Politica: Referendum sul Jobs Act, cresce il furore anti Schlein nel Pd. Preparano l’assalto alla Segretaria per il post elezioni europee. Altro che “partito nuovo”. L’obbiettivo è cambiare la Segretaria, per non cambiare il partito…

Firmerò il referendum sul Jobs Act. D’altronde come non vedere l’enorme sofferenza per la precarietà del lavoro, per i ricatti e l’umiliazione di un lavoro povero, e sempre più povero soprattutto per donne e giovani. Fino allo scambio indecente tra i profitti da cumulare e l’insicurezza per cui si muore sui binari sotto un treno, manutendendo una turbina a 40mt. sotto l’acqua di una diga o asfissiati in una cisterana o per troppa fatica. Continua ad esserci un “brutto tempo” per infermieri e medici altro che quel: “dalla pandemia usciremo migliori” in cui avevano creduto. Per gli straordinari non pagati o per chi pulisce gli uffici all’alba, ma appena si accendono le luci resta al buio dello sfruttamento… Di fonte a questa situazione, gli autoproclamatisi riformisti, o meglio quella sorta di conservatori “illuminati”, come li ha chiamati Piero Ignazi, che sono contro la svolta a sinistra del Partito democratico… che senza alcuna razionalità contrastano il tentativo di puntare sulle classi popolari nel tentativo di riportare alle urne una quota di astenuti. Una nutrita schiera di antipatizzanti del Pd, sostanzialmente i nostalgici di Renzi e di un partito liberal-centrista, è partita all’interno del partito all’assalto di Elly Schlein, perché ha osato attaccare uno dei loro totem sacri, il Jobs Act. Sempre il Prof. Ignazi sottolinea che questo loro atteggiamento fa intravede una sempre meno celata simpatia per il Primo ministro, Giorgia Meloni. Basti pensare al soccorso (giallo?) che molti autoproclamatisi riformisti – al meglio, conservatori “illuminati”, quando non veri e propri controriformisti – stanno portando al progetto di premierato, fingendo di non capire o, ancora più grave, non capendo, la portata politica, più ancora che costituzionale, di questa proposta: fare di Fratelli d’Italia e della sua leader il perno del sistema politico assumendo l’aura dei costituenti che soppiantano la vecchia carta antifascista. A ogni modo, per una ragione o l’altra, il Pd continua ad essere nel mirino per la sua svolta a sinistra. In effetti, molti non si rassegnano ad avere un partito che ha adottato una agenda sociale diversa da quella renziana. E continuano a tessere gli elogi di quella stagione senza mai ricordare che a causa di quella agenda il partito, alle elezioni del 2018, precipitò al livello più basso mai raggiunto nella sua storia. Ora come non capire che l’intento vero degli autoproclamatosi riformisti è quello di far perdere ancora punti al Pd? Poiché non voglio solo pensare male e ritenere che proprio questo sia l’obiettivo strategico di questa componente, e cioè portare un Pd in ginocchio di nuovo alla corte del fiorentino, devo piuttosto pensare che alla base del furore anti Schlein vi sia una distorsione ottica, una incomprensione delle dinamiche politico-elettorali degli ultimi tempi. Due mi sembrano i fattori che molta opinione pubblica, anche attenta, tende a sottovalutare: l’aumento dell’astensione e la mobilità elettorale. Su Domani, oggi troviamo sempre a cura di Piero Ignazi, un breve riepilogo per rinfrescarci la memoria. Nel 2013 il M5s passò da zero al 25 per cento, il Pd perse 8 punti e Forza Italia 16. Nel 2018 il Pd lasciò sul terreno altri 7 punti e Forza Italia 8, mentre il M5s e Lega andarono avanti rispettivamente di 7 e di 13 punti. Le ultime consultazioni, infine, hanno visto la conquista di 20 punti da parte di Fratelli d’Italia e il tonfo di pari misura dei 5 stelle. Questa irrequietezza dell’elettorato si è associata con una progressione costante dell’astensione, arrivata a superare un terzo degli elettori nel 2022. Questi due dati, mobilità elettorale e fuga dalle urne, dovrebbero obbligare ogni partito a una duplice azione: rinserrare le proprie file per evitare ulteriori passaggi all’astensione, e