Politica: la logica perversa della Destra di governo. Condoni a gògò per gli evasori. Mentre, resta povero il salario per i lavoratori dipendenti. L’intransigenza della maggioranza con l’emendamento che affossa il salario minimo…

Non esiste nel nostro Paese un clima favorevole per trovare un compromesso col Governo sulla retribuzione minima legale. E se la lotta politica ormai si fa solo con gli slogan, la destra che ha più voti in Parlamento non farà mai ottenere risultati alla minoranza… Mentre cerca e ottiene risultati eclatanti sul Fisco consolidando le sue posizioni. La legge delega con le misure del governo in materia fiscale comincia in questi giorni il suo iter al Senato e, l’ipotesi cui sta lavorando la maggioranza è di inserire un’ennesima agevolazione per i grandi evasori che decidano di collaborare con l’Erario. Si tratterebbe dell’ennesimo condono, dopo che, in nove mesi di governo, sono state già 13 le sanatorie fiscali. L’ultima, inserita nel decreto bollette, ha depenalizzato l’omesso versamento delle ritenute e dell’Iva. Siamo insomma di fronte all’eterno déjà vu della destra sul fisco. Che, non più tardi di sabato scorso, ha visto per altro Salvini, impegnato a far concorrenza elettorale all’alleato FdI, chiedere un’ennesima “pace fiscale” con la cancellazione dei debiti con l’Agenzia delle entrate fino a 30 mila euro. Netta la replica di Ruffini il direttore dell’Agenzia delle Entrate: “La lotta all’evasione è giusta, nessuna persecuzione”. E la stessa Meloni si irrita per le uscite propagandistiche del suo vicepremier. Oggi discussione alla Camera sul salario minimo, vedremo l’ostruzionismo dell’opposizione per evitare il colpo di spugna del governo. Sta avvenendo un vero e proprio scambio, tra lo Stato e i super ricchi. Una necessità, per la destra al governo, al punto da prevedere un vantaggio per i Paperoni. Eccola l’idea che sta prendendo forma nelle ultime ore, da inserire nella delega fiscale i possessori di grandi patrimoni, in Italia e all’estero, escono allo scoperto con l’Agenzia delle Entrate, rivelando situazioni delicate, che possono generare rischi fiscali, in odore di evasione. Informazioni che le Entrate acquisiscono, predisponendo controlli e impegni in capo ai contribuenti facoltosi. Ma come ogni baratto, anche la controparte deve avere la sua convenienza. Che, nel progetto dell’esecutivo, consiste in una riduzione delle sanzioni penali e amministrative. Non è un meccanismo inedito, quello che l’esecutivo sta valutando. L’adempimento collaborativo esiste già, ma solo per le grandi società. Soprattutto è poco utilizzato. Non a caso, nella riforma fiscale approvata il 16 marzo dal Consiglio dei ministri, è stata prevista un’accelerazione per “una progressiva riduzione” della soglia di accesso. Con un ampliamento del trattamento di favore, cioè un’ulteriore riduzione delle sanzioni. Ora il perimetro dei beneficiari potrebbe essere ampliato, includendo i super ricchi, attraverso una misura che dovrebbe finire all’interno della delega o in uno dei decreti legislativi che si agganceranno alla cornice della riforma del fisco. Anche per i super ricchi, quindi, potrebbero scattare sanzioni ridotte. Una linea precisa della destra sulle  tasse  che favorisce l’evasione e fa il paio con il concetto di tasse per i commercianti uguale a “pizzo di Stato”.  Invece, della questione del salario minimo orario, sul quale Elly Schlein intende fare una battaglia centrale e dura assieme alle altre opposizioni… c’è da registrare che: questo caldo allucinante non aiuta certo mobilitazioni di massa e tuttavia il Partito democratico sembra aver azzeccato un tema importante, che politicamente aggrega le altre forze d’opposizione e propagandisticamente funziona. Le tantissime obiezioni di merito (da Elsa Fornero alla Cisl a Tito Boeri e Roberto Perotti) sono state  superate perché la questione è diventata simbolica nella riproposizione dello schema classico secondo cui la sinistra è con i poveri e la destra coi ricchi, se mi si scusa la rozzezza