fare il segretario. Ma possiamo parlare di politica anziché parlare tutti i giorni di me?

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Cosa c’è dietro le voci sulla candidatura di Renzi al congresso PD? Dopo la rinuncia di Minniti alla corsa come segretario sembra che l’ex sindaco di Firenze stia pensando a un clamoroso ritorno. E intanto Delrio parlando al Forum Ansa, ha lanciato la proposta che tutti i candidati diano vita a una «cabina di regia» del Pd in modo che il partito «parli con un’unica voce» sui temi che interessano il Paese. Renzi dice che non lascia il Pd, ma pochi si fidano. Sondaggio Emg Acqua sulle primarie Pd da: Zingaretti al 42%. Mancano cinque giorni dal termine entro cui presentare le candidature al congresso del Pd, e l’ennesimo ipotetico coup de theatre, ha scosso i Dem. Si tratta della voce, girata vorticosamente per tutto il 7 dicembre in Transatlantico, che Matteo Renzi stia valutando l’ipotesi di candidarsi al congresso, dopo giorni e giorni di indiscrezioni e altrettante voci di un nuovo movimento sotto la sua egida. Una voce che in queste ore destabilizza il dibattito interno, con il rischio che si riconcretizzi un duello sul referendum pro o contro l’ex segretario… Mercoledì 12 dicembre scadrà il termine per presentare le candidature corredate dalle firme (1.500 raccolte tra gli iscritti di cinque regioni diverse) e dopo il ritiro di Marco Minniti, i renziani si stanno interrogando sul da farsi. Stefano Ceccanti ha proposto di presentare comunque un nuovo candidato riformista, anche a costo di finire in minoranza dopo il congresso. Se c’è chi pensa, come ad esempio Beppe Sala, che l’ex segretario lascerà il PD, la voce sulla candidatura di Renzi, di cui è stato difficile capire l’origine, non è stata smentita o confermata dall’interessato. Ceccanti ha invitato i giornalisti a «non escluderla», altri renziani come Antonello Giacomelli l’hanno liquidata: «Non state appresso alle sciocchezze. Oggi è una giornata di riflessione non ci sono novità». «Quando Matteo ha qualcosa da dire», ha osservato un altro esponente Dem, «lo dice a viso aperto, non si affida a chiacchiere da Transatlantico» Chissà dove ha visto proiettato questo film questo parlamentare renziano. Renzi da dopo la sconfitta referendaria è inaffidabile a se stesso figuriamoci se come fà quotidianamente non continuerà a tacere i suoi veri obbiettivi.  D’altra parte in mattinata c’era chi era andato da Lorenzo Guerini a chiedergli di farsi promotore di una iniziativa per fermare la macchina fino a dopo le europee. Il punto è che la macchina del congresso è partita ed è difficile fermarla. Graziano Delrio ha ammesso l’errore di non averlo fatto prima per «concluderlo a dicembre» come nel 2013. Che fare dunque? C’è anche il rischio di una crisi di governo a gennaio mentre i Dem sono impegnati nel congresso. Ad accentuare le tensioni è stata poi una nota dell’associazione delle donne Dem, trasversale a tutte le aree e le candidature, guidata da Francesca Puglisi. Visto che tutti i candidati uomini stanno facendo accordi o squadre in cui le donne sono escluse, ecco la minaccia: «Il congresso fatevelo da soli. Non abbiamo bisogno del capo di turno che ci legittimi, né di uomini che non vedono al di là’ del loro pisello». Sta il fatto che: Renzi fa ballare ancora il Pd. Sarà vero che l’ex premier riflette sulla “pazza idea” di ricandidarsi segretario? O lavora (pur negandolo) all’idea di un altro partito? Così alimenta voci su schemi differenti e tiene tutti quanti appesi, gli altri, ma anche i suoi. Sarà vero che la decisione