Politica: Pd, Riformisti e Massimalisti. Chi sono costoro? È un “dibbbattito lunare” …

La riunione della Direzione Pd di due giorni fa (19 giugno), alla fine è stata meno tempestosa di come era stata anticipata da diversi giornali e notiziari TV nelle giornate precedenti (brutto citarsi ma qui avevo già scritto che: «alla fine non succederà niente di eclatante»: perché di fatto non c’era niente da decidere). Certo che nel Pd e fuori dal partito, il “dibbbattito” (quello con tre bbb) è “lunare”. Ripercorre per toni e enfasi quello del secolo passato tra Riformisti e Massimalisti (chissà, chi tra questi nostri contemporanei, conoscono esattamente le differenze sorte fin dai tempi del Congresso di Erfurt del Partito Socialdemocratico tedesco (SPD) tenutosi l’anno 1891 per l’appunto ad Erfurt, il quale si suddivideva in un programma massimo e in un programma minimo). Per farla semplice riassumo così: I socialisti riformisti (programma minimo) volevano cambiare la società attraverso riforme all’interno di uno stato liberale per favorire una creazione di una società meno ingiusta e più equilibrata tra le diverse classi sociali facendo diminuire l’ingiustizia sociale. I massimalisti (programma massimo) volevano raggiungere la creazione di uno stato comunista attraverso la rivoluzione abolendo le classi sociali. Orbene, una prima considerazione riguardante l’attuale dibattito nel Pd che investe la neo segretaria Elly Schlein e la sua linea politica di quello che dovrebbe essere un “nuovo partito democratico”. È che in Direzione, sono usciti finalmente alcuni elementi di verità. Nella realtà non c’entrano nulla né il Massimalismo né il Riformismo. Sono solo un ‘pretesto’ che tende a nascondere i veri motivi di uno scontro di potere tra le componenti socialista (e post comunista) e quella cattolica liberale fusesi (a freddo) nel partito democratico 16 anni orsono dando corpo ad un unico gruppo dirigente. La Segretaria Schlein ha affrontato la Direzione nazionale del partito senza più glissare sui problemi interni. Scelta giusta? Meglio affrontarli che fingere un’unità che non c’è. La Segreteria del Pd ha chiesto sostegno e compattezza verso l’esterno, sottolineando che ci sono momenti nei quali è necessario parlare agli elettori più che parlarsi addosso. Per questo ha impostato la prima parte del suo intervento per rilanciare un’agenda basata su tre grandi cornici: giustizia sociale, lavoro, ambiente. Nulla che non avesse già detto nella campagna per le primarie e nelle prime settimane da leader, ma con la convinzione che si tratta dei temi giusti per parlare a un elettorato giovane e in parte nuovo, molto interessato a una visione per il futuro e senz’altro meno ai rapporti di forza interni del Pd, tema che alla lunga ha estenuato anche i più affezionati entomologi della sinistra italiana. Tutto risolto? Neanche per idea, servirà un lavoro lungo e difficile per rimettere in pista un Pd capace di contendere alla destra il governo del Paese. Al discorso di Schlein di ieri vanno però riconosciuti alcuni meriti. Il primo è aver chiesto esplicitamente agli oppositori di farsi avanti: se ci sono ostacoli insormontabili nella definizione di una linea condivisa da tutto il partito, è bene che escano fuori subito e in forma ufficiale, servirebbe quanto meno a evitare che il finale sia quello già visto troppe volte, un partito sonnambulo dove molti improvvisamente ritrovano parola e coscienza solo all’indomani di un rovescio elettorale. In questo modo negli scorsi 16 anni si sono regolati i conti con ben 9 Segretari. Il secondo è aver definito ancora una volta con chiarezza la posizione del Pd a sostegno dell’Ucraina anche con l’invio di armi, passaggio necessario dopo le critiche sorte per la partecipazione di Schlein a una manifestazione, quella del