Politica: salario minimo, rinnovo contratti, cuneo fiscale: il piano per far crescere gli stipendi…

È necessario alzare gli stipendi degli italiani. Martedì 12 luglio il presidente del Consiglio Mario Draghi ha convocato i sindacati. Sul tavolo ci saranno gli stipendi: dal salario minimo, ai rinnovi contrattuali fino al taglio del cuneo fiscale, l’obiettivo è trovare una soluzione per rendere più consistente la busta paga dei cittadini italiani in modo da far fronte all’inflazione, che ha ormai superato l’8% (rispetto al 6,8% di maggio), e alla corsa dei prezzi dell’energia. «Noi diciamo che 200 euro non sono sufficienti – ha sottolineato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, in attesa dell’incontro con il governo -. Basta con le una tantum. Adesso servono 200 euro netti al mese in busta paga, per sempre non una tantum». Ha ricordato, inoltre, che le risorse per attivare il bonus da 200 euro arrivano dalla tassazione degli extraprofitti delle imprese energetiche, come chiesto dal sindacato, e quindi ha rilanciato: «Se sono extra profitti perché non tassarli al 100%. Se sono extraprofitti vanno redistribuiti a quelli che oggi non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese». Ecco come recuperare le risorse! La difficoltà nel trovare un punto di incontro, infatti, non stanno tanto nelle idee divergenti quanto nella ricerca di nuove risorse. Confindustria ha elaborato una stima secondo cui servirebbero ben 16 miliardi di euro per incrementare le retribuzioni di 1.200 euro all’anno (in pratica uno stipendio in più, quanto necessario secondo l’organizzazione sindacale per recuperare il potere d’acquisto perso con l’inflazione). Dai conti pubblici, invece, sembra sia possibile ricavare “solo” 8 miliardi di euro, i quali però sono destinati anche al rinnovo degli sconti sulle materie prime energetiche per le aziende. Sulla questione salario minimo, il punto di incontro tra le parti che si riuniranno martedì 12 luglio (il premier Draghi, i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil e delle imprese) potrebbe essere la proposta del ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando: adottare come base di partenza il trattamento economico complessivo (Tec) dei contratti collettivi più rappresentativi di ciascun settore. Secondo una stima, questa formula permettere a circa 700 mila lavoratori in Italia di uscire dallo stato di povertà. Per prendere questa direzione, però, occorrerebbe prima misurare la rappresentazione sindacale, ancora da definire come: da una parte Cgil suggerisce di varare una legge apposita, mentre secondo Cisl può essere sufficiente una consultazione dei dati Inps sui contratti. Inoltre, sono più di 6 milioni i lavoratori in attesa di avere un rinnovo di contratto: specialmente dal settore terziario, del commercio e dalla Pubblica amministrazione, l’Istat a maggio aveva calcolato con esattezza 6,8 milioni. Ma, pur rimanendo sopra i 6, appunto, il totale è leggermente sceso grazie agli accordi raggiunti nel mese di giugno. In primis nel comparto chimico-farmaceutico, che ha portato 210 mila occupati in più, e quello della sanità, che ne ha aggiunti circa 545 mila. I sindacati e le organizzazioni di rappresentanza da mesi discutono anche sulle modalità dei rinnovi. La critica è nei confronti del calcolo legato all’Indice dei prezzi al consumo armonizzato (Ipca), in quanto terrebbe in considerazione solo in minima parte dei rincari dell’energia importata dall’estero. Landini, su questo, ha detto che «risale ai tempi in cui l’inflazione non esisteva, va cambiato perché si finirebbe per programmare la riduzione dei salari reali». Confindustria, invece, è contraria a cambiare, mentre il governo non si è espresso. In merito al taglio del cuneo fiscale, il premier Draghi ha già anticipato che la questione sarà risolta con la prossima legge di bilancio in modo da dare la precedenza all’attuazione della riforma fiscale e a un’ulteriore modifica a quella delle pensioni. Sulla necessità di una misura concreta sia sindacati che imprese sono d’accordo, sono le modalità a creare gli schieramenti. Come anticipato, da parte del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, la richiesta è di un intervento “choc” da 16 miliardi di euro su tasse e contributi «in modo da garantire una mensilità in più all’anno per tutta la vita lavorativa», ha spiegato. Questa, secondo lui, è l’unica via percorribile dal momento che le risorse per aumentare gli stipendi al momento non ce ne sono. I sindacati, invece, non appoggiano questo approccio e chiedono, invece, che il taglio del cuneo fiscale vada a favore esclusivamente dei lavoratori, dal momento che le imprese ne hanno già beneficiato negli ultimi due anni, come ha ribadito Cgil, per una cifra pari a 170 miliardi di sostegni pubblici. Intanto, per alcune categorie di lavoratori, la busta paga del mese di luglio sarà più pesante del solito proprio grazie al bonus 200 euro, la misura una tantum varata dal governo attraverso il decreto aiuti per aiutare i lavoratori contro l’inflazione galoppante. Mentre lavoratori autonomi e partite Iva hanno tempo fino al 31 ottobre per inviare la domanda e riceverlo, a dipendenti, pensionati e percettori di reddito di cittadinanza sarà erogato questo mese. Per tutte le categorie in maniera automatica (grazie a un incrocio di dati dai sistemi dell’Inps e del Mef), fatta eccezione per i lavoratori dipendenti nel settore privato, i quali dovranno consegnare prima della data di ricezione della busta paga un’autocertificazione sono attestano di possedere tutti i requisiti necessari per avere l’incentivo: un reddito inferiore ai 35 mila euro, non essere titolare di nessun trattamento pensionistico o sociale e di aver ricevuto lo sgravio contributivo dello 0,8% entro il 23 giugno…

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