è affidata anche a un sondaggio? Un sondaggio lampo, di cui si attende l’esito nei prossimi giorni. Quindi la “pazza idea” consiste nel grande ritorno di Renzi, come candidato alle primarie del Pd? A grande richiesta di un’area smarrita, a un passo dal “liberi tutti” dopo il gran rifiuto di Minniti? Perché, gli hanno ripetuto i suoi, “se vince Zingaretti a quel punto siamo dei corpi estranei e il Pd non è più casa nostra, solo tu hai un appeal nel nostro popolo”. L’ex segretario, per dirla con chi ha parlato con lui, “non ha detto no”. Ma neanche sì. Sta, appunto, riflettendo. E giocando, alimentando voci su più schemi: non smentisce l’ipotesi della ricandidatura, smentisce ma intanto lavora a quella di un altro partito, in fondo molto compiaciuto come sempre, di una discussione ancora “renzicentrica” di un partito che continua ancora ad essere appeso ai suoi umori e alle sue decisioni… Se Minniti avesse letto “L’introduzione al narcisismo” di Freud, un non ponderoso ma fondamentale libro del filosofo austriaco, di certo non si sarebbe fidato dell’endorsement renziano. Anzi, ne avrebbe sommamente diffidato. Avrebbe capito che, come tuti i narcisisti,Renzi risponde a pulsioni che lo obbligano a essere sempre al centro del mondo, protagonista assoluto. Certo l’esito della riflessione non può essere affidato solo a valutazioni politiche di ordine generale, ma necessariamente anche a un sondaggio che, detto in modo tranchant, verifichi se c’è partita o se, invece, col suo ritorno la personalizzazione della lotta produrrebbe l’effetto del referendum costituzionale. Ovvero con una valanga di voti a favore di Nicola Zingaretti. Nei giorni scorsi proprio Renzi ha avuto un lungo colloquio con gli esperti di Swg. Quella vecchia volpe di Dario Franceschini, parlando fitto con qualche deputato, spiega: “Ci sta pensando veramente. A quel punto può succedere di tutto. Anche che voti una valanga di gente perché si crea una forte polarizzazione”. In un altro angolo del Transatlantico Matteo Orfini ragiona a voce alta: “Io sono il reggente ad interim, da statuto diciamo. Quindi posso fare solo delle analisi politologiche. Politologicamente, se Renzi si candida è evidente che cambia radicalmente la storia del congresso e la sua dinamica rispetto a quella vissuta fin qui”. Ecco. È un dato di fatto che, in attesa di capire le mosse vere dell’ex segretario, la situazione (dei suoi) come già accennata è congelata per qualche giorno. E’ comunque molto tesa. Nervosa. Perché altri candidati “forti” non ci sono e c’è un intero “mondo” appeso agli umori del Capo che “non si capisce che vuole fare”. Si candiderà quindi alle primarie? Senza un candidato al congresso. Senza capire chi Renzi vuole portare nel nuovo partito. Ma, al tempo stesso, incapace di emanciparsi. Rosa Maria Di Giorgi, una volta renziana di ferro, è lapidaria: “Siamo davvero alle comiche finali”. Commedia per qualcuno o tragedia per altri, dipende dai punti di vista. Basta guardare le facce. Lorenzo Guerini è cupo, nervoso. Si racconta di una concitata telefonata di Dario Nardella con Renzi, piuttosto accesa, perché il sindaco di Firenze è molto contrario all’idea di un altro partito. Un’area che fino a qualche giorno fa pensava di vincere il congresso con Minniti è ora allo sbando. Se non torna Renzi, è il game over. Perché un candidato non c’è. Guerini ha escluso perché dovrebbe rinunciare alla guida del Copasir, Rosato o la Bellanova sarebbero candidature di bandiera, ma non competitive. E, soprattutto, è difficile trovare una bandiera che le unifichi tutti, senza