dell’immagine. Il Pd quindi si intesta la proposta sapendo che su di essa convergono anche Giuseppe Conte e Carlo Calenda dando così gambe concrete alla lettiana idea del campo largo. Dal punto di vista di Elly Schlein quindi tutto funziona: ha battuto Conte sul terreno che questi sovente sceglie per le sue involate masanelliane e ha anche separato (ma questo non è solo merito suo) Calenda da Renzi, ostentatamente estraneo alla questione. E ‘dulcis in fundo’ ha sfidato la destra sul terreno sociale. Tuttavia, l’ingranaggio è destinato a ingripparsi in seguito alla scelta piuttosto inconsueta della destra di far saltare la proposta di legge con un emendamento nel decreto lavoro. È una condotta ai limiti, e forse oltre i limiti, della correttezza politica e della ammissibilità formale: si sta creando un precedente in base al quale un governo può annichilire preventivamente una proposta dell’opposizione mediante un semplice emendamento, con la conseguenza che in questo modo potrebbero non esserci più spazi per discussioni di merito su leggi proposte dalla minoranza parlamentare. Come questo sia ammissibile tecnicamente non saprei dire. Ma che sia politicamente assurdo questo sì che si può e si deve dire. Da questa vicenda si possono trarre alcune indicazioni politiche. La prima è che le cose vanno preparate meglio, e prima. Forse se le opposizioni avessero sondato per tempo il Governo per verificare il perimetro dell’intervento (nove euro? Di meno?), e se si fossero evitati certi toni da crociata religiosa in stile forse un po’ troppo gruppettaro magari si sarebbe potuto ottenere un dibattito parlamentare di merito (lo scrivo senza crederci), ma mai omettere alcuna possibilità che su temi importanti per la vita della gente (il popolo) possa avvenire qualche convergenza tra opposizioni e governo… Bisogna sempre creare un clima favorevole, chiedere collaborazione, alimentare un’attesa positiva nell’opinione pubblica. Viceversa, se sei minoranza sei destinato a perdere. E questa Destra lo sappiamo non vuole fare prigionieri… e pensa a far del Parlamento una “tabula rasa”. La seconda considerazione riguarda un possibile imbarazzo di Carlo Calenda a entrare appunto in una crociata parlamentare (si parla di ostruzionismo) ma anche necessariamente extraparlamentare che avrà inevitabilmente caratteristiche precise e molto identitarie di sinistra, nella postura e nelle argomentazioni. Salario minimo: il no della maggioranza, fa dire al Pd che: «La destra è contro la dignità del lavoro». Sì insomma tanto per essere chiari, come scrisse già tempo fa Marco Rovelli nel suo libro: “La lotta di classe esiste e l’hanno vinta i ricchi. Vero!” Diciamocelo senza infingimenti: per un certo mondo che conta le politiche egualitarie sono un grave handicap per l’economia e un pericoloso ‘azzardo morale’; un grado di diseguaglianza è quindi necessario per garantire lo sviluppo economico. Nella stessa ottica, un elevato tasso di inquinamento iniziale, nella fase del decollo, sarebbe accettabile perché destinato a essere riassorbito con la crescita del benessere e il miglioramento delle tecnologie. A oggi, le diseguaglianze hanno continuato a crescere, la crisi economica globale è gravissima e lo stato ambientale del pianeta continua a peggiorare. Ciò smonta l’hardware teorico dell’ideologia neoliberista che sta ‘affamando’ il Mondo. La terza considerazione riguarda il Governo, che, come si diceva, ha assunto una linea di condotta muscolare e non democratica (per democratica s’intende – ma guarda se bisogna scrivere queste banalità – la possibilità di discutere) che conferma il tratto antiparlamentare e arrogante che è parte integrante della linea politica di Fratelli d’Italia e della Lega, molto meno bisogna dire di Forza Italia: peccato che il neosegretario Antonio Tajani già subisca l’egemonia altrui. Insomma, vedremo come finirà: ma probabilmente in questa storia del salario minimo alla fine il rischio è che perderemo ancora una volta tutti noi…

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