Politica: i sondaggi danno la misura del Paese. Durante il mese di marzo i sondaggi hanno registrato un aumento dei consensi a favore del Partito democratico e un calo diffuso tra gli altri partiti, in particolare per FdI… calo che sta proseguendo anche questo mese…

Da tempo ormai siamo abituati a convivere con una sorta di campagna elettorale permanente. In una società dove le informazioni circolano sempre più velocemente, complice un sistema di partiti fragile, leader e forze politiche hanno la necessità di marcare una presenza continua nel dibattito pubblico. Le intenzioni di voto riportate settimanalmente dai sondaggi, attendibili o meno che siano, rappresentano quindi un strumento con cui le forze politiche si confrontano quotidianamente ed uno dei parametri utilizzati per rimodulare la loro proposta. È attraverso i sondaggi che, tra una elezione e l’altra, le forze politiche misurano il proprio consenso e i rapporti di forza tra loro… Insomma,  i sondaggi ci danno, di fatto settimanalmente, anche la misura del Paese. Per capire che cosa dicono i sondaggi a marzo e come sono cambiati rispetto al mese precedente, bisogna analizzare tutti i sondaggi realizzati in questo periodo di tempo, pubblicati sul sito della Presidenza del Consiglio. Per evitare distorsioni, occorre inoltre pesare i risultati dei sondaggi per la dimensione del campione degli intervistati e per la data in cui sono stati condotti. Va ricordato che i sondaggi vanno letti con attenzione. Per esempio, hanno tutti un margine di incertezza: per questo motivo meglio guardare alla media dei sondaggi stessi, e non a un singolo sondaggio, per avere un quadro il più affidabile possibile. Che cosa dicono i sondaggi a marzo 2023. I sondaggi condotti durante il mese di marzo mostrano che Fratelli d’Italia è tutt’oggi il primo partito del Paese con il 29,5 per cento dei consensi (il dato è all’interno di un intervallo di incertezza che va dal 26,7 al 32,3 per cento). A differenza di febbraio al secondo posto non c’è più il Movimento 5 Stelle, ma il Partito democratico con il 20,1 per cento (17,6-22,6 per cento). Il partito ha ricevuto una spinta nei consensi – con l’elezione della nuova segretaria Elly Schlein, avvenuta il 26 febbraio con le primarie. Il movimento guidato dall’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte è ora dato al 15,4 per cento (13,2-17,7 per cento), una percentuale di consensi in linea con i voti ottenuti alle elezioni del 25 settembre 2022. Rispetto al voto, il Partito democratico ha invece circa un punto percentuale in più. Sotto al dieci per cento ci sono la Lega con l’8,6 per cento (6,9-10,4 per cento), Azione e Italia viva con il 7,6 per cento (6-9,3 per cento) e Forza Italia con il 6,8 per cento (5,2-8,3 per cento). Tra i partiti minori ci sono Alleanza Verdi-Sinistra con il 3 per cento (1,9-4 per cento), Più Europa con il 2,2 per cento (1,3-3,1 per cento) e infine Italexit con l’1,9 per cento (1,1-2,8 per cento). Gli altri partiti sono analizzati da troppi pochi sondaggisti per avere dati affidabili. Come detto, nel mese di marzo c’è stata una crescita del Partito democratico che ha aumentato i propri consensi di 2,6 punti percentuali. Il risultato è dovuto alla spinta politica e mediatica arrivata dalle primarie che hanno visto una vittoria a sorpresa di Schlein sul presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. A essere stato particolarmente danneggiato è il Movimento 5 Stelle che ha perso 1,3 punti percentuali e adesso è dietro al Pd. Già a febbraio si era visto un avvicinamento tra i due principali partiti di opposizione, ora staccati da quattro punti e mezzo. Nella coalizione di governo Fratelli d’Italia ha perso 0,2 punti percentuali, la Lega 0,4 e Forza Italia 0,2 per cento. Complessivamente, quindi, i tre partiti di centrodestra hanno visto i propri consensi calare di 0,8 punti percentuali. A marzo il governo è stato oggetto di varie critiche, in particolare per il naufragio di Cutro in Calabria. Azione e Italia Viva hanno avuto un calo di consensi di 0,1 punti percentuali, mentre sia Alleanza Verdi-Sinistra sia Più Europa di 0,3. È probabile che tutti e