alimentare gelosie, competizioni e rivalità interne: “Ma a che servirebbe? – si chiede Roberto Giachetti – Tu puoi pure trovare un samurai, ma francamente…”. Senza bandiere e in attesa di Renzi, che non vuole una conta su una candidatura “renziana”, parecchi parlamentari, in queste ore, hanno avuto colloqui con Graziano Delrio, perché, in una situazione da rompete le righe”, potrebbero essere tentatati dal sostenere Maurizio Martina. È chiaro che il grande ritorno avrebbe l’effetto di compattare l’area e, magari, di far smottare anche le altre. E avrebbe l’effetto anche di chiudere l’altra ipotesi, anch’essa affidata a sondaggi e riflessioni, di un nuovo partito di Renzi alla Ciudadanos, senza la nomenklatura. Ipotesi ufficialmente sempre smentita pubblicamente ma su cui c’è un fitto lavorio, per evitare che quello spazio sia occupato da una iniziativa analoga di Carlo Calenda (che comunque la smentisce). L’ipotesi, però, prevede “sommersi” e “salvati”, perché il grosso della nomenklatura, cacicchi e capibastone resterebbe nel Pd, presentato come una bad company di correnti rispetto al nuovo progetto, rispetto a quale l’ex segretario rinuncia al ruolo di “burattinaio”, secondo quella nuova narrazione che ieri ha affidato alla sua diretta facebook. È una “pazza idea”, quella del ritorno accettando la sfida alle primarie, così la chiamano al Nazareno. Su cui un pressing è comunque in atto. Il presupposto è che Renzi possa vincere la partita. Perché una sconfitta varrebbe doppio. Nel Pd e fuori. È complicato far nascere un’altra Cosa perché si è perso il congresso. A quel punto sarebbe una “scissione” di chi ha perso, non un progetto nuovo. La sconfitta finale. Ecco perché: Nel Pd o fuori, i cento (+ 1) renziani sono al bivio. Da Boschi ad Ascani, chi lo seguirebbe? Lui ai suoi: “l’uscita per il momento non è un tema, vedremo poi a gennaio…” Un centinaio (+ 1) di parlamentari sono quindi in cerca d’autore. È la maxi pattuglia di renziani, più o meno ortodossi, in attesa che l’ex premier dia un vero segnale, anche da dietro le quinte, che faccia da bussola politica ai circa 70 deputati (su 111 del Pd) e 31 senatori (su 52) rimasti in balia delle onde dalla rinuncia di Minniti rendendo, il quadro del partito sempre più indecifrabile. La ricerca di un candidato alternativo, per tenere insieme le truppe renziane, è spasmodica. Ma ieri è naufragato anche il tentativo di trovare la quadra su Lorenzo Guerini per sfidare il super favorito Nicola Zingaretti. «Cosa facciamo? Chi dobbiamo sostenere?», si chiedono sempre più smarriti gli eletti che difficilmente verrebbero accolti da Zingaretti o Martina. Ma a condizionare il campo nel centrosinistra resta il possibile addio di Renzi al Pd, con la fondazione di un nuovo contenitore politico per misurarsi alle elezioni europee di maggio. È meglio ribadirlo al di là delle smentite di maniera e tutte tattiche dell’ipotesi in questione da parte dall’ex premier che dopo settimane di tam tam, se la cava con un: «Per ora il tema non si pone. A gennaio vedremo», si è fatto sfuggire a chi lo ha incalzato in questi giorni, che lo vedono impegnato nella promozione del suo docufilm su Firenze, in onda il 15 dicembre. Il sentiero dell’uscita dal PD non verrebbe imboccato da molti dei renziani più fedeli. L’idea di un nuovo partito viene bocciata con forza, ad esempio, dal sindaco di Firenze Dario Nardella, che con un partito in agonia deve puntare sul civismo tutte le chances per la riconferma a Palazzo Vecchio: «Se Matteo va via io resto nel Pd», dice. Ed il tema sembra proprio non porsi anche