Politica: Pd, dalla vocazione maggioritaria, si è passati a una vocazione minoritaria e sembra che si voglia puntare più che altro a una vocazione subliminale. E le scalate di Stefano, Elly, Paola al Pd appaiono alquanto blande per poter entusiasmare e riaccendere di passione i cuori dei militanti…

La candidata alla segreteria del Partito democratico Elly Schlein ha scelto la Bolognina per prendere la tessera, ma il clima dell’evento è sembrato quello di un divertissement culturale non certo quello del lancio di una vera sfida politica all’insegna di una nuova “costituente” di un nuovo Pd. D’altronde il 12 novembre 1989 Elly Schlein aveva quattro anni e mezzo e naturalmente non poteva capire cosa stesse avvenendo alla Bolognina, la sezione del Partito comunista italiano nel quartiere Navile, un rione storicamente operaio e di sinistra. Accadde come tutti sanno un fatto storico, la famosa svolta di Occhetto, crollava il muro italiano dopo quello di Berlino, fatto a pezzi proprio in quei giorni. Malgrado certi racconti dicano il contrario, Occhetto quel giorno sapeva di fare la storia. Era consapevole che rispondere all’unico giornalista presente (dell’Unità) che gli chiedeva se fosse possibile il cambio del nome con le parole: «tutto è possibile», avrebbe aperto il più incredibile, lungo, drammatico dibattito mai visto in un partito. Altro che le Agorà, la Bussola, i Comitatoni. Prima di far ingresso nella sezione comunista e rendere la Bolognina un pezzo di storia, il segretario del Partito comunista italiano chiese al volo al compagno partigiano William se facesse bene a fare la svolta, lì, in quel momento e alla Bolognina, davanti ai partigiani: il vecchio partigiano e militante fece di sì con la testa e dunque il capo del Pci Achille Occhetto, non ebbe più dubbi… E così, nel vocabolario politico Bolognina è diventato sinonimo di svolta, rottura, quattro sillabe che significano che si cambia la storia. 33 anni dopo, quella bambina di allora ha scelto proprio la Bolognina per andare a prendere la tessera del Partito democratico, il partito “nipotino” di quel che restava della Sinistra dei due più importanti Partiti: il Pci e la DC. Ma Schlein non lo ha fatto certo per enfatizzare questa filiazione, lei che di comunista nel senso del Pci ha davvero poco, quanto forse per evidenziare una analoga volontà di rottura: la Bolognina di Occhetto ruppe con il Pci, lei vorrebbe in qualche modo rompere con l’attuale Pd (non ha escluso nemmeno il cambio del nome). Sotto l’aspetto diciamo così subliminale il senso della modalità della iscrizione di Elly dovrebbe essere questo: ‘voltare pagina’. E però che differenza! Non solo – questo va da sé – per l’enorme distanza del valore storico delle due Bolognine: ma anche per l’inevitabile mancanza di drammaticità, di pathos, del gesto di Schlein rispetto a quello di Occhetto. Certo, allora si faceva la storia è oggi si fa solo la cronaca, e non è colpa o merito di nessuno. Nella scalata di Schlein alla segreteria del Pd cioè manca quel senso drammatico che è proprio dei momenti della grande politica, quella tensione da ultima spiaggia, quello sforzo intellettuale necessario in un’operazione di rottura; né si avverte che i tempi stanno cambiando o cambieranno più di tanto ed è forse per questo che viene da dire che Elly guarda al Pd con un moto di simpatia e quasi con allegria, quasi fossimo davanti per l’appunto a un divertissement culturale e non a una sfida politica pesante in quanto epocale. Una sfida a tutto un preciso mondo politico… ad una mentalità di un gruppo dirigente che lei non prende di faccia ma solo di striscio e anche labilmente. Non sembra che Elly Schlein vogli lottare lancia in resta, eppure dovrebbe sapere che sta andando contro i bastioni eretti da politici di professione, pare invece voler sorvolare sulle magagne di un partito in crisi, che lei sembra voler salvare con un semplice sorriso, almeno questa è la Elly che appare. Un partito che aveva una vocazione maggioritaria per il governo del Paese, vocazione divenuta minoritaria… di fronte alla perdita di ben 7 milioni di voti in questi 15 anni di vita