Pd: un Renzi sempre più adirato e minaccioso, se la prende con tutti e alza un muro lasciando il partito senza parole e visione…

“Imbarazzante, Matteo è stato veramente imbarazzante…” questo il commento, che uscendo dall’Hotel Ergife di Roma ha fatto Paolo Gentiloni. Ferocemente attaccato: perché ha cancellato i voucher, perché non ha messo la fiducia sullo ius soli, perché un suo uomo (Zanda) ha bloccato al Senato la legge sui vitalizi presentata da Richetti e già approvata alla camera. Gentiloni ascolta, terreo in volto, incredulo e non applaude mai. Poi riceve la stoccata finale: “Non è l’algida sobrietà che fa sognare un popolo”. Il riferimento sprezzante all’ex presidente del Consiglio che tutti in sala colgono. Gentiloni sbarra l’occhio sbalordito! È chiaro che ormai le strade di Renzi e Gentiloni non si incontreranno mai più. E proprio alcuni metri più in là di Gentiloni, in platea, lì dove ci sono gli invitati e non i big, defilato, c’è il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, al momento unico candidato al congresso PD per la Segreteria.  Un po’ sta in piedi, un po’seduto. Polo rossa, stringe qualche mano ma evita di fare lo struscio nella sala. Mentre Renzi parla scuote il capo: “Questo non cambia mai”. Nel lungo discorso, praticamente una vera relazione  (l’ennesima anomalia), che Renzi,  ha tenuto in apertura dell’Assemblea del PD sabato scorso… l’ex Segretario, alzando i toni ha tenuto la sua requisitoria d’accusa nei confronti della situazione politica italiana e internazionale, con al centro il governo gialloverde e l’Europa, ma anche verso una gran parte del PD. A rigor di logica: avrebbe solo dovuto ringraziare uomini e donne del partito per l’onore avuto di esserne stato il Segretario… salutare mettersi per il futuro a disposizione del partito, spendere alcune parole di condivisione (c’era l’accordo di tutte le correnti) per l’elezione di Maurizio Martina a Segretario, formulandogli sinceri auguri per il lavoro che l’attende nel prossimo periodo nell’affrontare l’impegnativa impresa di “rianimare” corpo e anima di un partito ormai esangue. Questo avrebbe dovuto dire brevemente Renzi, offrendo al nuovo Segretario il suo personale  leale sostegno e la disponibilità per una fattiva collaborazione. Invece  Renzi con la sua solita protervia, si è preso la scena e senza mai nominare  direttamente qualcuno, ha fatto di tutti quanti un sol fascio, distribuendo per quota parte a destra e a manca le responsabilità delle sconfitte dei Democratici.  Come si sa, metà dei Democratici pensa che il Pd si è dimezzato nelle urne perché era guidato da Renzi e a causa delle sue politiche e dei suoi comportamenti; ma l’altra metà pensa che il disastro è avvenuto perché minoranze e correnti non hanno lasciato lavorare Renzi contestandolo e il partito si è diviso invece di sostenerlo come un sol uomo. Sta di fatto che così facendo Renzi ha mostrato ancora una volta al mondo politico tutta intera la profonda frattura che attraversa verticalmente il gruppo dirigente e quel che rimane dei militanti del partito. Per non accelerare conte interne dietro l’elezione unitaria di Martina a Segretario c’è il rinvio ulteriore del Congresso… Il PD starà ancora in freezer per i prossimi mesi.  Tutto fermo quindi in attesa di cosa? Che l’ex Segretario, decida cosa sia meglio fare per il suo personale futuro. Banale vero? Nel  suo discorso ha trattato tutti quanti alla stregua delle minoranze interne e dei fuoriusciti di Liberi e Uguali e con la sua solita arroganza: “adesso vi dico io i 10 motivi per cui il partito ha perso  le elezioni”. Continuando con la sua solita supponenza ha imputato a altri le maggiori colpe per le sconfitte subite. Chiamandosi praticamente assolto da ogni responsabilità.. Interpreta la sua leadership come se fosse l’Angelo portatore di un  ‘castigo divino…’ annulla politicamente e fisicamente coloro che lui decide essere i suoi ’nemici’ vecchi o nuovi che siano.  