Politica: Missione impossibile. Il governo cancella dal Pnrr i fondi contro i disastri ambientali. La palla buttata in tribuna. I meloniani puntano al rinvio della discussione sul salario minimo. Infine, e meno male che c’è: la lezione istituzionale di Mattarella al governo su Covid e poteri dello Stato…

I ministri Raffaele Fitto e Gilberto Pichetto Fratin assicurano che non c’è alcun definanziamento e che gli interventi saranno realizzati con altre risorse. Tagliati sedici miliardi, ma spunta un nuovo Ecobonus. Il governo Meloni ha riscritto il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) cambiando centoquarantaquattro obiettivi sui trecento quarantanove da centrare entro il 2026. La bozza di revisione presentata dal ministro Raffaele Fitto ha eliminato misure per sedici miliardi di euro per combattere proprio i disastri climatici a cui stiamo assistendo in questi giorni: dall’efficientamento energetico dei comuni fino al dissesto idrogeologico, dall’utilizzo dell’idrogeno alla gestione del rischio alluvione. «Non c’è alcun definanziamento, evitiamo polemiche che non esistono», ha detto Fitto nel corso della conferenza stampa seguita alla cabina di regia a Palazzo Chigi, spiegando che gli interventi esclusi dal Pnrr verranno recuperati dagli altri programmi, quelli finanziati con i fondi della coesione o dello sviluppo. Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin dice la stessa cosa in un’intervista alla Stampa: «Nessun definanziamento agli interventi sul dissesto idrogeologico inseriti nel Pnrr. Le opere verranno realizzate con altri fondi, basta con questo disfattismo interno tutto ideologico». E aggiunge: «Nessuno stop a nessun progetto, stiamo soltanto lavorando per consentire all’Italia di non perdere fondi, come sarebbe successo se non fossimo intervenuti rimodulando gli obiettivi. Abbiamo preso atto che ci sono opere in capo a Regioni, Province e Comuni che non sarebbero mai state collaudate entro giugno 2026. Quelle opere verranno realizzate con altri fondi, come quelli di coesione. Insomma, abbiamo avuto il coraggio di fare un bagno di realismo che la Commissione europea ha apprezzato. Basta con i disfattismi interni, che hanno solo carattere ideologico» … martedì prossimo il ministro Fitto, sarà in Parlamento per illustrare il restyling del Pnrr. Le opposizioni intanto vanno all’attacco. «Ci vuole davvero coraggio a eliminare dal Pnrr più della metà dei fondi destinati alla lotta al dissesto idrogeologico e tagliare progetti per le infrastrutture ferroviarie», commentano i capigruppo del Pd di Camera e Senato, Chiara Braga e Francesco Boccia. Molto critica anche Italia Viva: «Siamo di fronte a un governo di incapaci. Non sono in grado di spendere le risorse del Pnrr e allora cancellano opere fondamentali», dicono le senatrici Silvia Fregolent e Raffaella Paita. Il governo però ha incassato intanto l’apprezzamento della Commissione europea: «Accogliamo con favore l’accordo raggiunto nella cabina di regia, stiamo lavorando a stretto contatto con le autorità italiane e attendiamo di ricevere la presentazione formale delle modifiche al Piano entro la fine di agosto», sottolinea un portavoce della Commissione. Intanto: Il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera ha chiesto di spostare a settembre la discussione sul tetto minimo ai salari fissato a nove euro lordi nella proposta di legge sostenuta dalle opposizioni. Ma potrebbe slittare tutto a gennaio, fanno notare dal Partito democratico… Tutto rinviato a settembre. O forse anche più in là, magari al 2024. La palla è buttata in tribuna. Il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Tommaso Foti ieri ha chiesto il rinvio a settembre della discussione su un tetto minimo ai salari fissato a nove euro lordi nella proposta di legge firmata Cinque Stelle e poi sostenuta da tutte le opposizioni, Italia viva esclusa. L’obiettivo, ha detto Foti, è di «permettere il confronto, che non significa compromesso o accordo per forza, ma la possibilità di trovare elementi di sintesi». I timori delle opposizioni rischiano di diventare realtà. La maggioranza, durante la discussione del testo in Aula, ha depositato una proposta di sospensiva di sessanta giorni, che verrà votata la prossima settimana. Ma, ha sottolineato Foti alle opposizioni, «non è buttare la palla in tribuna: avete impiegato duecentoquaranta giorni per mettervi d’accordo su una proposta di legge unitaria, pretendevate che in ventuno giorni la maggioranza accogliesse subito le vostre proposte?». Dopo settimane di no al salario minimo da parte di parlamentari della maggioranza e ministri del governo Meloni – tra cui la stessa ministra del Lavoro Marina Calderone – la presidente del Consiglio Giorgia Meloni qualche giorno fa ha fatto in realtà filtrare una disponibilità a «parlarne». La maggioranza in Commissione lavoro non ha votato l’emendamento che eliminava la proposta della minoranza. Ma alla fine è arrivata però la richiesta di rinvio. Secondo il Partito democratico, questa richiesta finirà per tradursi in uno slittamento a gennaio, dato che a fine settembre comincerà il lavoro sulla legge di bilancio e non sarà possibile esaminare proposte che comportino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La Dem Chiara Gribaudo chiede: «A che gioco stiamo giocando? Non è