per l’ex ministro Luca Lotti, braccio destro e sinistro di Renzi da sempre. Nel Pd resterebbero senza dubbi anche Lorenzo Guerini, Ettore Rosato, l’eurodeputata Simona Bonafè e di certo anche l’economista Pier Carlo Padoan. Il progetto politico alternativo rimane di stampo macroniano — in un’intervista a Le Point Renzi ha detto (non si comprende con quale ragionamento, visti i problemi del Presidente francese sotto attacco di una rivolta popolare fortissima come mai prima d’ora) che «Emmanuel, popolare o meno in Francia, sarà il perno delle decisioni importanti in Europa nei prossimi 5 anni» — e vedrebbe protagonisti uomini e donne fuori dai giri politici. Con Renzi rimarrebbero però nomi come Maria Elena Boschi, Francesco Bonifazi, Ivan Scalfarotto, Anna Ascani, Sandro Gozi e altri. Mentre il sindaco del capoluogo lombardo, Giuseppe Sala indipendente ma eletto a suo tempo nella lista PD e fortemente voluto  alla guida del comune di  Milano da Renzi dopo l’esperienza vincente dell’Expo, non usa giri di parole: «Prima o poi Renzi lascerà il partito, perché questa situazione tirata così a lungo non fa bene a nessuno — riflette — Per il Pd non è una buona cosa che Renzi lasci, ma continuare in questo rapporto logorato è difficile. Posso capire Matteo dal punto di vista umano perché quando ti guardi intorno e non vedi tanti amici ti viene voglia di cambiare, ma chi è causa del suo mal…». Sulla possibilità di una nuova formazione moderata, con lo sguardo rivolto anche ai delusi di Forza Italia, interviene anche Silvio Berlusconi: «Riguarda una parte politica diversa dalla nostra e quindi mi lascia del tutto indifferente». Forse non la pensa così Paolo Romani. Intanto mancano appena cinque giorni alla scadenza del 12 dicembre, per formalizzare le candidature alle primarie: Nicola Zingaretti, al momento, non ha avversari in grado di impensierirlo. Mentre Lotti e Guerini stanno cercando un nome alternativo, per tenere insieme la corrente renziana… Già “Pazza idea” è una canzone dal testo rivelatore… nella confusione che il congresso PD non sembra saper dipanare a partire dalle premesse del suo dibattito… con l’uscita di scena di Minniti, una scelta che può essere annoverata in una categoria di valori ormai desueti come la ‘dignità’ a sottolineare il carattere dell’uomo che l’ha compiuta… Di contro c’è proprio l’indegnità del doppiogiochismo di Renzi, che solo 24 ore prima aveva assicurato di non occuparsi del Congresso. L’ennesimo bluff della carriera politica dell’ex segretario, ex premier e ex rottamatore? Presto per dirlo, intanto vanno registrati tre fatti. Il primo: nessuno dall’interno del cerchio magico al momento ha smentito la clamorosa indiscrezione. Secondo come già accennato: il deputato Ceccanti – molto vicino all’ex premier – ha dichiarato che l’ipotesi di una candidatura “non è da escludere“. Terzo: secondo quanto confermato a @ilfattoquotidiano.it da alcuni esponenti del PD non renziani, l’ex segretario ha commissionato un sondaggio lampo a Swg. La domanda posta ai possibili elettori era semplicissima: chi voteresti ai gazebo del Pd tra Zingaretti, Martina e Renzi? Impossibile ovviamente conoscere il risultato della rilevazione, ma già il fatto che sia stata eseguita rappresenta una notizia. E conferma le indiscrezioni: Renzi ci sta pensando sul serio. Una “Pazza idea” quella di candidarsi a segretario del PD per la terza volta… Lui che da sempre non ha mai avuto amore per il PD ma, forse è proprio questo che lo fa… per rottamare a tutti i costi il PD…

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