Movimento 5 Stelle dello scorso fine settimana, nella quale Giuseppe Conte ha delegato l’intervento sulla guerra a Moni Ovadia e accorciato fino quasi ad annullarla la distanza tra l’analisi grillina e quella del Cremlino: nelle parole di Ovadia, un conflitto voluto dall’Occidente, subìto da Putin e da una Russia impegnata per un nuovo ordine mondiale multipolare da contrapporre a quello imposto dagli Usa alla “serva” Europa (un’Italia “prona agli Usa”, ha aggiunto Conte, politicamente ricordato come il presidente del Consiglio che aprì le porte della nostra intelligence al segretario alla Giustizia americano Bill Barr, spedito dall’amministrazione Trump (mito di Salvini e Meloni) a indagare nel nostro Paese su un fantomatico complotto contro The Donald alle presidenziali 2016). Ennesima strumentalizzazione nei confronti di Giuseppe Conte e dei 5 stelle sulla loro affidabilità politica… Ma ormai è una questione inesistente, una vera fake… in quanto a riguardo dell’accaduto, Conte già da tempo, ha reso chiara e trasparente spiegazione al Copasir. Senza riceverne poi alcun seguito ne provvedimenti di censura di tale suo comportamento. Ma tutte queste polemiche sono fatte ad arte per riproporre ambiguamente all’opinione pubblica il perdurare di situazioni e comportamenti discutibili delle ‘opposizioni’ che invece sono state già chiarite. Sono il continuo tentativo fatto spregiudicatamente e ormai alla luce del sole, di mettere alla gogna il Pd (che mostra nei sondaggi di avere avuto un incremento di consenso rispetto alle elezioni politiche del 25 settembre dello scorso anno) ma soprattutto mettere in difficoltà la nuova Segretaria (vissuta nel partito ma soprattutto da una parte del vecchio gruppo dirigente come un corpo estraneo) essendo Elly una neo tesserata, iscrittasi per partecipare da candidata alle primarie di partito alla fine del Congresso del Pd, durato alcuni mesi). Critiche che escludono a priori la possibilità di ricostruire se non una vera alleanza coi 5 stelle, nemmeno qualche possibile convergenza su argomenti specifici come: il salario minimo, la riforma dell’abuso d’ufficio e altro ancora. Sostenendo che la Schlein essendo andata a salutare la manifestazione dei 5 stelle (20mila in piazza di sabato sotto un sole cocente) ufficialmente convocata contro il precariato, il lavoro povero e via dicendo (temi cari da sempre al Pd) …sarebbe di fatto subordinata politicamente a Conte e ai suoi. E in ragione delle sparate di Ovadia sulla guerra russo ucraina e al mettersi il Passamontagna la ‘boutade’ provocatoria di Grillo (che certamente non sollecitava alcuna rivolta armata, bastava ascoltare tutto quanto il suo intervento) l’informazione governativa tenta di presentare la neo segretaria del Pd come una persona che non avrebbe una chiara linea sul conflitto ucraino in corso da ben 15 mesi. Le parole di Schlein alla Direzione hanno invece chiarito che sul tema della guerra è impossibile trovare una convergenza con il potenziale alleato 5S e valgono anche come una risposta a chi la dipinge incapace di arginare le pressioni provenienti da parte della sua base e dalla sinistra più radicale, ammesso e non concesso che possa essere considerato di sinistra un presunto pacifismo che tiene bordone al più fascista degli stati autocratici in nome di un becero e ottuso antiamericanismo da liceo occupato (occupato cinquant’anni fa, peraltro). Non era scontato tenere il punto a rischio di scontentare qualche ultras, e infatti non lo è dall’altra parte della barricata dove Meloni pare spesso decisamente meno a suo agio nel controllare i richiami della foresta nella base del suo partito, ne è un esempio lampante l’impuntatura ideologica sulla ratifica del Mes. L’eliminazione del reddito di cittadinanza, la proibizione della registrazione civile dei