attrarre o recuperare elettori potenzialmente ben disposti. Se il Pd vuole (cercare di) uscire dalle secche in cui si trova, non ha altra scelta che puntare su elementi mobilitanti che rafforzino – o almeno finalmente delineino – la sua immagine, e abbiano un alto “rendimento”. Dato che dal 2013, e con una accelerazione fortissima nelle ultime due consultazioni, il Partito democratico ha perso elettori delle classi popolari, è perfettamente razionale che cerchi di riconquistarle puntando su una agenda indirizzata ai ceti sottoprivilegiati, di cui occupazione, salario e welfare costituiscono capisaldi dell’azione di una forza di sinistra, ma non, comprensibilmente, di forze centriste. Solo i partiti che hanno enfatizzato la connotazione socialista e pro labour – Psoe spagnolo e Spd tedesca – hanno registrato successi. E comunque il Pd avrà migliori chance se riuscirà a riportare alle urne una quota di astenuti, perché questi molti non votanti appartengono a ceti popolari, disaffezionati o delusi da politiche distanti dal loro sentire e dalle loro domande… L’assalto alla Segretaria prepara un post elezioni europee, che invece di discutere di come il Pd debba rinnovarsi politicamente ed organizzativamente guardando ad un “partito nuovo”, si tenti l’obbiettivo di cambiare la Segretaria, proprio per non cambiare il partito… mentre una discussione veritiera sul partito e la sua ‘disfunzionalità’ si impone, se si vuole avere in prospettiva qualche chances di riprendersi i voti perduti e costruire una reale opposizione e una possibile alternativa al governo delle destre. Devo dirlo, La mia modesta firma al referendum è pero anche altro… si è significativamente più cose. È un modo per dire che nel futuro i diritti devono restare rappresentano la morale della nostra storia. La politica è anche simboli, non si tratta di vivisezionare una legge che come sempre non può dare tutti i frutti attesi da chi l’ha voluta. Io, lo so, che un referendum non basta. La Cgil lo ha scelto nella sua autonomia mentre il conflitto si fa sempre più aspro. Io credo che senza sindacati radicati, popolari il nostro paese e l’Europa corrono rischi seri, ed è la ragione perché occorre sempre più una larga sindacalizzazione come elemento di una democrazia che sia credibile per tutti quei lavoratori poveri che non hanno santi in paradiso e che la paura nel domani riduce la loro fiducia nelle istituzioni e li trascina nell’astensione… La destra contrasta i diritti e le libertà. Si può tornare indietro, a quando profitti vergognosi e capi obbedienti decidevano dei destini, della salute, delle carriere. Ne abbiamo più di qualche anticipo, i manager di Stato a far da comparse sul palco della premier, la censura alla Rai, tasse come pizzo, bonus come mance, le manganellate agli studenti. Si accaniscono sui fragili sbandierando il premierato e l’autonomia in una riscrittura della storia dove bersaglio sono la libertà e l’indipendenza delle donne. Anche per questo firmerò la proposta di legge di iniziativa popolare sul salario minimo, e qui in Lombardia per la sanità pubblica… Il Pd ha già consumato molte stagioni su cui ciascuno di noi ha i suoi pensieri, e continuo a credere che le differenze comportino limiti per tutti e tutte. Occorre guardare avanti con il dovere di agire su questo sciupio umano che è lo svilimento del lavoro onesto a partire dalla fatica manuale ma anche di una tecnologia senza controlli proprio mentre si allargano le illegalità e ritorna la questione morale per i partiti… Non c’è più alcun dubbio che questo nostro presente sia stretto tra guerre di trincea e intelligenza artificiale, tra chi scava nei rifiuti per mangiare e chi vuole pagarsi un viaggio su Marte, ci riproponga il tema di avere un pensiero sul mondo per unire chi sceglie di stare dalla parte giusta per conservare diritti sociali e diritti umani, per un lavoro pagato giusto che permetta di vivere in democrazia e dignitosamente… come sancisce la Costituzione italiana…

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