accettabile un nuovo rinvio». Il leader del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Conte attacca: «Per noi l’urgenza sono quattro milioni e mezzo di lavoratori, per loro (il governo) è andare in vacanza». Infine, in un discorso ai cronisti della stampa parlamentare, il presidente della Repubblica ha fatto capire a Meloni di lasciar perdere la commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia, concentrandosi invece sulla attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza… Non è esplicitamente una moral suasion a non andare avanti sulla strada della commissione d’inchiesta sul Covid, ma tutti hanno letto così l’ammonimento di Sergio Mattarella. Il riferimento è chiaro: il Parlamento non è «un contropotere» della magistratura. La quale, com’è noto, sulla vicenda Covid già si è espressa con l’assoluzione di Giuseppe Conte e Roberto Speranza dalle accuse che gli erano state rivolte. La botta del presidente della Repubblica è giunta un po’ a sorpresa durante la tradizionale cerimonia del Ventaglio, dato che la questione della Commissione d’inchiesta sul Covid, approvata dalla Camera ma non ancora dal Senato, è finita un po’ nel dimenticatoio ma è (sarebbe) destinata a tornare d’attualità… Ci si chiede adesso se queste parole di Mattarella verranno in qualche modo valutate dalle forze politiche, in primo luogo dalla destra che insieme al Terzo Polo ha insistito per istituire una commissione che fin dalle premesse è evidentemente politicamente di parte giacché esclude dalle indagini le Regioni, quelle guidate appunto dalla destra, che, come tutti sanno, hanno avuto una responsabilità primaria nella gestione degli interventi contro la pandemia. C’è una frase nel discorso di Mattarella che è suonata come particolarmente incisiva: «Iniziative di inchieste con cui si intende sovrapporre l’attività del Parlamento ai giudizi della magistratura si collocano al di fuori del recinto della Costituzione e non possono essere praticate. Non esiste un contropotere giudiziario del Parlamento, usato parallelamente o, peggio, in conflitto con l’azione della magistratura». Sembra quasi (o forse senza “quasi”) il preannuncio di una opposizione giuridica del Quirinale alla legge che istituisce la commissione sul Covid: Mattarella non la firmerebbe? Di certo dopo queste parole per la maggioranza c’è da riflettere. Questo forte richiamo alla politica, combinazione, è caduto nel giorno in cui la magistratura di Firenze ha preso un cazzotto nell’occhio da parte della Corte Costituzionale sul ricorso circa l’attribuzione tra poteri dello Stato promosso dal Senato nei confronti della Procura fiorentina in relazione agli atti di indagine compiuti in un procedimento penale pendente nei confronti, tra gli altri, di Matteo Renzi: la Consulta ha affermato in particolare la necessità che l’acquisizione, anche presso terzi, di messaggi di conversazioni mail e whatsapp di cui è parte un parlamentare sia preceduta dall’autorizzazione della Camera di appartenenza, dovendo tali messaggi essere ricondotti alla nozione di “corrispondenza” per cui si impone il rispetto dell’articolo 68 della Carta. Quello che sosteneva Renzi. Anche per questa inattesa coincidenza il richiamo del Capo dello Stato alla politica combacia perfettamente con il più alto senso istituzionale di cui egli è garante. E conferma una volta di più la necessità di un preciso argine alle smanie di una maggioranza arrembante che pretende di regolare conti con alcuni e non con altri secondo una logica di convenienza politica e non di equilibrato senso di giustizia. Il che tra l’altro non pregiudica affatto, in presenza di atti motivati, che in seguito la magistratura possa intervenire su questo o quell’episodio verificatosi durante la battaglia contro il virus (ancora non si è capito bene per esempio il ruolo dei russi nei giorni più tragici a Bergamo), ma è escluso che il Parlamento possa invadere, appunto, il ruolo del potere giudiziario come vorrebbe la destra, quando gli torna comodo. Il rispetto dei ruoli, la cultura dei confini, dei limiti, delle prerogative è stato sempre ed è un assillo di questo presidente della Repubblica dinanzi a scavalcamenti, pressioni, invasioni di campo da tutte le parti. Ecco l’arbitro, dunque. Mattarella boccia le commissioni parlamentari su Covid e caso Orlandi: «No a sovrapposizioni con inchieste giudiziarie». Il Capo dello Stato ha incontrato i giornalisti della stampa parlamentare alla Cerimonia del Ventaglio: «Il tema dell’informazione è legato a quello della libertà e della democrazia». Pronto a richiamare tutti, maggioranza e opposizione, a fare il loro dovere anche e soprattutto sul piano della politica con la “P” maiuscola, che in questo frangente si chiama attuazione del Pnrr mentre sul clima – ha detto mollando un’altra sberla al governo Meloni «siamo in ritardo». Lavorate, pare dica Mattarella ai politici, richiamando ancora una volta la «stanga» di degasperiana memoria. Seppur nel suo stile sempre attento ai toni, è un Mattarella molto politico quello che ha pronunciato parole che inseguono Giorgia Meloni sbarcata negli Stati Uniti. La presidente del Consiglio deve annotare che forse è meglio lasciarla perdere, questa commissione d’inchiesta sugli anni più terribili della nostra storia…

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