figli delle copie omogenitoriali e quant’altro in questi 8 mesi di governo Meloni abbia detto e fatto, per mantenere un’identità di Destra e una divisione sociale sempre più profonda tra i cittadini… mentre un governo dovrebbe lavorare per tutti gli italiani e non solo per quelli che l’hanno votato. Ovviamente la nettezza sull’Ucraina tenuta dalla Schlein non cancella la spericolatezza di dover andare a costruire una coalizione con una formazione ambigua su molti temi come è il M5S, e con altre che, al momento, sembrano interessate ad altro (Italia viva è nella coalizione di destra alle imminenti regionali del Molise e anche Azione si dichiara disponibile a votare con il governo sulla così detta riforma della Giustizia). Perché guardate, la logica del Terzo polo è chiara… delegittimare il Pd, la forza principale del centrosinistra, per lucrare qualche rinforzo in previsione di fare la stampella della Destra… quanta doppiezza in tutto ciò… l’ho scritto e lo ripeto: “attenti a quei due” … centristi o meno, sono due disposti a tutto, pur di contare personalmente più del due di picche a Briscola. D’altra parte, fin quando la legge elettorale costringerà a votare per coalizione, a occhio ancora per parecchio, è difficile biasimare la Schlein per il tentativo di costruire un’alleanza più larga per competere con la destra. Dentro la quale, peraltro, le divisioni sull’Ucraina sono altrettanto nette quanto quelle nell’opposizione: Meloni ha usato la sua forza elettorale per imporre la linea agli alleati. Schlein prova ad allargare. Ieri ha teso una mano anche verso Carlo Calenda (“Andrei anche a una sua manifestazione”), attaccando il solo Matteo Renzi (“Io subalterna? È lui che dopo essere diventato segretario ha subito invitato Berlusconi al Nazareno”). Il leader di Azione ha ritenuto di non raccogliere l’assist e ha difeso Renzi dalle “amnesie selettive di Schlein”, una reazione nella quale è difficile capire dove finisca l’atto di cavalleria verso il rivale e dove inizi l’incomprensione politica del gesto di Schlein. Su una questione, però, la leader dem non può e non deve sottovalutare i moniti e anche le critiche: il mercato elettorale del Pd deve restare largo e plurale. L’idea che il partito torni vivo e forte solo recuperando i voti degli astenuti e degli scontenti di Sinistra, come se l’astensione fosse tutta da una parte e in attesa di un segnale dal Nazareno, è pura mitologia, tipo l’unicorno, tipo lo Yeti, tipo un leader del Pd sostenuto da un partito senza divisioni… Credo che ogni discussione, per quanto aspra, debba muovere da un dato di fondo: oggi nel nostro Paese ma anche in Ungheria, Polonia, Svezia, Austria, Grecia e con tutta probabilità prossimamente anche in Spagna, al potere c’è la Destra… E il Paese non è un concetto vuoto. Sono le persone, le istituzioni, l’economia, lo Stato. Sono i partiti. Il punto vero è che per convincere gli altri che qualcosa è giusto o sbagliato ai partiti un linguaggio dei mezzi non basta più. Ai partiti serve ritrovare un linguaggio dei fini. Oggi, la destra, in Italia e negli altri Paesi ricordati, ha la presunzione di cambiare quei fini e lo fa spostando su una frontiera reazionaria il governo d’Europa per colpirne i principi culturali fondanti dell’Illuminismo e dell’Umanismo e conseguentemente o meglio in parallelo dello stesso Stato di diritto. Se dovessero vincere le elezioni europee l’anno prossimo a giugno e Trump o un suo omologo politico dovesse riconquistare la Casa Bianca noi assisteremo alla più radicale regressione dell’Europa politica dopo il 1945. Questa è la sfida enorme che ci viene posta e che carica principalmente sul Pd e i suoi possibili alleati, una responsabilità pesante. Occorre unire cultura, politica e speranza in una nuova sintonia col tempo della storia. Dal lavoro