del Partito democratico e oggi, questa vocazione sembra essere una vocazione semplicemente subliminale… E tutto ciò francamente mi sembra riguardi anche le candidature di Stefano Bonaccini e di Paola De Micheli. La politica in genere, un partito, un movimento politico dovrebbero essere e anche essere percepiti come utile agli altri, alla comunità nazionale o locale. Le persone militano, partecipano, simpatizzano, votano per un partito quando sentono, che quel soggetto, per il suo modo di essere, per la capacità di vivere e condividere i problemi della vita vera, prova a dare delle risposte. A partire proprio da quelle delle fasce sociali più fragili e insicure, più spaventate. Questo, secondo me, è il problema centrale del Partito democratico oggi – tra i tanti che lo  investono – il problema che forse precede tutti gli altri. Chiediamocelo, o meglio se lo chiedano per primi Bonaccini, Schlein e anche Paola De Micheli, che resta in campo e conferma di voler competere con gli altri due all’incarico di Segretario/a di un Pd rinnovato, ovvero di un partito che ritrovi nel congresso un’anima e un’identità… È credibile il Partito democratico come soggetto utile alla collettività? O piuttosto ormai il Pd è percepito come una associazione prevalentemente utile a chi sta già dentro il partito? Qualche numero. Oltre 7 milioni sono oggi, gli iscritti agli albi del volontariato. Mentre meno di un milione sono quelli iscritti a tutti – tutti – i partiti politici, la cui credibilità complessiva è data non solo dai sondaggi, ma anche dall’inesorabile crescente astensionismo… È questo, modestamente per me, il punto di partenza dal quale si dovrebbe muovere per la sua “rifondazione” l’attuale Pd. Ridare innanzitutto senso, passione, generosità, con gesti ed esempi, alla politica. Mi viene da dire per quanto riguarda, il Partito Democratico che i candidati alla Segreteria, non sembrano avere questo anelito, né alcuna vera passione e quindi una generosità di gesti ed esempi, su cui far scattare una rinnovata e forte militanza. Mi sbaglio? Chi lo sa: forse è solo una nuova strategia comunicativa? Che suona come certe piccole canzoni country di due minuti mentre gli altri suonano piatti, ottoni e tamburi. E comunque a pensarci bene Bonaccini rappresenta Governatori e Sindaci quelli di un buon governo dei territori, l’unico pezzo vincente dell’attuale Pd. La Elly… l’ha pure spiegato: vado alla Bolognina perché abito da quelle parti. «Non siamo qui per sostituire il Pd ma solo per rinnovarlo», ha detto ieri ai militanti. Alla fine conferma che non c’è nulla di eroico e di grande all’orizzonte. La De Micheli vanta una lunga militanza, che le dà la “conoscenza profonda” del Partito. Che vuole dire con questo? Mettiamola in estrema sintesi così: anche dove vivono esempi virtuosi di gestione del potere locale (e ce ne sono tanti: penso principalmente ai Comuni, sono tanti i sindaci del Pd) non è stato comunque sufficiente tenere con il popolo solo un rapporto mediato dalle istituzioni. Ci vuole qualcosa di più, un Partito aperto (né pesante né leggero, ma radicato e aperto. Il Copyright è quello del Lingotto, quello di Veltroni). Un Partito che si prenda la briga di stare dove c’è la vita. La vita di chi soffre, di chi non ce la fa, innanzitutto. Di chi non ha lavoro o ha un lavoro povero e sfruttato. Di chi ce la faceva fino a qualche tempo fa e ora si trova a vivere una condizione di precarietà e insicurezza. E di paura. Di chi non vede futuro, a partire da tanti giovani. Ma anche di chi si rimbocca le maniche, intraprende, ha tenuto duro durante e dopo lo tsunami della crisi e della pandemia e ora della crisi energetica. È l’Italia. A questa deve guardare e rivolgersi il nuovo Pd. Di questa Italia un Partito vero e rinnovato deve condividere ansie e aspirazioni. E provare a dare le risposte che una forza di Sinistra non a vocazione minoritaria deve dare… È questa la passione, per non dire l’ossessione che devono avere i piddini, non quella di dividersi su con chi allearsi e guardare a Conte o a Calenda-Renzi. Un gruppo dirigente deve avere meno ansia di futuro personale, meno