Politica: con Elly Schlein nel Pd torna la voglia di vincere…

Il successo in Sardegna coincide con il primo anniversario dell’elezione della Segretaria del Pd. Mentre i salotti più conformisti continuano a descriverla con stereotipi, Elly Schlein in questi dodici mesi ha cominciato a costruire qualcosa di simile a una strategia, basata su due semplici idee: la polarizzazione con Giorgia Meloni e soprattutto il ritorno all’ascolto di pezzi di società… Ed ecco che è arrivata la vittoria di Alessandra Todde in Sardegna, un po’ a sorpresa… un arrivo ancora una volta non visto. Anche in questo caso a capovolgere il risultato già scritto sono arrivati alcuni imprevisti. Nel caso di Schlein nelle primarie contro Stefano Bonaccini, un anno fa, furono gli elettori del Pd e del centro-sinistra, identificati dagli iscritti al Pd che ne uscirono sconfitti, come degli estranei al partito, mentre invece erano, semplicemente, lontani dalle correnti e dagli apparati già pronti ad apparecchiarsi la tavola degli incarichi e dei contentini. Nel caso di Todde, sono stati i 40mila elettori che domenica hanno votato per lei e non per le liste che la sostenevano, con ampio ricorso al voto disgiunto. Si ripete la tradizione migliore del centrosinistra, da Prodi ai grandi sindaci degli anni Novanta, i Rutelli, i Bassolino, gli Orlando, che moltiplicavano i consensi sopra la somma dei partiti dell’alleanza. Per la segretaria del Pd il voto in Sardegna è un primo giro di boa, un passaggio importante, ma non è certo un punto di arrivo e neppure un punto di partenza. Non è all’anno zero. Il risultato può aver sorpreso gli osservatori più pigri, gli stessi che non fiutarono l’esito delle primarie del Pd, ma non arriva per caso, è stato costruito dalla leader con una tenacia e un istinto politico che forse anche gli avversari devono cominciare a non sottovalutare. Nonostante gli attacchi quotidiani snocciolati contro di lei dalla corazzata politico-mediatica delle destre… ma anche dentro il partito e la sua area: Schlein gruppettara, Schlein che quando parla non si capisce quello che dice, Schlein sfiduciata perfino dai suoi parlamentari e dai suoi sindaci figurati dagli elettori, Schlein succube dei 5Stelle di Giuseppe Conte, Schlein che non vincerà mai contro Meloni, proprio per questo la premier l’ha scelta come avversaria, Schlein che alle europee rischia di non arrivare neppure al 20 per cento… Mentre i salotti più conformisti continuavano a rilanciarsi a vicenda dosi massicce di stereotipi, la segretaria in questi dodici mesi, tra mille difficoltà, debolezze e contraddizioni, ha costruito una strategia. Per primo ha tratto vantaggio dalla obbligata polarizzazione con Giorgia Meloni, perché questo significa che anche in futuro, con o anche senza premierato, il sistema politico resterà comunque a tendenza bipolare. Se il sistema quindi torna bipolare, destra contro sinistra, sarà il Movimento 5 Stelle a dover scegliere. La scommessa di Schlein non è affatto accomodante, come pensa la maggior parte degli osservatori, ma alquanto competitiva proprio con Conte, che nell’indeterminatezza prospera da anni. La seconda idea assai più profondamente pensata è il ritorno all’ascolto di pezzi di società che il Pd, governista più che riformista nei passati anni, aveva perso. Tra associazioni e piccoli comuni, parlando di salario minimo e di sanità pubblica, Schlein incontra luoghi e persone lontane da Roma, un’Italia che solo superficialmente si può definire minore, periferica. L’opposto della premier Meloni che invece negli ultimi mesi ha eretto il monumento a sé stessa: la donna che da sola porta sulle sue spalle i destini della Nazione. Salvo che poi l’edificio si regge sui Truzzu. Più che la scelta di un candidato sbagliato, colpisce la sordità di Meloni, la lontananza appagata dal potere e dall’illusione di indispensabilità, il distacco dalla realtà, l’arroganza denunciata per la prima volta ieri sui fogli della destra. Una destra Ztl, si direbbe, una destra spaziale, nel senso di Lollobrigida o di Elon Musk, questa sì marziana. La lezione della Sardegna? Chi va da solo perde! Costruire coalizioni è l’arte della politica. La partita si riapre, il percorso dei prossimi mesi per Schlein è a tappe forzate: le prossime regionali, a cominciare dall’Abruzzo, il duello televisivo, la decisione sulla candidatura alle europee, la sfida su scala continentale contro le destre che vogliono riscrivere l’identità dell’Unione (in agenda c’è il congresso del Pse di Roma, ospite d’onore il premier spagnolo Pedro Sanchez). In tutte queste partite, va detto, Schlein parte sfavorita, in svantaggio. Ma è attrezzata a battersi in trasferta e a recuperare terreno, a suo agio quando viene data per spacciata. Nel Pd ha riportato qualcosa che dei segretari in fuga, dei ministri da qui all’eternità ma ospiti di maggioranze altrui e, i figli di un dio minore, sembrava ormai definitivamente svanita: “la voglia di vincere.” Giorgia Meloni dovrebbe conoscerla bene…

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