Questa sarà la settimana in cui si capirà se le relazioni industriali nel nostro Paese torneranno a percorrere una strada concertativa, magari senza le degenerazioni ritualistiche e cogestionali del passato.
Vari elementi spingono verso un ritorno alla cooperazione tra governo, imprese e sindacati per rilanciare il Paese.
Le riflessioni sulla scomparsa di Carlo Azeglio Ciampi portano appunto a riconsiderare anche gli aspetti positivi della concertazione, quella che agli inizi degli anni Novanta consentì di spezzare la spirale inflazionistica e preparare le condizioni per l’ingresso nell’euro.
La settimana scorsa il presidente della Confindustria, Vincenzo Boccia, ha proposto un «Patto per la crescita». Non un ritorno alle pratiche concertative del passato ha precisato: «ma una grande intesa per il Paese, con un senso di corresponsabilità».
Mercoledì ci sarà un nuovo vertice tra il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, e i segretari di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo (a proposito, quanto resisterà quest’ultimo, dopo la notizia che lo vede imputato insieme col predecessore Luigi Angeletti e altri sei dirigenti Uil per appropriazione indebita di soldi che sarebbero stati spesi, secondo l’accusa, per crociere e acquisti di gioielli?).
Forse nel vertice di mercoledì non si riuscirà a chiudere il confronto sulle misure in materia di pensioni che dovrebbero entrare nella legge di Bilancio, dall’Ape (anticipo di pensione) al potenziamento della quattordicesima sugli assegni più bassi. Ma se le posizioni si avvicinassero (è soprattutto un problema di stanziamenti) perché non chiudere il confronto con un vero e proprio accordo?
In tal senso spingono la Cisl e la Uil, osservando, non senza fondamento, che un’intesa scritta vincolerebbe il governo a tener fede agli impegni presi, difendendoli anche nella discussione parlamentare.
In più, la prossima settimana, mercoledì 28, riprenderà anche la trattativa sul rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Nei fatti Federmeccanica ha abbandonato la rigida posizione iniziale, sia per la pressione di parte delle imprese che vanno bene ed esportano, soprattutto in Lombardia ed Emilia Romagna, desiderose di rinnovare il contratto piuttosto che subire altri scioperi e blocchi degli straordinari, sia per un’azione di moral suasion dello stesso Boccia… questo non significa che il contratto sia dietro l’angolo.
Ma la soluzione che sarà trovata al tavolo potrebbe anche fungere da apripista per il rinnovo del modello contrattuale che lo stesso Boccia vuole discutere con Cgil, Cisl e Uil e per il quale spinge con forza il governo (si tratterebbe di un risultato da portare a Bruxelles che preme per un assetto della contrattazione centrato sul livello aziendale e la redistribuzione della produttività).
Certo, per arrivare a un clima neo-concertativo nel senso migliore anche altre caselle dovrebbero andare al loro posto, a cominciare dai fondi per il rinnovo del contratto dei di pendenti pubblici, uno dei passaggi critici della prossima legge di Bilancio.
Proprio la manovra finanziaria contenuta nella legge di bilancio, a ben vedere, costituisce il principale ostacolo al miglioramento delle relazioni industriali perché le poche risorse a disposizione sono contese fra imprese e sindacati.
Trovare un equilibrio non sarà facile, anche se al premier Matteo Renzi, in vista del referendum costituzionale, piacerebbe tanto.
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