E, tra questi, ora ci mette anche  tutti quelli, che nel correre del tempo di questi ultimi 4 anni, non hanno confutato la sua linea politica, ma solo espresso alcune perplessità su i sui toni sprezzanti e i comportamenti arroganti invitandolo a uno stile più sobrio e conciliante rispetto a quelli che usa abitualmente. Nessuno di questi, pur nei distinguo di stile, hanno mai  pensato di negare  fiducia. alla sua leadership. Renzi ormai apertamente mostra un forte risentimento anche nei confronti di tutti coloro che in un qualche modo l’hanno criticato… più sul carattere che sulla politica: “o sei con me o sei contro di me. Acclamato e sostenuto in questo, da una claque da stadio o se preferite da una “plebe urlante”, come se stessero assistendo a un truce combattimento tra gladiatori nell’arena del Colosseo. Sono i suoi sodali, quelli della Leopolda: i renziani, la corrente di maggioranza dell’ex Segretario, che lo stesso continua a dire che non esiste. In quanto ‘Correnti’ e ‘Caminetti’ sono usi e costumi che non lo riguardo, riguardano solo le correnti e altri Big del partito. Oltre che ‘imbarazzante’ Matteo Renzi appare sempre più ‘indecente’ sia per la sua continua e ‘bulla sfrontatezza’, che per la completa mancanza di una volontà vera di confrontarsi politicamente… a partire da se stesso e con chiunque altro dentro e fuori dal partito. Sempre più adirato e minaccioso che mai, alza il toni della voce e se la prende sul piano personale con tutti… distribuendo pesanti giudizi politici e non, su questi e quelli. Co-stretto nella parte del capro espiatorio: “Pago io solo… gli errori di tutti”. Minaccia tutti: chi non lo condivide nel merito delle sue scelte politiche, chi lo sollecita  semplicemente a proporsi in un modo diverso e non essere sempre divisivo su tutto. Ma lui a tutti urla: “Ci rivedremo al congresso e perderete di nuovo!” Parliamoci chiaro, finché non c’è un altro leader che vince il Congresso e dice “abbiamo sbagliato” molto  in questi anni… non solo questione di un’altra persona ma soprattutto di un’altra linea politica. Lui, seppur dimezzato, alla fine, c’è ancora lui. E’ veramente sconcertante che a distanza di mesi dallo tsunami elettorale, ancora non si sia aperta nel partito una discussione seria e vera sulle ragioni della sconfitta e sulle strade da percorrere per ricostruire la Sinistra. Tutto ciò mostra sempre più evidentemente le ragioni delle sconfitte a partire da quella nel referendum e in quelle via via arrivate nei venti mesi successivi. Fino a quella del 4 marzo di dimensione storica e con in più, l’aggiunta del “calvario” dei ballottaggi nelle amministrative dello scorso 24 giugno. Ovviamente è Renzi che porta la maggiore responsabilità della serie di sconfitte, mai vista prima in numero e dimensioni. Solo per questo Renzi dovrebbe avere il pudore di ritirarsi in silenzio dopo aver ammesso le proprie responsabilità come egli stesso, un tempo, invocava parlando d’altri. Enrico Letta docet. Non sembra rendersi conto dell’avvenuto sfarinamento di quel consenso che ha assicurato al Partito democratico il controllo (pur fortunoso) del governo per tutta la legislatura passata, soprattutto dopo la fine dell’infausta “grande coalizione” con Forza Italia, e di tante Amministrazioni locali. Basti ricordare che dopo la “non-vittoria” di Bersani alle politiche del 2013 il partito vinse alla grande le comunali a Roma e in tante altre città. Poi tutto si è inceppato. Non è stato capito cosa rappresentavano Grillo e il suo movimento 5 stelle, né quali effetti disgreganti esercitassero nei confronti dell’elettorato democratico. Il giovane Renzi, tanto smart e moderno, alla fine si è rifugiato in una vecchia politica, vecchia nei riferimenti culturali (la terza via blairiana dopo dieci e più anni che era già finita e fallita) e vecchia nei riferimenti politici (il rapporto con Berlusconi, e poi con Verdini entrambi icone di un bel tempo che fu). Ma anche vecchia nell’idea che i partiti, intesi come comunità e apparato organizzativo, fossero ormai superati, mentre senza loro ci sono solo spot propagandistici e una comunicazione superficiale che si disperde nell’aire. E per finire – l’errore capitale – che tutto si riducesse alle capacità salvifiche di un leader… Lui, il grande rottamatore! Alla fine, l’impostazione politico-culturale renziana, scambiata troppo spesso per riformismo, come se riformismo fosse la totale ‘acquiescenza’ alle dinamiche del capitalismo nelle sue multiformi versioni e non soprattutto l’azione politica per modificare i rapporti di forza tra chi “ha di più” e chi non “ha nulla”, è naufragata di fronte a una realtà del tutto diversa da quella prefigurata. Già la realtà, proprio quella rifletteva una società sofferente e ripiegata sulle proprie insicurezze, alla quale suonava irridente e simile a un vero sfottò lo storytelling entusiasta del governo dei mille giorni. L’ex segretario è quindi il primo responsabile di aver portato il partito ai minimi storici dopo questa serie di sconfitte. Per questo dovrebbe farsi, definitivamente da parte. Non è sicuramente più lui il leader