tre gli schieramenti abbiano pagato la maggiore attenzione ricevuta dal Partito democratico. Italexit, il partito di Gianluigi Paragone che sta cambiando nome in Per l’Italia con Paragone, è invece fermo ai consensi registrati a febbraio… Una tendenza, che sta continuando in questo mese d’aprile. Infatti: secondo l’ultimo sondaggio Swg per La7 (tenete comunque conto di quanto detto prima, sulla lettura dei sondaggi, ovvero che bisogna tenere presente la media dei sondaggi stessi, e non un singolo sondaggio), il partito di Meloni è al 28,6% (-0,4%), il Pd al 21,1% (+0,1%). Al terzo posto c’è il M5S stabile al 15,4%, seguito dalla Lega al 9,3% (-0,1) e Forza Italia al 6,6% (+0,3%). Mentre dopo il fallimento per formare un partito unico del Terzo Polo. Azione è nei sondaggi avanti di ben due punti su Italia Viva. Quindi, FdI ancora in calo. Nella settimana che ha preceduto la Festa della Liberazione del 25 Aprile, le polemiche che hanno travolto il partito di Giorgia Meloni hanno avuto un effetto negativo tra le dichiarazioni di Ignazio La Russa (“L’antifascismo non è nella Costituzione”) e la bacchetta di Gianfranco Fini in tv da Lucia Annunciata (“Basta ritrosie sulla parola antifascismo”). Ma come visto la discesa di FdI è iniziata già da qualche tempo, combaciata con la proclamazione di Elly Schlein nuova segretaria del Pd. Due settimane fa il partito della premier era sceso sotto il 30% e adesso, secondo l’ultimo sondaggio Swg per La7, è al 28,6% (-0,4%), I dem sono al 21,1% (+0,1%). La distanza tra i due diminuisce sensibilmente: ora a dividerli sono sette punti… Inoltre, va sottolineato che le liti e le divisioni nel Terzo polo favoriscono di fatto il Partito democratico di Elly Schlein. È quanto emerge dalla supermedia Youtrend di questa settimana dove per la prima volta tornano disponibili due dati separati per Azione e Italia Viva, i due partiti dell’ormai ex coalizione centrista: il primo è al 4,1% il secondo al 2,4%. Il dato totale (6,6%) è comunque nettamente inferiore al dato aggregato di due settimane fa (7,3%) prima della lite tra Carlo Calenda e Matteo Renzi. Il principale beneficiario di questa flessione della federazione centrista è il centrosinistra, in particolare il Pd, che cresce di quasi un punto in due settimane tornando sopra il 20% e a circa poco più di 7 punti dal partito di Giorgia Meloni.  L’impressione viste le sfide economiche sociali, che si pongono senza più appello innanzi a questo governo, è che i sondaggi segnalino oltre alla fine definitiva della così detta “luna di miele”, anche l’inizio di una vera e propria crisi di questa compagine di governo di destra-centro… Infatti: non sembra proprio ci siano spazi per la riforma delle pensioni e quella del fisco né per lo “shock” a misura di famiglia annunciati dal governo Meloni, a meno di tagliare la spesa o alzare le tasse. La conferma, se ce ne fosse bisogno, arriva ora anche dalla proposta del nuovo Patto di stabilità europeo. Ma era chiaro pure dal Def, il Documento di economia e finanza varato dal governo poco più di quindici giorni fa che già incorporava la stretta delle regole Ue. Per fare le sue “politiche”, quelle promesse agli elettori in campagna elettorale, l’Esecutivo dovrà quindi trovare le risorse all’interno del bilancio dello Stato, sacrificando più di un capitolo di spesa. Non solo detrazioni e deduzioni per scendere da quattro a tre aliquote Irpef nel 2024. Ma forse anche i 7 miliardi del Reddito di cittadinanza, messi nel mirino come bacino da cui attingere. Qui il governo ha tagliato già un miliardo, ne toglierà altri due e potrebbe arrivare a dimezzarlo, nel decreto Lavoro del previsto CdM del prossimo Primo Maggio, dando solo un rimborso spese agli “occupabili” per il tempo di seguire un corso di formazione. Non ci sono molte altre alternative. In base al nuovo Patto europeo, “noi dobbiamo andare sotto il 3% di deficit e ci andiamo nel Def”, ragiona Fedele De Novellis, economista e partner di Ref Ricerche. Il Documento porta l’indebitamento dal 4,5% del Pil di quest’anno al 3,7% del prossimo, per poi atterrare al 3% nel 2025 e al 2,5% nel 2026. E il Def è stato già concepito, in