correntismo e uno sguardo lungo sull’orizzonte di coloro che vuole rappresentare e già rappresenta. Insomma, mi chiedo, vi chiedo: vi sembra questo in corso un modo nuovo di fare la storia di un partito nato con una vocazione maggioritaria… che è diventata minoritaria, nei fatti e nei numeri e che, sembra cercare una nuova vocazione, che pare più che altro sublimare. Se non lo fanno i partiti leaderistici, quelli che nascono, vivono e deperiscono attorno ad un capo, le conseguenze sono relative. Se non lo fa una forza di Sinistra i danni come si vede sono incalcolabili. Potere come mezzo, non come fine e più lotta tra le idee. Erano queste, del resto, le fondamenta sulle quali nacque il Pd nel 2007, che pochi mesi dopo raccolse 12.100.000 voti, con oltre il 33%. È questa la prima identità, il primo profilo che il PD dovrebbe ridarsi… Ma così come stanno facendo, rischiano di non farcela. Non è, almeno per me, solo un problema di “tornare alle ideologie” novecentesche. Ma a ideali e valori, questo sì. C’è molto oggi da cambiare da quando il Pd nacque (figlio tardivo dell’Ulivo: doveva nascere dieci anni prima, se la sfida di Prodi e di Veltroni non fosse stata uccisa nella culla). C’è stata la bolla di Wall Street e un decennio di gravissima crisi economica e finanziaria. E la drammatica e sconvolgente pandemia globale con le conseguenze sanitarie e sociali che il mondo ha vissuto. Poi c’è la guerra scatenata da Putin, la crisi dell’energia, che apre nuovi scenari e nuove sfide geopolitiche. È persino ovvio sostenere che occorre ridefinire un profilo, un programma e rivisitare profondamente le analisi con cui la Sinistra – in tutto il mondo – ha vissuto la globalizzazione, non vedendone o sottovalutandone gli aspetti e le conseguenze legati a nuove diseguaglianze, nuove povertà, nuove precarietà. All’emergenza dei cambiamenti climatici. Sì, è cambiato tutto, ma resta ancora valida l’idea di costruire un nuovo pensiero democratico dalle radici e dagli ideali antichi, dal rapporto con la società contemporanea, dalla visione e dalla voglia di costruire il futuro, senza guardarlo dal buco della serratura. Unire il meglio dei riformismi democratici, progressisti e di sinistra è ancora necessario. Altro che “sciogliere” il Pd. Sarebbe distruggere le fondamenta. E c’è poi un altro punto fondamentale. C’è l’etica della politica. La questione morale di Enrico Berlinguer, che non voleva solo dire : guai a chi ruba. Questo è scontato per i valori. Ma voleva dire anche che i partiti non devono occupare spazi impropri. Che le pratiche diffuse delle nomine negli enti statali, nelle partecipate locali fatte per fedeltà e non per merito e competenze debbono finire. E che le ambizioni non debbono sconfinare nell’arrivismo e nella politica come ascensore sociale per chi la pratica. Sobrietà, legalità, lotta alla corruzione (e alle mafie ) debbono tornare ad essere la carta d’identità del Pd. E se si allentano queste cose si fanno spazio anche pratiche e comportamenti (il caso di questi giorni a Strasburgo è un esempio devastante) che la politica non può in nessun modo tollerare, alimentare. Pena la sua totale perdita di credibilità… di reputazione del gruppo dirigente. Che altro deve accadere perché questa questione morale torni ad essere piena consapevolezza e pratica concreta? Tutto ciò non può essere fatto “in vitro” o come fosse un “talent”. Che si apra davvero questo congresso: con centinaia di incontri con quelle persone in carne e ossa, quei mondi sociali, quei corpi intermedi che operano quotidianamente nella Società italiana. Da lì nascerebbero proposte e idee da trasferire non solo in Parlamento, ma utili al profilo del Partito. E questo sarebbe un pezzo vero di costituente, di rapporto vero con l’Italia. Avanti, con la costruzione del nuovo Pd, con la scelta aperta e popolare di una nuova leadership. Diamogli diamoci una mano”. Con disincanto ma francamente quello che si vede fino ad ora di questo congresso, non pare, possa essere quel necessario modo nuovo di fare la storia nuova della Sinistra in Italia e in Europa…

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