al muoversi, dal sapere alla salute, alle scelte sulla vita, come concepirla o uscirne. Al capitolo della Pace e della Guerra, della diplomazia e del rispetto del diritto internazionale su cui non possono esistere ambiguità. Per tutto questo, prima che necessario, personalmente penso che sia giusto costruire convergenze tra le forze d’opposizione… e farlo tenendo assieme e aperta l’alternativa dal basso, come fu a suo tempo con l’Ulivo. E come va fatto anche ora unendo i bisogni dei soggetti che si battono per ottenere i diritti negati. Ma scusate, con chi andrebbe fatta questa battaglia? Chi mai dovrebbe contrastare “la torsione autoritaria” (termine usato da Prodi per definire l’attualità della politica italiana con al governo la Meloni) cui assistiamo attoniti ormai da mesi tutti i giorni. A partire dalla Società, poi dentro al Parlamento e anche dentro i partiti e i loro ritardi… perché discutere serve. Ascoltare serve ancor di più e aiuta a comprendere anche l’altro… Però con uno spirito giusto. La politica… i politici processano continuamente questa o quella piazza a seconda se è conforme a loro o meno… processano il Paese che loro vorrebbero somigliante a loro stessi, mentre sempre più spesso quelle piazze non sono più le piazze del Popolo… ferve e cresce a dismisura la polemica che ottenebra tutto e tutti… che oscura il “bene comune” per esaltare il bene particolare di questo o quel soggetto sociale… estrapolandolo dal contesto d’insieme di un Popolo, per far collimare il Popolo solo con quelli che votano chi è al governo… ma allora, c’è da chiedersi: quanti sono i Popoli d’Italia? Adesso che al potere c’è questa destra bisogna stare attenti a tagliare ogni filo che consenta di impostare un’alternativa politica a questo governo… senza la quale ognuno resta appeso a sé stesso… Detto tutto ciò è opportuno che nel Pd si prenda atto che il congresso è finito e che la Segretaria Schlein, nel quadro articolato di sensibilità diverse nel partito e pur con una segreteria che non è unitaria, ha comunque piena legittimità ad agire e ad indicare la linea. La nuova Segretaria incarna una domanda di innovazione che oggi è la migliore risorsa del Pd e attorno a questa spinta la Schlein sta tentando di portare tutto il partito a condividere la rotta, il linguaggio, il traguardo. Perché questo è il compito di chi guida. Non è un dettaglio. Ha vinto le primarie e gli va riconosciuto da tutti. Infine, va detto senza alcuna reticenza, che da un congresso un partito può uscire con una maggioranza e una minoranza. Ma non può uscire con una maggioranza e una opposizione a questa maggioranza. Perché in questo caso sono due partiti in un corpo unico. E non funziona, non ha funzionato se in 16 anni il Pd ha subito ben tre scissioni… Altro che Riformisti e Massimalisti… mascherando le differenze, se un partito si confronta su temi difficili non è mai una cacofonia… ma poi bisogna decidere cosa fare e da che parte stare… la minoranza decida se deve fare l’opposizione nel partito, forse è meglio che decida di conseguenza, l’elettorato la prossima volta deciderà chi ha ragione… ma questo è il tempo di chiarire nel partito democratico che tipo di unità serve al medesimo… e l’unità non può essere usata per annullare le differenze, ma non può essere nemmeno l’alibi per fare l’opposizione dentro il partito… la neo Segretaria, l’ha detto senza reticenze e in termini più che chiari… l’unità vera si fonda sulla capacità di riconoscere la quota di vero presente nelle ragioni dell’altro… e la Schlein ha detto le sue ragioni per rafforzare e riorganizzare il partito… adesso basta inventarsi mascherature per perpetrare un “dibbbattito” che in questi tempi appare dentro e fuori in partito democratico sempre più lunare…

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