linea con il documento Ue di febbraio preparatorio del nuovo Patto (le “guidance”), per garantire la “traiettoria tecnica” discendente che il nuovo Patto ora chiede ai Paesi di rispettare in un piano a quattro o sette anni. L’Italia abbasserà di due punti sia il deficit che il debito portandoli nel 2026 rispettivamente al 2,5% e al 140,4%. Nessuna manovra aggiuntiva, quindi. Almeno per ora. Perché la manovra il governo l’ha fatta già nel Def. “Beneficiando del venir meno delle misure per il caro energia e dell’effetto Superbonus che sgonfiano il deficit”, dice ancora De Novellis. “Ma incorporando però una spesa per interessi crescente verso 100 miliardi nel 2026 e gli investimenti aggiuntivi del Pnrr non coperti da sovvenzione che lo alimentano”. Si spiega così anche il tentativo del governo Meloni di ridiscutere il Pnrr, allungandolo nelle scadenze, anche per liberare quella quota di deficit che potrebbe essere spesa per le politiche elettorali. “È però sbagliato dire che il Def è immobilista e non c’è niente, perché c’è il Pnrr”. Questo è il punto vero. L’Europa propone all’Italia nuove regole più morbide, anche spalmate su più anni, per la riduzione “graduale, ma costante” di debito e deficit, purché siano fatti investimenti in grado di rivitalizzare l’economia e di alimentarne la crescita. Esattamente la stessa logica del Pnrr. “Il Pnrr consente di fare politiche di domanda e dare impulso alla crescita”, dice Stefania Tomasini, economista e senior partner di Prometeia. “È questa la strada, se il governo vuole creare spazi per altre misure. Perché altro non c’è, a meno di voler tagliare la spesa o alzare le tasse. Stiamo già camminando sul “filo del rasoio” e il Def è molto prudente nella discesa del debito che resterà comunque molto alto, ben al 140% del Pil. E lo stesso nervosismo delle agenzie di rating nei confronti dell’Italia non rassicura di certo. Anche se non si vede un declassamento dietro l’angolo”. Il nuovo Patto di stabilità è un percorso di rientro concordato pluriennale, una dieta dopo la sbornia del Covid e post Covid fatta di bonus, tassi bassi, regole Ue sospese. Abbiamo speso e sostenuti i redditi di imprese e lavoratori (soprattutto imprese e lavoro autonomo – molto meno per il lavoro dipendente). Ora, la festa è finita. Bisogna ricominciare a tirare la cinghia. “Il Def lo dimostra in modo limpido, l’austerity più che nelle regole è nei numeri”, spiega ancora De Novellis. “La spesa, fissata a livello nominale, è quasi invariata nell’orizzonte dei prossimi quattro anni. Ma con un’inflazione dell’8-10% nello stesso arco temporale significa un taglio reale sul personale e sulla sanità, ad esempio, dello stesso importo”. Ecco, dunque, che gli unici spazi che il governo si è ricavato rialzando di pochissimo il deficit – lo 0,1% quest’anno e lo 0,2% per il prossimo – serviranno a poco. Circa 3,5 miliardi andranno a riduzione del cuneo fiscale dei lavoratori dipendenti. Ma la misura, che somma altri due tagli, vale ben oltre otto miliardi annui e scade a dicembre. Gli altri 4,5 miliardi per il 2024 sono la base di partenza di una manovra che appare già ora molto essenziale in quanto scarna. Anche sommando la “spending review”, il taglio della spesa dei ministeri da 1,2 miliardi. Troppo poco per le promesse elettorali. E senza la possibilità di alzare il deficit che da ieri è praticamente blindato… E pensare che era già tutto prevedibile prima delle elezioni del 25 settembre dell’anno scorso… ma gli italiani continuano a non voler intendere, aizzati da alcuni partiti: con un debito pubblico enorme come il nostro, c’è poco da promettere il sistema Paese è imballato e resterà tale per ancora un lungo tempo… di chi la colpa? Si dice chiaccerando “di tutti e quindi di nessuno”. Ma, non è così. E’ della politica dissennata di alcuni partiti che cercano un consenso, mentendo sulla situazione economica e sociale della nostra bell’Italia… I mali sono noti (e direi anche molte delle responsabilità) ma in troppi si astengono guardano da altre parti… quando addirittura non chiudono gli occhi e/o fanno spallucce…

 

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