Politica: Meloni e l’Italietta. I difetti del nostro Presidente del Consiglio dei ministri…

Scontando il pedigree politico tutto italiano (anzi, solo romano) di Giorgia Meloni, il nostro destino potrebbe essere quello di rinculare nel ruolo di periferico di una ‘nazioncina’ che si illude di poter vivacchiare lontano dagli stress globali… Con l’avvento al governo della destra di Giorgia Meloni, il ruolo e il peso politico dell’Italia in Europa e nel mondo sono destinati a cambiare. Innanzitutto, per un dato personale: Meloni non è certo Mario Draghi – per cultura, esperienza, personalità, relazioni – e questo a Bruxelles come a Washington si è al di là dell’accoglienza cortese di cui è stata gratificata, notato subito. Ricordate le parole che disse il premier spagnolo, Pedro Sanchez? «Quando al Consiglio europeo il presidente Draghi parla, tutti stiamo in silenzio e ascoltiamo. E non è una cosa che succede spesso». Ecco, è molto difficile, una volta superata la curiosità del primo momento, che la stessa cosa accada a Meloni. La quale sta correndo a perdifiato per apprendere con rapidità i fondamentali della politica internazionale, specie nei suoi risvolti economici e strategici, scontando inevitabilmente un provincialismo di base con abilità riverniciato ideologicamente sotto la categoria dell’interesse nazionale. Il Presidente Carlo Bonomi di Confindustria boccia la legge di bilancio del governo Meloni: “Manovra senza visione”. L’Italia è tornata l’italietta confindustriale dei giovani invecchiati. Non è una nota polemica: è un dato di fatto che la presidente del Consiglio italiana non abbia studiato all’estero né abbia tessuto particolari rapporti di livello europeo, avendo come pedigree una carriera politica tutta italiana, persino romana, e avendo probabilmente una cultura generale non di primissimo ordine. E poi c’è la questione della collocazione europea della premier italiana, un tema che non può essere rimosso. La famiglia dei Conservatori europei non è altro che una variante dell’euroscetticismo, cioè di un orientamento politico e persino filosofico di segno opposto a quello che sta alla base dell’europeismo dei fondatori ma anche di Emmanuel Macron e Olaf Scholz contro il quale lei potrebbe rovinosamente scontrarsi. Della sua debolezza, come accennato, Giorgia Meloni intende fare un punto di forza, sistematizzando e per così dire elevando il suo provincialismo nel tradizionale nazionalismo che in quanto tale è in sé un tantino vecchiotto. L’Italia di Draghi puntava a diventare un player europeo e atlantico di prima grandezza, una specie di “grande potenza” politica in virtù della buona politica interna e della forza intellettuale personale dell’ex presidente del Consiglio, mentre l’Italia di Meloni potrebbe rinculare su una moderna “Italietta” in grado non già di dettare le grandi scelte europee ma di difendere, se possibile, “l’interesse nazionale” su cose magari meno roboanti secondo una visione molto difensiva e potenzialmente assai vittimistica, dentro la retorica della piccola Italia schiacciata dagli interessi dei grandi Paesi ricchi: dunque una visione esplicitamente “sindacale” del rapporto tra Italia ed Europa. Ritornando al suo ruolo di sempre, amica di tutti e di nessuno e sostanzialmente fuori dal cuore del potere vero, l’Italia scenderà a un piano inferiore della gerarchia politica reale il cui apice sarà sempre più riempito da Parigi e Berlino: se ci fosse un nuovo viaggio in treno per Kyjiv nel vagone ci sarebbero solo Macron e Scholz, non certo Giorgia. Vedremo presto se il nazionalismo di Meloni e dei suoi consiglieri, che spuntano come funghi nei giornali e nei salotti, entrerà in contraddizione con la globalizzazione della politica e finanche delle coscienze, se la Roma meloniana si accontenterà di uno strapuntino della Storia e non di un palcoscenico aulico che il suo retroterra ideologico dovrebbe ispirare. Da tutto ciò discende un rimpicciolimento delle ambizioni politiche italiane che ricorda un’idea da anni Dieci del Novecento, quella che fu la suggestione pascoliana dell’Italia come «grande proletaria» che si muove contro le nazioni forti, il Paese che non ambisce a molto altro se non a una tranquillità e a un relativo benessere e che ricostruisce un clima familiare da tinello e casetta al mare, un’Italietta che ambisce a farsi i fatti suoi e che non vuole essere disturbata mentre lavora e produce e magari paga meno tasse. E che in sede europea strilla sulla caccia e sulla pesca ma non mette bocca nel ridisegno di un nuovo ordine mondiale. Nel frastuono morale di questo tempo a molti italiani in cerca di un autore potrebbe piacere questa Italietta che li tuteli, li rassicuri, che non li stressi con i grandi problemi mondiali. Non è dunque Benito Mussolini che sta per incombere sulla Penisola, non ci sono i Gabriele D’Annunzio in giro, e tantomeno l’olio di ricino e i tirapugni. Piuttosto, il melonismo potrebbe finire con l’assomigliare al giolittismo al tramonto. Meglio così, certo, ma non sarà un’Italia protagonista nel mondo che cambia…

E’ sempre tempo di Coaching! 

Se hai domande o riflessioni da fare ti invito a lasciare un commento a questo post: sarò felice di risponderti oppure prendi appuntamento per una  sessione di coaching gratuita

0

Aggiungi un commento