Politica: l’Italia è un Circo Barnum. La campagna elettorale è appena cominciata ed è già un disastro e una pena…

Draghi è uscito di scena da poche ore e già si vede il peggio di ogni partito: la destra arcigna e mercantile, la sinistra attorcigliata e pasticciona. Il riflesso di una classe politica che è riuscita a mandare a casa senza motivo un ottimo presidente del Consiglio. La campagna elettorale nemmeno è cominciata e già fa schifo. L’ottundimento mentale di una classe politica che ha mandato a casa senza alcun motivo esplicito un ottimo presidente del Consiglio (ed è tutto un rinfacciarsi: «Sei stato tu», «no, sei stato tu», che pena) è evidentemente destinato a protrarsi di qui al fatidico 25 settembre, compleanno di Sandro Pertini, che per sua fortuna non può vedere lo spettacolo di una Repubblica Barnum, come il famoso circo. In queste prime ore post-Draghi la scena è tra il deprimente e il disgustoso e se il livello non salirà presto nessuno poi dovrà meravigliarsi del calo dell’affluenza al voto, se lo spettacolo è da teatrino di provincia la gente non paga il biglietto. Senz’altro nella seconda categoria – il disgustoso – rientra l’incredibile performance concessa dal Tg1 a Matteo Salvini, intervistato (si fa per dire) l’altra sera dal giovane conduttore, Alessio Zucchini… Salvini pareva una ‘fattucchiera’ che: «dimmi, tesoro, vuoi sapere come andrà l’amore?» Seduta/to a un tavolino con dietro una serie di immagini sacre, icone ortodosse, crocifissi, illustrazioni votive, gli mancava il mazzo di carte ma era proprio lui che, spostando indietro le lancette, ha di nuovo agitato lo spettro dei barconi e di Elsa Fornero, poco è mancato che improvvisasse un sabba per ritrovare la fortuna di un tempo, o rinfrescasse il mojito di tre anni fa, è tornato come il conte di Montecristo, spietato, sente l’odore del sangue dei nemici. E’ un ragazzo ormai troppo cresciuto che già come minimo si rivede al Viminale. Inutile dire che l’esibizione di madonne e immagini religiose, in sé raccapricciante, ha ripreso il “numero” dei comizi con il rosario in mano, una via di mezzo tra Peron e Padre Pio; politicamente ed esteticamente, un salutone alla Lega “giorgettiana” e “fedrighista” della modernizzazione del Nord: è tempo di barbari, questo, di citofoni e di famiglie fondate «sulla mamma e sul papà». E naturalmente, per non essere da meno, contemporaneamente è tornato lui, Silvio, ma su questo hanno già scritto parole definitive coloro che hanno colto l’eterno ritorno del sempreverde Cavaliere… mentre distrattamente guardavamo l’avvocato senza qualità: «tomo tomo e cacchio cacchio» Berlusconi si riprendeva il ruolo di sfasciacarrozze – ha scritto Francesco Merlo – stupendo coloro che dopo trent’anni si illudevano su una sua crepuscolare resipiscenza morale e nazionale… Il vecchio, di cui si dice abbia ormai un’autonomia intellettuale per così dire a intermittenza, invece ha colpito ancora, stavolta regalando Forza Italia alla Lega. Vai a capire se per bilanciare la Meloni o perché proprio non s’è reso conto e irridendo chi ha detto «non sono d’accordo», i ministri forzisti che a differenza del Cavaliere avevano preferito Mario Draghi a Licia Ronzulli. Il brutto è che immediatamente Berlusconi ha rimesso i panni del venditore di tappeti: «pensioni a mille euro!», costo stimato 60 miliardi, ficcando la manona nel sacco del mercante di sabbia, quello stesso sacco dell’«avete capito bene, aboliremo l’Ici» e delle dentiere gratis. Dall’altra parte c’è infinitamente più decoro (ma siamo sicuri che è sul decoro che si voterà, caro Enrico Letta?) e si è finalmente aperta qualche finestra per far uscire il lezzo populista del Contismo, ma come dicono a Napoli guardi i dirigenti del Partito democratico e sembra che «hanno appena passato ‘nu guaio», c’è sempre qualcosa che non torna, la solita confusione, hanno appena coperto di terra il campo largo e già è diventato strettissimo visto la fiducia non votata dai 5stelle a Draghi e in queste giornate le pagliacciate dialettiche di Conte. E poi ancora: «Renzi no, ci fa perdere voti», ha detto qualche stratega a Stefano Cappellini di Repubblica, ma poi forse si allarga a Fratoianni (ma come per lui Draghi era come Scelba) l’altro (mai menzionato) che era all’opposizione con la Meloni… Poi vogliono acchiappare Carlo Calenda ma fino all’altra sera non si erano fatti sentire, dicono sì al mite Roberto Speranza ma non al suo mentore Pier Luigi Bersani, poi rompono con il Movimento 5 stelle ma ci fanno insieme le primarie in Sicilia, quindi Franceschini chiede molti posti, e così Orlando, c’è pure una truppa di Orfini, e poi bisogna candidare Zingaretti a Roma (si voterà anticipatamente nel Lazio, un’altra batosta?), Nicola il mai-sindaco-di-Roma, se la sbrigasse il povero Gualtieri inondato di mondezza come e peggio della Raggi. Parte, dunque, nel casino strategico la campagna del Partito democratico, che si apre a Luigi Di Maio, indimenticabile accusatore del “partito di Bibbiano”, e si chiude a Teresa Bellanova, così Matteo Renzi già si è offeso per il veto nazarenico su di lui ed è sempre vittima, lui e Italia viva, del solipsismo di Calenda che non vuole nessuno dattorno, salvo aspettare a braccia aperte Gelmini e Brunetta, per non dire Carfagna. Intanto è già arrivato il senatore Andrea Cangini. A poche ore dall’uscita di scena dell’italiano più autorevole nel mondo insomma torna il peggio di entrambi gli schieramenti come fossimo in un gigantesco blob degli anni Novanta, con la destra arcigna e mercantile e la sinistra attorcigliata e pasticciona per l’appunto un Circo Barnum cronache di un Grande Show… e pensare che Il welfare elettorale è stato spesso quello di  confondere i furbi con i poveri. Il populismo si nutre del racconto della questione sociale ma l’ha sempre confusa con la politica clientelare del consenso, nell’indifferenza delle categorie più forti che riescono a tutelarsi meglio e da sole. Gli ultimi e i penultimi hanno più bisogno di buona politica, di far presto. Sono quelli che veramente non possono aspettare. Contro Berlusconi, Salvini e Meloni, subito baldanzosi e sanguigni, non bastano le buone maniere o l’agenda Draghi. Letta esca dal vago, vada al sodo. Perché della questione sociale questo Pd si fa carico più per fredda scienza che per vera passione. La sinistra (progressista e riformista) tornerà a rappresentare la domanda sociale se saprà mettersi in ascolto. Solo così si potrà far scuola di una virtù fondamentale: il discernimento. I tassisti, i balneari (difesi da Salvini & C.) sembrano più i veri “poteri forti” che gli eredi della classe operaia. Ed ecco spiegato perché tanta gente di sinistra e di destra (e di niente) sospira: «Ma perché hanno mandato via Draghi?». Già, signora mia, benvenuta alla campagna elettorale dell’anno di grazia 2022. Grazie presidente Mattarella a mettere fretta, già non se ne può più…

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