che può guidare questa fase difficilissima di quel che resta del PD. Soprattutto se l’unico vero obiettivo che continua a mostrare di avere in testa, è la rivalsa personale all’insegna dell’antico: “Muoia Sansone con tutti i Filistei!” E, non si vuole con ciò gettare la croce solo su di lui. Certo, l’allucinante serie di motivazioni addotte dall’ex segretario per motivare la sconfitta del 4 marzo lascia esterrefatti e persino perplessi sulla sua “proverbiale” fin qui, lucidità politica. Certo che tutta la classe dirigente del Pd, opposizione inclusa, è chiamata a render conto. Ma ci sono gradi di responsabilità diversi e quindi prospettive e destini altrettanto diversi. Sicuramente è stata troppo timida e acquiescente la minoranza di fronte all’arroganza con cui veniva trattata e troppo flebile nelle sue contro argomentazioni. Pochissime voci si sono levate per difendere in maniera chiara e forte una visione diversa dello stare insieme in un partito. Ad esempio, come è possibile che il Segretario allora reggente Martina non abbia risposto per le rime alla sciagurata chiusura operata “televisivamente” da Renzi (a quel punto semplice senatore) di fronte alla prospettiva di dialogo avanzata dai 5 Stelle? Chiusura sciagurata non perché il PD dovesse convolare a nozze con i  penta stelati, ma semplicemente perché instaurando un confronto vero sui contenuti con quel Movimento avrebbe spezzato il rapporto con la Lega. E oggi vediamo i risultati terribili e quelli più temibili di quella scelta… Ancora, come è possibile che in tutto questo tempo quel progetto di riforma del partito, redatto da Fabrizio Barca su incarico della direzione del partito stesso, sia stato poi gettato alle ortiche senza che nessuno intervenisse? Com’è possibile affidare a Carlo Cottarelli l’incarico di vedere quanto e come tagliare gli sprechi nelle spese dello Stato e più in generale della pubblica amministrazione e una volta avuti i risultati… lasciarli in un cassetto? Mentre ci si contraddice con una insignificante messa all’asta di poche decine di macchine blu ormai obsolete, acquistandone altre di costo superiore. Arrivando addirittura a un paradossale confronto con Obama e l’Air Force One del Presidente degli Stati Uniti d’America, con l’acquisto in leaising di un Aereomobile dell’Alitalia per averlo a disposizione della Presidenza del Consiglio Italiana. Quanto fosse basilare poi intervenire sull’organizzazione del partito lo ha dimostrato plasticamente proprio l’assemblea del Pd di sabato: mille delegati chiamati per alzare una tessera e ascoltare qualche intervento dei capi corrente e poi tutti a casa. Sicuramente molto, molto mobilitante, davvero. Infine come è possibile che, nonostante le molte intelligenze estranee alla cerchia renziana presenti nel partito e anche fuori, quelli c.d. d’area non sia venuto un progetto, una visione alternativa al riformismo renziano fatto solo per i ceti abbienti? Non vi è dubbio alcuno che è anche l’irresolutezza di tutta la classe dirigente del Pd che ha aiutato Renzi a condurre il partito in un vicolo cieco… Eppure, il Pd aveva ancora la progettualità politico-ideale e le risorse umane sufficienti a raccogliere i voti, e le speranze, di varie componenti sociali. E lo scatto in avanti del 2014 (40,8% elezioni europee) sembravano confermare queste sue potenzialità… Da una crisi così profonda, che certo riguarda tutte le forze progressiste in Europa (unico punto condivisibile del decalogo renziano di sabato), ci si aspetterebbe che un partito serio non solo esautorasse dalla plancia del comando il/i responsabili principali della disfatta. C’è da chiedersi che “cavolo” ci sta scritto nello statuto e nel regolamento del PD sulle procedure di sostituzione dei vertici del partito? Com’è possibile che un Segretario dia delle dimissioni (non dimissioni) e che ne stabilisca lui successivamente la effettività, solo quando decide lui… e nel frattempo, continui a dettar la linea e a far dichiarazioni pubbliche, che smentiscono il Segretario Reggente? Colui  che a norma di statuto è messo lì per traghettare il partito al congresso dopo le dimissioni del Segretario e contemporaneamente attendere a tutte le scadenze politiche in corso, visto tra l’altro che al governo ci stava proprio Gentiloni & C. ovvero un quasi monocolore del Partito Democratico. Renzi ma perché ancora non ti interroghi, sul perché se non ti hanno votato plebiscitariamente come avevi richiesto, personalizzando al massimo il referendum costituzionale sulla tua proposta di riforma istituzional quando eri il Presidente del Consiglio? Sul perché le tue proposte di riforma del mercato del lavoro, del welfare state, della scuola, hanno incontrato la contrarietà dei sindacati confederali e degli stessi lavoratori, nonché di una parte consistente dello stesso partito… perché non hai provato a trovare una mediazione efficace, cercando il massimo consenso? Anziché “spaccare tutto” dividendo dalla testa ai piedi partito e Paese? Se poi, ad ogni scadenza elettorale per i Presidenti di Regione e/o i Sindaci delle grandi città o nei comuni qualsiasi sia la loro dimensione, in quei posti dove il partito governa da decenni perdi, perdi ovunque! Ti vuoi chiedere se tu forse hai sbagliato qualcosa? O sono sempre tutti gli altri, compreso gli elettori, che non capendo hanno sbagliato a votare? Se il partito, non riesce a mettere in campo tutte le energie migliori del Paese per progettare il futuro… vuoi chiederti il perché? Dove stanno le due azioni di rinnovamento che hai promesso al partito e al Paese, presentandoti come il nuovo? Azioni che sono complementari perché senza l’una – una nuova classe dirigente e l’ammodernamento del partito sui territori – non si ha l’altra, cioè una nuova politica per un cambiamento positivo del Paese, che ne permetta un ulteriore sviluppo economico e sociale, utilizzato per riequilibrare le tante cresciute diseguaglianze sociali e l’altrettanta cresciuta povertà… E, non contento di tutto ciò adesso pubblicamente da ex Segretario, continui a non permettere il decollo di una discussione “verità” rispetto allo stato del partito e alle sue possibili prospettive. Mentre tutti parlano della necessità di fare un congresso del partito che sia rifondativo, sia per quanto riguarda la sua organizzazione e presenza sui territori, ma soprattutto della sua identità politica rispetto al futuro della società italiana e europea… nonché della necessità di non abdicare, nel frattempo, all’effettivo ruolo di opposizione rispetto alla nuova maggioranza di governo. Senza una opposizione ne va della qualità della nostra democrazia! Oggi, mentre intorno tutto è pioggia e destra, c’è uno spazio di responsabilità, di civiltà, di ragionevolezza che va ben oltre la Sinistra (per fortuna), ma che tocca alla Sinistra animare e organizzare, perché il campo democratico è vuoto. Sta facendo qualcosa di simile, il partito Democratico la Sinistra, o almeno si rende conto che può essere una leva politica utile al Paese per invertire il discorso pubblico? No! Da mesi il Partito rimanda persino la scelta della data del Congresso come se per un partito già agonizzante la leadership di un gruppo dirigente piena, effettiva e legittimata fosse un optional. C’è la necessità di ricostruire un campo ampio di Centrosinistra che possa ristabilire in prospettiva un criterio di alternanza tra le coalizioni che devono governare il paese… Renzi, non può più, usare ancora la sua presenza nel partito per minacciare, preoccupato solo dall’organigramma dei poteri del e nel gruppo dirigente, con al centro il suo destino personale e politico e quello dei suoi più stretti amici e dei suoi yesman che ancora lo circondano. A difesa di quel che resterà e sarà il renzismo di domani… magari prendendo la scorciatoia di una nuova avventura in un partito italiano in stile “En Marche” come quello di Macron. Buttando così fuori definitivamente i residui oppositori per indebolire ogni possibile altro candidato che si avanzi all’orizzonte, pur di tenere le mani su una “roba” che non c’è ormai più, e rischia di sparire definitivamente. E’ un suicidio politico quello di “ibernare” per altri mesi, quel che resta del PD, per sapere prima chi vincerà, il Congresso, se qualcuno dei suoi amici per suo conto, oppure, qualcun altro, che com’è sempre più necessario, faccia superare al partito il renzismo fallimentare di questi ultimi anni. Renzi & Amici, devono fare qualcosa non per sé stessi, ma per il Paese in quest’epoca di egoismo politico, dimostrando così lui Matteo Renzi, che non è vero che della Sinistra e di un partito plurale e progressista dalla parte di coloro che hanno meno o non hanno nulla… non gli è mai fregato niente. E permettendo a ciò che resta del Partito Democratico (quasi liquefatto) di giocare un ruolo politico di responsabilità nazionale anche stando all’opposizione… pur con i piccoli numeri che si ritrova in mano. Per la Sinistra è una chance straordinaria, Sicuramente immeritata: probabilmente l’ultima!

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